Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-11-2011) 02-12-2011, n. 44880

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 16/03/2010, Autostrade per L’Italia s.p.a., in persona del procuratore speciale M.D., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di archiviazione – nei confronti di T.C. e D.M.A. indagati dei reati di truffa e/o insolvenza fraudolenta per non avere pagato il pedaggio autostradale utilizzando piste riservate Viacard/Telepass senza essere forniti dell’apposito mezzo di pagamento elettronico – emessa il 4/03/2010 dal GIP presso il Tribunale di Nola, all’esito dell’udienza in camera di consiglio fissata ex art. 409 c.p.p., comma 2, nelle forme di cui all’art. 127 c.p.p., deducendo VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO in quanto il giudicante "adducendo delle argomentazioni riguardanti la non rilevanza penale dei fatti denunciati in querela (circostanza non indicata dal P.M.)" non aveva consentito alla difesa della parte offesa di interloquire sul punto. "Il g.i.p., infatti, prescindendo dalle argomentazioni addotte dal P.M., si incammina in una disquisizione concernente la carenza dell’elemento oggettivo dei reati denunciati ritenendo configuratale, nel caso di specie, un mero inadempimento contrattuale anzichè il reato di insolvenza fraudolente e/o truffa". In tal modo il g.i.p. avrebbe "compiuto un atto abnorme compromettendo la regolare instaurazione del contraddittorio tra le parti poichè, alla difesa della parte offesa, è stato consentito di interloquire unicamente in merito alla utilizzabilità delle prove acquisite durante le indagini e non in relazione alla rilevanza penale della notizia di reato". 2. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.

3. In punto di diritto, va rammentato che il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di archiviazione è consentito nei soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio ex art. 409 c.p.p., comma 6, e art. 127 c.p.p., comma 5, essendo inammissibile l’eventuale ricorso per vizio di motivazione o per travisamento dell’oggetto o per omessa considerazione di circostanze di fatto già acquisite (in terminis Cass. Sez. 1, 7 febbraio 2007 n. 8842). Il principio generale fissato dall’art. 125 c.p.p., comma 3, per il quale sussiste l’obbligo di motivazione delle sentenze e delle ordinanza a pena di nullità, determina la sola ricorribilità per violazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), atteso che nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e).

4. Nel caso di specie, il g.i.p. ha ordinato l’archiviazione del procedimento penale per un duplice motivo:

1) perchè risultava solo un mero inadempimento contrattuale, mentre non erano configurabili gli estremi nè del reato di insolvenza fraudolenta nè di quelli della truffa;

2) perchè "ad ogni buon conto, condivisibile appare l’argomentazione del P.M. rispetto all’impossibilità di attribuire con certezza il comportamento in esame ad un determinato soggetto solo perchè formale intestatario dell’autovettura".

In ordine al profilo della pretesa violazione del diritto al contraddittorio, è appena il caso di rilevare che il g.i.p. si è limitato – com’era suo preciso dovere – a valutare se nel fatto denunciato fossero ravvisabili gli estremi degli ipotizzati reati e, sulla base, di precisi dati fattuali, ha escluso la configurabilità sia del reato di truffa che di insolvenza fraudolenta: non è chiaro, quindi, il motivo per cui il provvedimento dovrebbe ritenersi abnorme.

In realtà, il ricorrente, in modo surrettizio, lamentando la violazione del contraddittorio – unico vizio deducibile con il ricorso per Cassazione – entra nel merito vero e proprio della pronuncia impugnata rilevandone l’erroneità alla stregua della decisione delle SS.UU. n. 7738/1997: il che, però, deve ritenersi inammissibile. Va, infatti, rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "la diversità di motivazione non ha rilevanza, in quanto il provvedimento rientra nella tipologia di quelli che il giudice può adottare ex artt. 408 e 411 c.p.p. e perchè non è invasiva delle prerogative del pubblico ministero, la cui richiesta viene accolta, e non è lesiva del diritto al contraddittorio che è assicurato, comunque, dall’opposizione proposta dalla parte offesa che può estendere l’intervento al di là dei motivi della richiesta, nella consapevolezza che l’archiviazione può essere dichiarata per un motivo diverso da quello prospettato dalla parte pubblica.

Siffatta interpretazione è coerente con la natura di un provvedimento, precario e non irrevocabile, che non richiede un contraddittorio semipieno, avendo valore di statuizione rebus sic stantibus che può essere travolta, in qualsiasi momento, ai sensi dell’art. 414 c.p.p., dalla riapertura delle indagini, richiesta dal pubblico ministero anche su sollecitazione della parte offesa": Cass. 6131/1998 Rv. 212509; Cass. 3016/1999 Rv. 215272. 5. Ma, il ricorso è inammissibile anche per un ulteriore ed assorbente motivo.

Come si è detto, il g.i.p. ha ordinato l’archiviazione anche perchè non vi era la possibilità di attribuire con certezza il comportamento in esame ad un determinato soggetto.

Tanto basta per ritenere incensurabile l’impugnata ordinanza (tanto più che il ricorrente, sul punto, non ha dedotto alcuna violazione di legge), non vertendosi in ipotesi di mancanza di motivazione o di motivazione apparente, in quanto il giudice ha illustrato la propria decisione con esaustiva motivazione.

Infatti, in presenza della c.d. doppia motivazione (ossia una motivazione composta da due o più argomenti di fatto e/o giuridici ognuno dei quali, essendo autonomo dagli altri, giustifica e sorregge da solo la decisione), il ricorrente, in aderenza al principio della specificità ( art. 581 c.p.p.), deve censurare la motivazione in tutti quei profili di fatto e di diritto che presentano una loro autonomia e non limitarsi a censurare solo alcuni dei motivi addotti dal giudice. Infatti, quand’anche si ritenesse la fondatezza della doglianza proposta solo relativamente ai profili della motivazione censurata, resta il fatto che l’accoglimento della censura non sarebbe idonea a travolgere i diversi profili addotti nella motivazione dal giudice a sostegno della propria decisione, i quali, corretti o sbagliati che siano, non essendo stati sottoposti ad alcuna censura, devono ritenersi passati in giudicato.

6. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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