Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-06-2012, n. 10309 Spese della comunione e del condominio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. G. e B.C., quali comproprietari di un grande magazzino seminterrato, lamentando infiltrazioni provenienti dal cortile condominiale sovrastante, convenivano in giudizio (nel 1990) il Condominio, chiedendone la condanna ad eseguire i lavori e ai risarcimento dei danni, pari al mancato godimento dell’immobile. Il convenuto eccepiva che i danni erano dovuti a vizi di costruzione, imputabili a B.G., che aveva costruito l’immobile, e che al costo per la impermeabilizzazione avrebbero dovuto contribuire per due terzi i B., ai sensi dell’art. 1126 cod. civ.. Nel corso della causa il Condominio proponeva domanda riconvenzionale per la condanna dei B. al ripristino dello stato dei luoghi, essendo risultati i vizi di costruzione.

Il Tribunale di Siracusa condannava il Condominio ad eseguire i lavori o, in mancanza, a pagarne il costo, pari a circa euro 4.200,00, e al risarcimento del danno da mancato godimento, pari a circa Euro 88.000,00; dichiarava tardiva la domanda riconvenzionale.

2. La Corte di appello di Catania, adita in via principale dal Condominio e in via incidentale dai B., rigettava l’appello principale e, in accoglimento parziale dell’incidentale, condannava il Condominio al pagamento, a titolo di danni da mancato godimento, di circa Euro 138.000,00 in luogo di circa Euro 88.000,00 (sentenza del 19 marzo 2007).

3. Avverso la suddetta sentenza, il Condominio propone ricorso con cinque motivi, esplicati da memoria.

Resistono con controricorso, esplicato da memoria, B.G. e M.G., quale erede di B.C., eccependo preliminarmente che l’Amministratore ha conferito procura al difensore, senza il supporto di una valida deliberazione assembleare, essendo stata la delibera assunta senza la maggioranza ex art. 1136 cod. civ..

Motivi della decisione

1. Il collegio ha disposto l’adozione di una motivazione semplificata. E’ applicabile, ratione temporis, l’art. 366-bis cod. proc. civ..

2. Atteso che, per le ragioni che si esporranno, il ricorso è all’evidenza inammissibile per il mancato rispetto dell’art. 366- bis cod. proc. civ. ritiene il collegio, per ragioni di economia processuale, di non affrontare la questione logicamente preliminare sollevata dai controricorrenti.

3. Il primo motivo, con il quale si deduce la violazione degli artt. 1117, 1123, 1227, 1319, 1169 e 2043 cod. civ., artt. 36, 112, 115, 116 e 345 c.p.c., ante riforma del 1990, e vizi motivazionali, è corredato da quattro quesiti. Il quarto quesito sembra riferirsi al terzo motivo, essendo richiamato nel corpo di quest’ultimo (v.

riferimento al motivo "I d" a pag. 28 del ricorso).

Il secondo motivo, con il quale si deduce la violazione degli artt. 1117, 1125 e 1126 cod. civ., artt. 112, 115 r 116, cod. proc. civ., e vizi motivazionali, è corredato da tre quesiti.

Il terzo motivo, con il quale si deduce la violazione degli artt. 1123, 1126 e 1227, cod. civ., artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., e vizi motivazionali, è privo di quesito. Allo stesso sembra potersi riferire, secondo l’indicazione del ricorrente, il quarto quesito formulato nel primo motivo.

Il quarto motivo, con il quale si deduce la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., è privo di quesito.

3.1. Sulla base della giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. 1, 11 marzo 2008, n. 6420; Cass. 5 gennaio 2007, n. 36), i quesiti di diritto formulati a conclusione dei motivi di ricorso, oltre che plurimi rispetto ai primo e secondo motivo, sono tutti inadeguati, perchè generici, astratti, del tutto scollegati dalla fattispecie concreta, con conseguente mancanza di specificità delle censure riferibili alla sentenza e inammissibilità dei motivi.

Inoltre, il quarto è totalmente privo di quesito; il terzo, formalmente privo di quesito, parrebbe fare rinvio al quarto quesito del primo motivo, anch’esso totalmente avulso dalla fattispecie concreta.

4.3. In conclusione, il ricorso è inammissibile; le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012

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