Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-11-2011) 02-12-2011, n. 44887

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 12/07/2011, il Tribunale di Lecce rigettava l’appello proposto da B.M. – indagato, in concorso con N.G. e G.P., del reato di truffa aggravata ai danni del Comune di Lecce – avverso il provvedimento con il quale, in data 3/02/2011, il g.i.p. del Tribunale della medesima città aveva respinto la richiesta di revoca o modifica del sequestro preventivo per equivalente disposto in data 26/01/2010 per la somma di Euro 1.889.727,68.

Il Tribunale, dopo avere premesso che "l’appello si fonda esclusivamente sul tema della corrispondenza fra il suddetto valore totale dei beni rimasti sotto sequestro e l’ammontare del profitto derivato dalla consumazione dei reati oggetto di contestazione", rilevava che, all’esito della Ctu, era stato accertato che il profitto (costituito dalla differenza fra quanto corrisposto dal Comune di Lecce alla Selmabipiemme s.p.a. in base ai canoni di leasing finanziario e quanto avrebbe dovuto essere corrisposto in base ai canoni fissati pattiziamente negli originali contratti di locazione) era stato calcolato in Euro 3.401.776,00.

Di conseguenza, il sequestro doveva essere mantenuto essendo inferiore all’ammontare del profitto accertato dai Ctu inteso nei termini precisati nella sentenza di annullamento con rinvio n 1338/2010 pronunciata dalla Corte di Cassazione nei confronti del coimputato G..

2. Avverso la suddetta decisione, l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione degli artt. 322 ter, 640 quater e 187 c.p.. Il ricorrente ha premesso che il tribunale, nel provvedimento impugnato, aveva richiamato la medesima vicenda processuale riguardante il coimputato G. all’esito della quale era stato mantenuto, nei confronti del medesimo, il sequestro preventivo per l’ammontare dell’importo di Euro 3.400.000,00.

Sennonchè, ad avviso del ricorrente, l’ordinanza impugnata sarebbe illegittima perchè, sia pure implicitamente, aveva accolto acriticamente la tesi del c.d. principio solidaristico che informerebbe la disciplina del concorso di persone nel reato dalla quale avrebbe fatto discendere la legittimità del sequestro, per lo stesso fatto, anche a carico del B.. Ma, così opinando, il tribunale, avrebbe disatteso quella giurisprudenza di legittimità secondo la quale la misura cautelare non può eccedere, per ciascuno dei concorrenti, la misura della quota di prezzo o di profitto a lui attribuibile qualora nell’impostazione accusatoria tale quota sia già differenziata o risulti differenziabile. Di conseguenza, poichè al G. erano stati sequestrati beni di un valore corrispondente al profitto ricavato dalla contestata truffa, il concorrente B. non potrebbe essere sottoposto ad alcuna sequestro atteso che, al più, colui che ha risarcito (nella specie il G.) potrà agire in regresso peraltro solo nei confronti della Selmabipiemme s.p.a. e non degli altri concorrenti. Con memoria datata 19/10/2011, il ricorrente ha insistito nel proprio ricorso ampliando e meglio illustrando le ragioni della sua doglianza.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

2. Come si è detto in parte narrativa, il tribunale, nell’impugnata ordinanza, aveva esordito premettendo che "l’appello si fonda esclusivamente sul tema della corrispondenza fra il suddetto valore totale dei beni rimasti sotto sequestro e l’ammontare del profitto derivato dalla consumazione dei reati oggetto di contestazione" e, sulla base di tale premessa aveva concluso che il sequestro doveva essere mantenuto proprio alla stregua del principio di diritto enunciato da questa Corte con la sentenza n 1338/2010 pronunciata nei confronti del coimputato G..

In questa sede, il ricorrente, lungi dal rimanere entro il thema decidendum (sul quale non ha speso una sola parola) ha introdotto, per la prima volta, una questione completamente diversa, ossia quella dei limiti entro cui può essere disposto il sequestro quando (come nel caso di specie) il reato sia contestato a più concorrenti. Ora, sul punto, va osservato, innanzitutto, che il principio di diritto invocato dal ricorrente (che ha fatto propria una risalente giurisprudenza di questa Corte) non è condivisibile essendo smentito dalla più recente e concorde giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo la quale "In tema di responsabilità da reato degli enti, nel caso di illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che implica l’imputazione dell’intera azione e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta perduta l’individualità storica del profitto illecito, la sua confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, ma l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel "quantum" l’ammontare complessivo dello stesso": ex plurimis SS.UU. 26654/2008 riv 239926;

Cass. 10810/2010 riv 246364; Cass. 13277/2011 riv 249839: quindi, non sequestro circoscritto alla quota di prezzo o profitto attribuibile al singolo concorrente ma sequestro eseguibile per l’intera somma a carico anche di ciascuno dei concorrenti indipendentemente dalla quota di profitto da costui ricavato a seguito dell’illecito commesso.

In secondo luogo, è, del tutto evidente che qualunque principio di diritto si ritenga applicabile, la decisione presuppone un accertamento di fatto sul quale non risulta che i giudici di merito siano mai stati chiamati a pronunciarsi.

Di conseguenza, la doglianza dev’essere respinta con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *