Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 21-06-2012, n. 10292 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Su istanza di A.G., il Presidente del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ingiungeva al Comune di Furnari il pagamento della somma di L. 41.540.549, oltre accessori, a titolo di corrispettivo per prestazioni di progettazione e direzione dei lavori di un asilo nido e di una scuola media, nonchè per diritti versati al competente ordine professionale.

Il Comune proponeva opposizione con citazione notificata il 27 giugno 1994, eccependo la eccessività dei compensi pretesi e deducendo l’esistenza di gravi difetti manifestatisi nell’edificio destinato ad asilo, ascrivibili all’attività dell’opposto quale direttore dei lavori. Poichè tali difetti avevano determinato ingenti danni, il Comune chiedeva che l’ A., previa compensazione dei contrapposti debiti, venisse condannato al pagamento della eccedenza da lui dovuta a titolo risarcitorio.

Costituitosi il contraddittorio ed espletata una consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con sentenza depositata il 27 dicembre 2001, rigettava l’opposizione.

Questa sentenza veniva impugnata dal Comune di Furnari. A. G. resisteva al gravame.

La Corte d’appello di Messina, con sentenza depositata in data 8 agosto 2005, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che per il resto confermava, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda di risarcimento dei danni proposta dal Comune.

Con riferimento a tale domanda, la Corte d’appello riteneva che la giurisdizione spettasse alla Corte dei conti, rivestendo il direttore dei lavori relativi ad un’opera pubblica, anche se appaltata dal Comune, in ragione de compiti attribuitigli, un ruolo assimilabile a quello di "agente", funzionalmente e temporaneamente inserito nell’apparato organizzativo della P.A., quale organo tecnico e straordinario della stessa. Una simile statuizione, poi, ad avviso della Corte territoriale, non era preclusa, essendo la questione di giurisdizione rilevabile in ogni stato e grado del processo, salvo il giudicato, che però, nella specie, non poteva ritenersi formatosi in assenza di deduzioni delle parti sul punto.

Quanto alla domanda rivolta dal Comune nei confronti del creditore opposto quale progettista, invece, la Corte d’appello riteneva che la stessa rientrasse nella giurisdizione del giudice ordinario, non venendosi a creare, con il conferimento dell’incarico ad un professionista esterno all’ente, un inserimento dei medesimo professionista nell’organizzazione pubblica, e non svolgendo il detto progettista poteri autoritativi.

Nel merito, la Corte territoriale riteneva infondata la pretesa del Comune concernente i danni asseritamente derivati dall’espletamento dell’incarico di progettazione delle opere di completamento e di finitura dell’asilo, non essendo possibile muovere all’ A. alcun rimprovero sulla base delle risultanze di causa, atteso che sia le critiche del Comune, sia i rilievi svolti dal consulente tecnico d’ufficio, afferivano solo alle modalità di svolgimento delle diverse funzioni di direttore dei lavori sia per il negligente controllo delle opere eseguite dall’appaltatore, sia per l’avvenuto rilascio del certificato finale di regolare esecuzione.

Per la cassazione di questa sentenza il Comune di Furnari ha proposto ricorso affidato a due motivi; l’intimato ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 645 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia pronunciato sulla domanda riconvenzionale per danni derivanti da cattiva e-secuzione della prestazione del professionista. E posto che il decreto ingiuntivo era stato emesso dal giudice ordinario per le pretese vantate dal professionista stesso, l’opposizione e la conseguente domanda riconvenzionale non avrebbe potuto essere proposta altro che dinnanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, che aveva emesso il decreto ingiuntivo.

Con il secondo motivo il Comune lamenta il vizio di contraddittoria motivazione e sostiene la erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato il difetto di giurisdizione (art. 360 c.p.c., n. 1).

Il Comune rileva che il professionista era stato ad un tempo progettista delle opere di completamento e di rifinitura dell’asilo e direttore dei lavori; in tale veste, egli aveva avuto modo di accertare l’esistenza dei preesistenti vizi di progettazione e, attraverso la sua attività di progettista, avrebbe potuto porre rimedio ai detti difetti. In sostanza, sostiene il ricorrente, sussisteva una inscindibile connessione tra le funzioni svolte dal professionista, tale da giustificare l’attrazione della intera controversia alla giurisdizione del giudice ordinario. La soluzione prospettata dalla Corte d’appello, osserva il ricorrente, avrebbe potuto trovare una propria giustificazione nel caso in cui progettista e direttore dei lavori fossero persone diverse, ma non nel caso di identità soggettiva del progettista e direttore dei lavori.

In ogni caso, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti non solo la domanda di condanna al risarcimento dei danni, ma anche quella volta all’accertamento della responsabilità del professionista Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente, atteso che ciò che viene censurata è la declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quella della Corte dei conti, è fondato.

Il giudice di appello, invero, non avrebbe potuto rilevare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario atteso che sulla sussistenza di detta giurisdizione sul complesso delle domande proposte sia con il ricorso monitorio che con la opposizione a decreto ingiuntivo, si era formato il giudicato implicito.

Queste Sezioni Unite hanno infatti affermato il principio per cui "l’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (asse portante della nuova lettura della norma"), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 38 cod. proc. civ. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito (Cass., S.U., n. 24883 del 2008).

In sintesi, allorchè il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione ormai coperta dal giudicato implicito (Cass., S.U., n. 27531 del 2008).

Orbene, nella specie, la Corte d’appello di Messina non poteva, d’ufficio, rilevare il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda riconvenzionale proposta dal Comune di accertamento della responsabilità del creditore opposto quale direttore dei lavori e di condanna dello stesso al risarcimento dei danni, atteso che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo era pervenuto ad una statuizione di merito anche con riferimento alla domanda suindicata, rigettando l’opposizione proposta. Sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, non avendo la parti formulato alcuna specifica censura in sede di gravame, si era quindi formato il giudicato, con conseguente preclusione per il giudice di appello di porre in discussione la propria giurisdizione.

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, perchè proceda all’esame del gravame concernente la domanda rispetto alla quale è stato dichiarato il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

Al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Messina.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di cassazione, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *