Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 21-06-2012, n. 10291 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con separati ricorsi D.A.S. e B.T., già dipendenti dell’Ente Poste Italiane, dapprima comandate e successivamente trasferite all’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica (INPDAP) in attuazione del D.L. 12 maggio 1995, n. 163, art 4, comma 2, conv. dalla L. 11 luglio 1995, n. 273, chiedevano al Giudice del lavoro di Milano di accertare il loro diritto ad essere inquadrate nell’Amministrazione di destinazione, con decorrenza giuridica ed economica 1.1.01, D. A. nell’area B, profilo B/2 e dall’1.1.02 B/3, B. nell’area C, profilo C/1, in forza del contratto collettivo di lavoro applicato al personale INPDAP. L’inquadramento disposto dall’Amministrazione in questione, sostenevano le ricorrenti, non avrebbe rispettato la corrispondenza tra la qualifica di provenienza e quella di destinazione.

2.- Accolta la domanda, proponeva appello principale INPDAP sostenendo che l’inquadramento era stato effettuato sulla base del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) 7 novembre 2000, di modo che ogni doglianza al riguardo avrebbe dovuto essere dedotta con l’impugnazione di tale provvedimento amministrativo; nel merito sosteneva che, in ogni caso, sarebbe stato erroneo desumere il criterio di inquadramento dal raffronto tra le posizioni contrattualmente assegnate presso l’Ente Poste e quelle assegnate in base al ccnl INPDAP. Le due appellate a loro volta proponevano appello incidentale chiedendo la disapplicazione di detto decreto presidenziale.

3.- La Corte d’appello di Milano con sentenza del 17.12.09 rigettava entrambe le impugnazioni. Ritenuta carente di legittimazione passiva la Presidenza del Consiglio dei Ministri (di cui INPDAP avrebbe voluto la chiamata in causa), la Corte d’appello rilevava che il D.P.C.M. 7 novembre 2000 non indicava criteri per inquadrare i lavoratori in mobilità e raccordare le qualifiche di provenienza con quelle di nuova assegnazione, ma si limitava a ricollocare i dipendenti secondo l’inquadramento riconosciuto all’atto del primo comando. Le due posizioni dovevano essere invece raffrontate mettendo a confronto il ccnl Poste del 1994 ed il ccnl del personale degli enti pubblici non economici applicabile all’INPDAP. Riscontrato che l’inquadramento delle due dipendenti nell’area operativa prevista dal ccnl Poste 1994, non aveva corrispondenza con quello assegnato dall’INPDAP, all’esito della disamina del contenuto delle posizioni di partenza e di quelle: definitivamente assegnate, la Corte d’appello riteneva corretto l’inquadramento richiesto dalle ricorrenti ed assegnato dalla sentenza di primo grado.

4.- Propone ricorso per cassazione l’INPDAP. Rispondono D.A. e B. con controricorso e ricorso incidentale, a sua volta contrastato da controricorso dell’INPDAP. Le due dipendenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

5.- Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalle: controricorrenti, per le quali il ricorso stesso sarebbe stato notificato dopo la scadenza del termine annuale di decadenza di cui all’art. 327 c.p.c. (sentenza pubblicata in data 17.12.09, notifica del 18.12.10). Il ricorso fu, infatti, consegnato all’ufficiale giudiziario in data 17.12.10, quando il termine era ancora pendente, il che rende il ricorso tempestivo, per cui l’inosservanza del termine sarebbe imputabile al ritardo nel compimento di un’attività rientrante nel procedimento di notifica riferibile a soggetto diverso dal notificante (ufficiale giudiziario, agente postale) (v. Cass., S.u., 4.5.06 n. 10216, in relazione a Corte cost 26.11.02 n. 477).

6. Con il ricorso principale INPDAP deduce i seguenti motivi.

6.1.- Primo motivo: violazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63 in relazione all’art. 111 Cost., comma 7i: in lettura integrata con l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti (dell’uomo (CEDU).

Di fronte al provvedimento di inquadramento contenuto nel D.P.C.M. 7 novembre 2000 il dipendente vanterebbe una posizione di interesse legittimo, di modo che il giudice ordinario potrebbe conoscere del provvedimento stesso solo incidenter tantum e non direttamente. Il giudice di appello avrebbe dunque violato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, esaminando la correttezza del provvedimento in questione, nonostante le due lavoratoci non avessero impugnato il decreto ma si fossero limitate solo a contestare la delibera del Consiglio direttivo dell’INPDAP che lo aveva posto in esecuzione.

6.2.- Secondo motivo: violazione dell’art. 102 c.p.c, in riferimento all’art. 107 c.p.c. ed all’art. 420 c.p.c., comma 9 per la violazione dei principi dell’art. 111, comma 7, in lettura integrata con l’art. 6 CEDU, in relazione alla dichiarazione di carenza idi legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale avrebbe dovuto invece essere in giudizio, assieme a Poste Italiane s.p.a.

(succeduta all’Ente Poste) in luogo dell’INPDAP. Parte ricorrente lamenta la mancata integrazione del contraddittorio, atteso che il rapporto giuridico posto a base dell’inquadramento sarebbe di carattere plurisoggettivo ed integrerebbe una situazione di litisconsorzio necessario, ai sensi dell’art. 102 c.p.c..

6.3.- Terzo motivo: violazione dell’art. 1321 c.c., con riferimento ai D.P.C.M. 18 ottobre 1999 e D.P.C.M. 7 novembre 2000 ed all’art. 13 del ccnl Enti pubblici non economici 1998-2001, nonchè violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 1, 6 e 8 e della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53, comma 10.

Tre sono i profili sotto i quali viene proposto il mezzo di impugnazione:

6.3.1.- Il personale proveniente dall’Ente Poste fu inquadrato sulla base degli elenchi contenuti nei D.P.C.M. 18 ottobre 1999 e D.P.C.M. 7 novembre 2000, in ragione dei criteri individuati dal Dipartimento della Funzione pubblica, per la cui attuazione l’INPDAP non aveva alcun potere discrezionale. La Corte di merito avrebbe del tutto trascurato la natura meramente esecutiva di tale ruolo, non considerando che le determinazioni al riguardo furono adottate dapprima da Poste (cui era rimessa l’indicazione dei dipendenti da destinare in comando) e poi dal Dipartimento della Funzione pubblica (che aveva promosso il D.P.C.M. di trasferimento).

Il decreto presidenziale aveva inquadrato D.A. e B. nella posizione che le stesse avevano già ricoperto presso l’INPDAP al momento in cui erano state ivi comandate ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, in sede di mobilità volontaria.

Pertanto, la verifica della correttezza dell’inquadramento definitivo avrebbe dovuto essere effettuata con riferimento non alla posizione occupata presso l’Ente Poste, ma a quella assegnata al momento del comando, che era già frutto di una valutazione di corrispondenza di profili.

6.3.2.- Pur ritenendo erroneo il raffronto tra l’inquadramento contrattuale precedentemente fruito dalle dipendenti presso Poste e quello successivo, INPDAP lamenta che la Corte, nell’operare il raffronto, ha tenuto conto dei profili di inquadramento del ccnl dei dipendenti degli enti pubblici non economici 1998-2001, senza considerare le declaratorie del ccnl integrativo INPDAP 1999-2001, che pure assegna alla verifica tra area di provenienza e area di assegnazione un valore meramente programmatico e, quindi, di non diretta applicazione.

6.3.3.- In ogni caso INPDAP contesta la correttezza del giudizio di non corrispondenza effettuato dalla Corte d’appello.

6.4.- Quarto motivo: carenza di motivazione a proposito della non legittimazione passiva di Poste Italiane s.p.a. e della Presidenza dei Ministri, essendosi la sentenza impugnata limitata solo a richiamare per relationem una precedente pronunzia.

7.- Con il ricorso incidentale le due lavoratrici lamentano la violazione del D.L. 12 maggio 1995, n. 163, art. 4, comma 2, conv.

dalla L. 11 luglio 1995, n. 273, in quanto comunque il D.P.C.M. dovrebbe essere disapplicato nella parte in cui equipara la V qualifica funzionale dell’Ente Poste alla posizione B1 dell’area B del comparto enti pubblici non economici e la 6^ qualifica funzionale dell’Ente Poste alla posizione B/2 della stessa area del comparto, essendo la sua funzione normativa limitata al trasferimento e non all’inquadramento del personale.

8.- La controversia si colloca nell’ambito dei processi di mobilità dei pubblici dipendenti all’interno della Pubblica Amministrazione, come regolati prima della organica disciplina prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 30 e segg..

Le ricorrenti, dipendenti dell’Ente Poste Italiane, prima dell’assunzione definitiva da parte dell’INPDAP furono ivi comandate a norma della L. 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, per la quale (art. 17, comma 18) "fino alla trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste italiane, il personale dipendente dell’Ente stesso può essere comandato presso le amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, comma 2. I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purchè autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti." Nei loro confronti trovò applicazione la L. 27 dicembre 1997, n. 449, recante misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, per la quale "al personale dell’Ente Poste italiane che, alla data di entrata in vigore della presente legge, è in posizione di comando o fuori ruolo presso le amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, comma 2, si applicano le vigenti disposizioni sulla mobilità volontaria o concordata. I comandi in atto, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere rinnovati per un periodo non superiore a due anni a decorrere dalla data di cui al comma 6" (art. 53, comma 10).

Le due ricorrenti furono definitivamente trasferite presso l’INPDAP, con la procedura prevista dal D.L. 12 maggio 1995, n. 163, art. 4, comma 2, (conv. dalla L. 11 luglio 1995, n. 273), il quale prevedeva che con decreto del Ministro per la Funzione pubblica il dipendente pubblico fosse "trasferito, previo suo assenso, in altra pubblica amministrazione a richiesta di quest’ultima". Nel caso di specie il decreto fu emesso in data 7.11.00 dal Presidente del Consiglio dei Ministri, essendo stata la Funzione pubblica assorbita dalla Presidenza del Consiglio.

9.- Tanto premesso, deve rilevarsi l’infondatezza del primo motivo del ricorso principale, con cui si sostiene che le due dipendenti vanterebbero solo una posizione di interesse legittimo, atteso che la loro posizione soggettiva sarebbe violata dal D.P.C.M., che è atto a contenuto autoritativo, la cui cognizione è rimessa al giudice amministrativo.

La pretesa delle ricorrenti ha per oggetto l’applicazione, in attuazione della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10 delle norme sulla mobilità volontaria o concordata. La giurisprudenza di queste Sezioni unite in analoghi casi ha ritenuto che tale controversia ha ad oggetto l’inquadramento dei lavoratori e, quindi, è riconducibile all’ambito non delle controversie relative agli atti organizzativi di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, ma di quelle inerenti alla gestione del rapporto di lavoro in base ad un’attività non autoritativa, espletata dall’amministrazione interessata con i poteri del datore di lavoro privato, ai sensi dell’art. 5, comma 2, dello stesso D.Lgs. n. 165. Si è, inoltre, ritenuto irrilevante il coinvolgimento delle disposizioni contenute nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, atteso che se anche l’atto fosse ritenuto vincolante per l’amministrazione di destinazione dei lavoratori, verrebbe pur sempre in rilievo solo il potere del giudice ordinario di disapplicare i provvedimenti presupposti all’atto di gestione (S.u. 12.01.11 n. 503, che richiama S.u. 5.03.08 n. 5921 ed altre conformi).

10.- Quanto alla legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la cui negazione è oggetto della censura contenuta nel secondo motivo di ricorso principale, deve rilevarsi la inconferenza del profilo di violazione di legge ivi dedotto. La dedotta piurisoggettività dalla parte datoriale del rapporto giuridico intercorso tra i due pubblici dipendenti e l’Amministrazione, che imporrebbe l’integrazione del contraddittorio per l’esistenza del litisconsorzio necessario, viene, infatti, dedotta al solo fine di affermare l’inscindibilità delle cause nell’ipotesi che il convenuto, chiamato a rispondere nei confronti dell’attore, intenda essere garantito da un terzo di cui assume sussistere la responsabilità.

Rilevato che la Corte di merito ha ritenuto non prospettata in maniera adeguata l’illegittimità del D.P.C.M., al quale ha assegnato il significato neutro di mero contenitore ("un semplice elenco dei nominativi (nel quale figurano anche le lavoratoci appellate"), deve ritenersi che la censura dia per scontato un passaggio logico- giuridico (l’illegittimità dell’atto amministrativo) non ravvisato dal giudice di merito e che, pertanto, affronti una questione di per sè non rilevante.

Tali considerazioni comportano non solo l’infondatezza del secondo motivo del ricorso principale, ma anche l’assorbimento del quarto, atteso che l’irrilevanza della questione esime dal valutare se, come chiesto in tale ultimo mezzo di impugnazione, fosse giuridicamente valida la motivazione per relationem adottata dalla Corte d’appello a proposito della ritenuta carenza di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

11.- Procedendo all’esame del terzo motivo, deve rilevarsi che nella presente controversia le parti richiedono di verificare se nella detta procedura di mobilità l’Amministrazione abbia fatto corretta applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10.

Come già posto in evidenza (v. n. 8), questa norma prevedeva che al personale dell’Ente Poste in posizione di comando trovassero applicazione "le vigenti disposizioni sulla mobilità volontaria o concordata". Di qui la tesi delle ricorrenti che dovesse farsi applicazione del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 33 (ora trasfuso nel T.U. D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30) nel testo vigente all’epoca, per il quale il passaggio diretto era riservato ai "dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni", che ne avessero fatto domanda, nonchè dell’art. 30 del contratto collettivo di comparto 1998-2001, per il quale il passaggio diretto era possibile solo per i dipendenti che rivestivano una corrispondente classificazione professionale.

Secondo le tesi contrapposte l’inquadramento finale, in definitiva, dovrebbe essere confrontato o con quello originario presso l’Ente Poste (per le ricorrenti) o con quello assegnato al momento del comando presso l’Ente di destinazione (per l’INPDAP, per il quale il giudizio di corrispondenza era già stato effettuato con l’assegnazione della qualifica all’atto del comando).

12.- Le Sezioni unite, intervenute a seguito di alcune incertezze della Sezione ordinaria, hanno affrontato questa problematica con la sentenza 12.01.11 n. 508, procedendo ad una preliminare (e necessaria) precisazione, e cioè che il D.P.C.M. emanato a norma del D.L. n. 163 del 1995, art. 4, comma 2, ha natura di atto amministrativo, in quanto proveniente da autorità esterna al rapporto, destinato a modificare il rapporto di lavoro sul piano soggettivo (dalla parte del datore). Il trasferimento e la concreta disciplina del rapporto di lavoro non trovano, tuttavia, la loro fonte in questo decreto, ma nella modificazione soggettiva del rapporto di lavoro assimilabile alla cessione del contratto, di modo che l’amministrazione datrice di lavoro … deve procedere all’inquadramento del lavoratore sulla base della posizione dal medesimo posseduta nella precedente fase del rapporto e dell’individuazione della posizione ad essa maggiormente corrispondente nel quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile nell’amministrazione di destinazione" (principio affermato da S.u. 10.11.10 n. 22800, con riferimento alla mobilità del personale dell’Ente Poste, e sul piano generale da S.u. 12.12.06 n. 26420, per la quale ultima la mobilità "integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte le parti, e quindi una cessione del contratto").

Ne consegue che il D.P.C.M. 7 novembre 2000 non ha efficacia vincolante (in quanto la norma di legge non gli assegna tale forza) e che la contestazione dell’inquadramento non impone la deduzione di specifici vizi dell’atto amministrativo, essendo sufficiente per l’interessato contestare l’esattezza dell’inquadramento in relazione alla posizione ricoperta nella precedente fase del rapporto di lavoro. Pertanto, se da un lato correttamente il giudice di merito ha proceduto alla verifica dell’inquadramento delle due lavoratoci, d’altro canto, in risposta all’ulteriore censura contenuta nel mezzo di impugnazione dell’INPDAP, deve verificarsi se tale verifica sia stata effettuata sulla base di corretti parametri.

13.- L’Ente ricorrente, con riferimento a quest’ultimo passaggio, ritiene che esistesse corrispondenza di livello di mansioni tra la 5^ e la 6^ categoria della classificazione di Poste, originariamente ricoperte da D.A. (5^) e da B. (6^), e le qualifiche funzionali 5^ e 6^ degli enti pubblici economici e che fosse conseguentemente corretto l’inquadramento delle due originarie ricorrenti nell’area B del ccnl del personale degli enti pubblici non economici 1998-2001, nelle posizioni B/1 ( D.A.) e B/2 ( B.).

La verifica va effettuata, prescindendo dalla contrattazione collettiva, con riferimento alla situazione normativa antecedente, atteso che "la L. n. 449 del 1997, art 53, comma 10 … ha inteso valorizzare ai fini in esame la precedente posizione di dipendenti della Pubblica Amministrazione dei dipendenti postali in questione, configurando una sorta di transitoria ultrattività di tale posizione" (così S.u. n. 508 del 2011). Il raffronto va effettuato, dunque, sulla base dell’inquadramento formale – secondo il principio valido per il rapporto di lavoro pubblico, anche privatizzato – con riferimento alle fonti normative degli inquadramenti in rilievo, costituite per i dipendenti dell’amministrazione postale dalla L. 22 dicembre 1981, n. 797, art. 3 recante la disciplina dell’organizzazione e dell’ordinamento del personale dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni e dell’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici, e per i dipendenti degli enti pubblici non economici dal D.P.R. 1 marzo 1988, n. 285, art. 1 recante l’inquadramento nei profili professionali del personale degli enti pubblici di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70, entrambe ispirate ai criteri della classificazione per qualifiche funzionali dei dipendenti ministeriali (v. ancora la già citata sentenza n. 508 del 2011).

13.1.- Per i dipendenti postelegrafonici le declaratorie delle "categorie professionali" interessate, in forza della L. n. 797 del 1981, art. 3 sono le seguenti:

a) 5^ categoria lavoratori postelegrafonici: "Attività con conoscenze specialistiche e responsabilità di gruppo. – Attività amministrative, contabili e tecniche richiedenti qualificata preparazione tecnico-professionale e conoscenza della tecnologia del lavoro o perizia nella esecuzione, espletata con autonomia di disimpegno nei limiti delle norme regolamentari, possono comportare responsabilità di guida e di controllo tecnico-pratico di altri lavoratori a minor contenuto professionale organizzati in gruppi formali o in piccole unità operative".

b) 6^ categoria lavoratori postelegrafonici: "Attività con conoscenze professionali e responsabilità di unità operative. – Attività amministrativo-contabili o tecniche, nell’ambito di prescrizioni di massima riferite a procedure o prassi generali, richiedenti qualificata preparazione professionale di settore e apporto di competenze ed esperienze specifiche nelle operazioni da eseguire, con autonomia di disimpegno, su apparati, attrezzature e impianti complessi, sono caratterizzate da responsabilità di direzione, coordinamento e controllo di uffici di minore entità e di settori o impianti o gruppi di piccole unità operative costituite all’interno di uffici complessi, nonchè da responsabilità dei risultati conseguiti dalle unità operative sottordinate. Può essere prevista altresì attività di ispezione contabile, nonchè qualificata collaborazione amministrativo- contabile o tecnica nell’attività di studio e ricerca, di progettazione, di collaudo e di controllo ispettivo".

13.2.- Per i dipendenti degli enti pubblici non economici le declaratorie delle qualifiche funzionali interessate, in forza del D.P.R. n. 285 del 1988, art. 1 sono le seguenti:

a) 5^ qualifica dipendenti e.p.n.e.: "Attività amministrative, contabili, tecniche o tecnico-manuali di carattere esecutivo che richiedono conoscenze specialistiche, preparazione specializzata, conoscenze tecnologiche, perizia nell’esecuzione, ovvero interpretazione di disegni o grafici e relative elaborazioni".

Con riferimento al profilo di operatore di amministrazione, che qui interessa, detto art. 1 così descrive le attribuzioni: "Svolge attività amministrativo-contabile acquisendo, anche attraverso attività di sportello, elementi informativi e ricognitivi per la preparazione di atti e documenti e predisponendo computi, rendiconti e situazioni semplici, in riunioni e non, svolge mansioni di stenografia, di dattilografia – anche a tempo pieno, – e di digitazione provvedendo alla trascrizione a macchina dei lavori stenografati e/o registrati nonchè dei dati videoteletrasmessi e dattiloscrive anche testi e documenti in lingue straniere. Provvede alla redazione di lettere semplici curandone direttamente la trascrizione dattiloscritta. Rilascia, sulla base di precise disposizioni copie conformi di atti e documenti di cui cura la conservazione e la archiviazione. Prepara e codifica i supporti cartacei per la trascrizione dei dati. Effettua ricerche e caricamento dati via terminale per elaborazioni elementari e fuori linea".

b) 6^ qualifica dipendenti e.p.n.e.: "Attività istruttoria di tipo amministrativo, contabile e tecnico anche di natura professionale che, nell’ambito di prescrizioni di massima e di procedure predeterminate, presuppone un’applicazione concettuale ed una valutazione di merito dei casi concreti, nonchè interpretazione di istruzioni operative e conoscenze professionali. Raccolta, organizzazione ed elaborazione di dati nonchè informazione di natura complessa secondo fasi operative definite. Utilizza apparecchiature e sistemi che richiedono conoscenze particolari delle relative tecnologie. Attività di lavoro ad alta specializzazione con assunzione di piena responsabilità del risultato".

Con riferimento al profilo dell’assistente di amministrazione, che qui interessa, detto art. 1 così descrive le attribuzioni: "Svolge attività amministrativo-tecnico-contabile di carattere istruttorio anche mediante rilevazione di dati all’esterno: cura i servizi di cassa, economato e di sportello con rilascio di informazioni all’utenza utilizzando anche procedure automatizzate interattive.

Esplica attività di segreteria e di stenografo resocontista, ivi compresa la rielaborazione e la sintesi concettuale dei testi stenografici. Esegue la traduzione di testi da e in lingue straniere e svolge attività di interpretariato da lingue straniere in italiano e viceversa. Cura la tenuta dei registri, libri contabili e documenti specifici del settore di appartenenza; provvede alla tenuta degli schedati bibliografici. Esegue, mediante il dialogo interattivo col sistema, l’intero ciclo produttivo di immissione ed emissione dati, attivando i relativi programmi applicativi, utilizza le procedure anche di tipo informatico per la gestione, preparazione, integrazione e ricerca dei dati, dei testi e delle informazioni. Emette, ove previsto dalle funzioni attribuite al settore, documenti e atti di natura vincolata e previsti da procedure predeterminate aventi rilevanza esterna. Rilascia copie, estratti e certificati nell’ambito delle proprie attribuzioni".

13.3.- Dall’esame comparativo delle dette declaratorie, seguendo il percorso argomentativo già adottato da queste Sezioni unite con la sentenza n. 508 del 2011 – che, pur essendo riferito esclusivamente ad un caso di rivendicazione della posizione C/1 e.p.n.e. (equiparata alla ex 7^ qualifica funzionale), costituisce un punto fermo di raffronto – può ravvisarsi una sostanziale equivalenza tra i corrispondenti livelli delle due normative, anche in ragione della giurisprudenza della Sezione Lavoro di questa Corte, la quale con precedenti pronunzie ha ravvisato la sostanziale corrispondenza tra gli omologhi livelli di inquadramento delle due discipline (si vedano le sentenze 3.12.08 n. 28710 e 8.05.09 n. 10628).

14.- E’, dunque, fondato il terzo motivo del ricorso principale. In ragione di tale accoglimento può, dunque, ritenersi che le qualifiche ricoperte da D.A. (5^) e B. (6^) nell’Ente Poste fossero equivalenti a quelle di eguale livello adottate negli enti pubblici non economici. Essendo incontestato che il successivo inquadramento presso INPDAP avvenne in forza delle corrispondenze del nuovo ordinamento contrattuale rispetto alle dette qualifiche, secondo i criteri adottati dal contratto di comparto enti pubblici non economici 16 febbraio 1999, deve concludersi che correttamente D.A. e B. furono inquadrate nell’Ente di destinazione nell’area B, rispettivamente nelle posizioni B/1 e B/2.

15.- Il motivo di ricorso incidentale, pur nella sua plausibilità, deve essere invece rigettato in quanto inidoneo ad incidere sull’esito della controversia.

16.- In conclusione, all’accoglimento del ricorso principale nei limiti sopra indicati consegue la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può pronunziarsi nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1 rigettando la domanda proposta dalle due dipendenti.

17.- Le spese dell’intero giudizio debbono essere compensate in ragione della riproposizione da parte di INPDAP dell’infondata eccezione di difetto di giurisdizione e per la complessità delle questioni su cui la giurisprudenza ha dato risposte non sempre univoche.

P.Q.M.

LA CORTE così provvede:

– rigetta il primo e secondo motivo del ricorso principale e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario;

– accoglie il terzo motivo del ricorso principale e, assorbito il quarto, rigetta il ricorso incidentale;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da D.A.S. e B.T.;

– compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *