Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 21-06-2012, n. 10286 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Le Industrie Togni s.p.a. hanno convenuto nel dicembre 1994 dinanzi al Tribunale di Ancona l’Istituto Nazionale di riposo e cura per anziani (I.N.R.C.A.) deducendo: 1) nel 1988 avevano commissionato a questo Istituto la sperimentazione clinica delle qualità terapeutiche e dell’acqua minerale di Frasassi 2 per ottenere dal Ministero il riconoscimento necessario per l’autorizzazione della Regione all’utilizzazione, al confezionamento e alla commercializzazione della stessa e nel marzo 1989 avevano pagato l’attività svolta; 2) nel febbraio e nell’aprile del 1990, in base alla documentazione prodotta, tra cui l’attestato dell’I.R.C.A., avevano ottenuto rispettivamente dal Ministero della Sanità e dalla Regione Marche i provvedimenti richiesti, ma l’autorizzazione nel settembre 1992 era stata sospesa cautelativamente dalla Regione a causa del procedimento penale nei confronti di un dipendente I.R.C.A., per irregolarità nella sperimentazione svolta per l’acqua minerale suddetta; 3) nel gennaio 1993 la sospensione era stata revocata in base a nuova sperimentazione clinica fatta eseguire dall’impresa Togni altrove, a cui era seguita nuova istruzione e riconoscimento ministeriale; 4) pertanto i danni derivati erano conseguenza dell’inadempimento contrattuale dell’I.R.C.A. di cui chiedevano la condanna al risarcimento.

Costituitosi, questo Istituto ha contestato ogni responsabilità deducendo l’esattezza dell’adempimento della propria prestazione dalle analisi della stessa acqua eseguite da altri laboratori su successivo incarico della società Togni, sì che i danni, anche se originati da fatti di rilevanza penale, erano imputabili a terzi.

Chiamata dalla società attrice in causa la Regione Marche chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivati dall’illegittima sospensione del provvedimento, questo ente ha dedotto che la medesima società aveva chiesto l’annullamento di esso al Tar, per cui ha invocato la sospensione del giudizio a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., e che il provvedimento di autorizzazione alla commercializzazione dell’acqua Frasassi 2 era avvenuto a seguito dell’attestato delle proprietà terapeutiche di essa rilasciato dal Ministero della Sanità del D.P.R. n. 616 del 1977, (art. 31, lett. u) e della L. n. 833 del 1978, art. 6, lett. l)), e quello di sospensione in conseguenza dell’informazione dalla Procura della Repubblica dell’indagine penale sulla regolarità delle analisi cliniche svolte dall’I.N.R.C.A., emesso nell’espletamento dei suoi poteri di controllo e vigilanza sull’esercizio degli stabilimenti e sulla utilizzazione delle acque minerali per ragioni di sanità pubblica, ai sensi del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, art. 4, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 27, lett. E), della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 14, comma 3, della L.R. 3 marzo 1982, n. 7, lett. O, art. 5, comma 1. Dunque, in attesa della verifica della salubrità delle acque, le cui caratteristiche igienico – sanitarie costituiscono il presupposto de provvedimento concessorio, da operarsi a cura dell’organo statale competente ed in corso da parte della Procura della Repubblica, inapplicabile il procedimento di verifica di cui al D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 105, art. 14 ha rilevato che in ogni caso ai sensi della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5 e succ. modificazioni il sindacato di legittimità sul provvedimento di sospensione, pregiudiziale alla richiesta risarcitoria, era devoluto al Tar.

Il Tribunale ha respinto le domande per nullità delle procure conferite al difensore.

La Corte di appello di Ancona, accogliendo l’appello della società Industrie Togni, con sentenza del 15 gennaio 2010 ha condannato in solido l’I.R.C.A. e la Regione al risarcimento dei danni – Euro 227.241,04 – sulle seguenti considerazioni: 1) la nullità delle domande per nullità delle procure, dichiarata dal giudice di primo grado, non sussisteva poichè era indicato il nome del sottoscrittore – T.P. – di cui era specificata la funzione all’interno delle Industrie Togni s.p.a. (procuratore generale); peraltro l’illeggibilità della firma o la mancanza di espressa indicazione del nome del conferente la procura configurano nullità relative da eccepire nelle difese della controparte, mentre la mancanza di ogni contestazione delle convenute superava ogni questione al riguardo; 2) la domanda risarcitoria, formulata anche per la responsabilità ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., non aveva ad oggetto la concessione amministrativa allo sfruttamento delle acque minerali della sorgente "Piagge del Prete", bensì l’adozione colposa da parte della Regione del provvedimento di sospensiva dell’autorizzazione all’imbottigliamento delle acque minerali e alla commercializzazione delle stesse senza aver effettuato nessuna indagine approfondita, essendosi limitata ad attenersi alle informative della Procura sull’indagine penale nei confronti di un dipendente dell’I.N.R.C.A. per irregolarità delle certificazioni sulla salubrità delle acqua Frasassi 2 dal medesimo rilasciata, con conseguente corresponsabilità del predetto Istituto per i danni derivatine.

Ricorre dinanzi alle Sezioni Unite la Regione Marche cui resistono la società Togni e l’I.R.C.A. che ha altresì proposto ricorso incidentale. La società Togni ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la Regione deduce: "Violazione di legge:

artt. 75 e 83 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

Nullità assoluta degli atti introduttivi del giudizio di primo grado nei confronti delle parti appellate" lamentando che la Corte di merito non ha esaminato il vizio, per l’illeggibilità della firma e assoluta incertezza della provenienza della stessa in assenza di indicazione dei poteri rappresentativi della società Togni, delle procure rilasciate da questa sulla citazione dell’I.N.R.C.A. e sulla chiamata in giudizio della Regione, con conseguente nullità rilevata d’ ufficio dal giudice di primo grado, ed invocata dalla Regione in Corte di appello, determinante nullità assoluta di detti atti, non sanata dall’autentica della firma apposta dal difensore.

Il motivo è infondato.

Ed infatti la Corte di merito si è attenuta al principio secondo il quale l’incertezza sulla identità di colui che sottoscrive la procura di una persona giuridica non rientra tra le nullità assolute, ma fra quelle relative, le quali, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. civ., sono opponibili soltanto con la prima istanza o difesa successiva dal destinatario dell’atto (Cass. 23 marzo 2010 n. 7331) – che peraltro, per esplicare il suo pieno diritto alla difesa, può verificare, attraverso il controllo nel registro delle imprese, la identità del titolare della carica sociale, i suoi poteri e il deposito della firma (Cass. Sezioni Unite 7 marzo 2005 n. 4814, Sez. 3, 5 agosto 2005 n. 16581, Sez. 2, 20 luglio 2010, n. 7016) – e perciò il suddetto vizio della procura rilasciata per la citazione di primo grado contestualmente all’atto cui accede non è rilevabile di ufficio nè eccepibile per la prima volta in appello.

2.- Con il secondo motivo la Regione Marche deduce: "Violazione della L. n. 1034 del 1971, art. 5 e D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, lett. B) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1. Difetto di giurisdizione dell’AGO" per avere la Corte di merito omesso di considerare, nel rigettare l’eccezione di carenza di giurisdizione del G.O., che l’autorizzazione all’ imbottigliamento e commercializzazione delle acque minerali, avente come presupposto la verifica della salubrità e delle proprietà terapeutiche delle stesse, attestata dal Ministero della Sanità a seguito delle relazioni cliniche effettuate dall’I.N.R.C.A. nel 1988 – 1989, è un provvedimento amministrativo la cui sospensione è sindacabile dal G.A. poichè la giurisdizione sugli atti o provvedimenti comunque concernenti rapporti di concessione di beni o servizi pubblici, che implicano l’esercizio di potestà discrezionale della P.A., spetta al giudice amministrativo, ed infatti il sindacato su tale provvedimento è attualmente sottoposto al TAR delle Marche.

Il motivo è infondato.

2.1. – Infatti, rilevato che la controversia è stata instaurata in data anteriore al 30 giugno 1998 e perciò non sono applicabili le modificazioni del sistema di riparto della giurisdizione introdotte con il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e succ. modif., va ribadito che la giurisdizione si determina sulla base della domanda, con la conseguenza che se i provvedimenti della P.A. sono portati alla cognizione dell’A.G.O. deducendo che sono stati adottati con dolo o colpa ed hanno cagionato un danno ingiusto di cui il danneggiato chiede il risarcimento, superato ogni profilo di "sospensione necessaria" del processo pendente innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria (Cass. Sez. Lav. 13 aprile 2004 n. 7043), la giurisdizione spetta al giudice ordinario poichè in materia di responsabilità civile, in presenza della prospettazione delle condizioni di risarcibilità richieste dall’art. 2043 cod. civ. – condotta della P.A. espressa con provvedimenti emessi senza osservare le prescrizioni dettate da norme giuridiche e in assenza di fatti positivi escludenti la colpa nel caso concreto (Cass. Sez. Unite del 9 luglio 2009 n. 16090) – il danneggiato è titolare di un diritto soggettivo (di credito) al risarcimento del danno ingiusto, autonomo e distinto dalla posizione giuridica violata, dalla cui natura (di diritto soggettivo, ovvero di interesse legittimo, pretensivo o oppositivo, o di altro interesse giuridicamente rilevante) esso prescinde (Sezioni Unite del 24 settembre 2004 n. 19200, del 30 novembre 2006 n. 25515, del 17 ottobre 2007, n. 21850, 16 maggio 2008 n. 12373).

2.2. – A questo principio si è attenuta la Corte di merito che infatti ha deciso la causa senza esaminare la legittimità del provvedimento cautelare adottato nel settembre 1992, sospensivo dell’autorizzazione all’utilizzazione dell’acqua minerale denominata Piagge del Prete ottenuta con D.P.G.R. 26 aprile 1990 a norma della L.R. Marche 23 agosto 1982, n. 32, applicabile ratione temporis, bensì in base alla valutazione del comportamento di detta autorità amministrativa.

3 – Con il terzo motivo lamenta: "Violazione di legge; art. 97 Cost.

e art. 2043 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Infondatezza della condanna al risarcimento del danno nei confronti della Regione Marche" per avere la Corte di merito ritenuto esistente la colpa della P.A. per non aver compiuto indagini o accertamenti più approfonditi, senza esaminare la legittimità del comportamento della stessa sulla considerazione dell’interesse protetto dal provvedimento amministrativo di sospensiva, tutelato secondo i principi di efficacia, efficienza e buona amministrazione. Infatti le Industrie Togni erano state autorizzate con Decreto Del Presidente della Regione dell’aprile 1990, a norma della L.R. n. 32 del 1982, art. 14, comma 1, lett. C) sulla base dei certificati dei definitivi accertamenti eseguiti, e del riconoscimento delle proprietà terapeutiche dell’acqua minerale naturale Frasassi 2, rilasciato dal Ministero della Sanità nel marzo 1990, a imbottigliarla e venderla.

Nel luglio 1992, avendo la Procura della Repubblica segnalato alla Regione che erano emerse irregolarità nelle sperimentazioni di alcune acque minerali, tra cui la Frasassi 2, affinchè adottasse gli opportuni provvedimenti nell’esercizio dei poteri di controllo e vigilanza, anche attraverso le UU.SS.LL, a detto ente spettanti ai sensi della L. n. 833 del 1978, art. 32 sull’esercizio degli stabilimenti e sull’imbottigliamento, onde prevenire pericoli per la salute pubblica, interesse primario e urgente – a fronte del quale era recessivo quello commerciale delle Industrie Togni – e reprimesse possibili inosservanze delle prescrizioni recate negli atti abilitativi, nel settembre 1992 aveva sospeso, con provvedimento contingibile ed urgente – e perciò non potevano previamente esser effettuate indagini e approfondimenti, peraltro già in corso da parte della Procura e del Ministero della Sanità, ed in attesa dell’esito di essi – l’autorizzazione concessa. E tale provvedimento era da ritenere ulteriormente legittimo avendo la Procura della Repubblica nel novembre 1992 inviato altra informativa alla Regione, specificando che le sperimentazioni sospette erano state eseguite dall’I.N.R.C.A. nel dicembre 1988 – gennaio 1989.

Quindi, eseguite nello stesso settembre 1992, con il consenso della Regione, nuove indagini direttamente dalle Industrie Togni, riconosciute nel dicembre 1992 nuovamente dal Ministero le proprietà salutari delle acque minerali Frasassi 2, il Presidente della Regione nel gennaio 1993 aveva revocato la sospensione dell’utilizzazione.

Dunque nessuna colpa è imputabile alla Regione, mentre la Corte di merito non ha effettuato nessuna comparazione tra l’interesse alla salute, tutelato dalla Regione, e l’interesse al commercio dell’acqua minerale, perseguito dalle Industrie Togni, ed ha immotivatamente dato prevalenza a quest’ultimo, invece giustificatamente sacrificato in via temporanea per il prevale/di quello pubblico e collettivo, e perciò non sussisteva l’ingiustizia del danno.

Il motivo è infondato.

Ed infatti le Industrie Togni, per ottenere dalla Regione la concessione alla coltivazione della predetta acqua minerale dalla sorgente "Piagge del Prete", avevano incaricato, alla fine de 1988, l’I.N.R.C.A. di effettuare accertamenti fisici, chimico-fisici, chimici e microbiologici, onde allegare i necessari certificati alla domanda di concessione (art. 14, lett. C, precitata Legge), previo riconoscimento delle proprietà terapeutiche dell’acqua. Quindi avevano ottenuto nel febbraio 1990 questo riconoscimento dal Ministero della Sanità a norma del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 30, lett. u); L. 23 dicembre 1978, n. 833, 6, lett. t), e art. 40 precitata Legge Regionale, e successivamente, in conformità del precitato D.P.R. n. 616 del 1977, art. 27, lett. f)avevano ottenuto la suddetta autorizzazione ad imbottigliare e vendere l’acqua minerale (successivo art. 41 stessa Legge Regionale). Senonchè detto ente, appreso nel luglio 1992 dalla Procura della Repubblica di Ancona che erano emerse irregolarità nell’ambito della suddetta sperimentazione, avvenuta circa quattro anni prima, nel settembre 1992 aveva sospeso autorizzazione innanzi menzionata senza disporre nessun controllo igienico-sanitario, pur alla stessa demandato dal precitato art. 27, lett. f) con l’ausilio della competente U.S.L.. Ed infatti è questo l’organo a cui è istituzionalmente demandato il controllo igienico-sanitario sia dalla L.R. n. 32 del 1982, art. 49 che "in caso di gravi violazioni delle norme in materia igienico- sanitaria", gli conferisce il potere di "procedere alla sospensione dell’autorizzazione", sia dal succitato D.P.R. del 1977, art. 61, e L.R. n. 32 del 1982, art. 48 che demandano all’Unità Sanitaria il controllo sull’adempimento degli obblighi dei concessionario, sia dall’art. 13, comma 4, lettera l) della più volte citata Legge Regionale secondo cui deve avvenire alla presenza del funzionario della U.S.L. "il prelievo dell’acqua minerale per procedere all’esecuzione, almeno ogni cinque anni, delle analisi complete delle acque e dei fanghi" – "mentre le analisi batterioiogiche devono essere effettuate almeno una volta l’anno": art. 44, comma 2, lett. e). Dunque è attraverso l’U.S.L. che deve esser esercitata dalla Regione la vigilanza sull’utilizzazione delle acque minerali.

Questo sistema normativo è stato mantenuto dal successivo D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 104, in vigore all’epoca dell’emanazione del provvedimento cautelare adottato dalla Regione ed infatti l’art. 14, comma 1 dispone: "La vigilanza sulla utilizzazione e sul commercio delle acque minerali naturali è esercitata dagli organi delle regioni … attraverso le unità sanitarie locali", ed i commi 3 e 4 dello stesso art. 14 dispongono che il procedimento cautelare di sospensione dell’autorizzazione può esser emanato soltanto dopo che è trascorso invano il termine entro il quale il titolare di essa è stato diffidato ad eliminare le cause di irregolarità riscontrate dal personale incaricato della vigilanza – e cioè delle U.S.L. – nel corso di ispezioni e prelievi di campioni in qualunque parte degli impianti di utilizzazione, nei depositi e nei luoghi ove si smerciano o si distribuiscono per il consumo, a qualsiasi titolo, le acque minerali naturali.

Ne consegue che legittimamente la Corte di merito ha ravvisato la colpevolezza della condotta della Regione Marche che ha adottato il provvedimento cautelare in violazione dell’iter procedimentale previsto dalla L.R. Marche del 1982, n. 32 e dei principi di diligenza e prudenza nonchè di lealtà e correttezza ed in essa ha ravvisato la causa del danno economico derivato alle Industrie Togni in conseguenza della lesione dell’interesse alla conservazione della situazione di vantaggio costituita dall’autorizzazione alla commercializzazione dell’acqua minerale ex multis Cass. Sez. 3 del 10 febbraio 2005 n. 2705, sez. 1, 7 ottobre 2011 n. 20640, risarcibile a norma dell’art. 2043 cod. civ..

4.- Con il quarto motivo la Regione deduce: "Violazione di legge:

art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Produzione documentale irrituale posta alla base della consulenza.

Omissione di pronunciamento del giudice di appello. Omissione, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione" per la documentazione prodotta dalle Industrie Togni nell’aprile 2006 e valutata dal C.T.U. e che, pur consentita, necessitava di un apposito provvedimento ammissivo, in particolare per la relazione del C.d.A. annessa al bilancio del 1992. Inoltre il C.T.U. si è avvalso di statistiche e produzioni non condivisibili.

Il motivo, generico ed erroneo perchè la giurisprudenza citata – Cass. 24 luglio 1969 n. 2801 – afferma il principio opposto – "ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ. – nella formulazione ratione temporis applicabile essendo la causa stata introdotta in primo grado nel 1994 – è consentito produrre in appello nuovi documenti anche dopo che l’istruttore abbia invitato le parti a precisare le conclusioni e sino a che la causa non sia rimessa al collegio, non essendo all’uopo necessario un esplicito provvedimento di ammissione" – va respinto.

Dunque il ricorso principale va rigettato.

5.- Con il primo motivo del ricorso incidentale l’I.N.R.C.A. lamenta:

"Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 c.p.c., n. 5" contestando il rapporto di causalità tra il provvedimento di sospensione dell’autorizzazione al commercio dell’acqua Frasassi 2, disposto dalla Regione, e le informative trasmesse dalla Procura della Repubblica sulle sospette irregolarità negli accertamenti clinici eseguiti da dipendenti dell’I.N.R.C.A., documenti neppure esaminati dalla Corte di merito.

Ed infatti la prima segnalazione del magistrato penale fa riferimento ad un quindicina di acque minerali, tra cui la Frasassi, e la seconda ad un sospetto di irregolarità, e la sentenza impugnata ad un procedimento penale avviato nei confronti di un dipendente dell’I.N.R.C.A., non nominato, di cui non ne è stata accertata la responsabilità penale nè la colpa per le irregolarità sospettate, e senza considerare che le sperimentazioni affidate dall’I.N.R.C.A. ad altro Istituto erano giunte alle stesse conclusioni di quelle dell’I.N.R.C.A., confermando la terapeuticità dell’acqua.

5.1. – Con il secondo motivo deduce: "Illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2048 e 2049 c.c., art. 360 c.p.c., n. 3", lamentando che la Corte di merito ha ritenuto l’esistenza della responsabilità extracontrattuale del dipendente I.N.R.C.A. senza compiere nessun accertamento sull’esistenza della colpa del medesimo e sul nesso causale tra il sospetto di irregolarità delle analisi svolte e il provvedimento di sospensione adottato dalla Regione, in mancanza di elementi sufficienti ad escludere la salubrità dell’acqua analizzata.

5.2- I motivi, congiunti, sono infondati.

La regola posta dall’art. 41 cod. pen., secondo cui le cause sopravvenute non escludono il rapporto di causalità quando non siano state da sole sufficienti a determinare l’evento, è applicabile anche in materia di responsabilità contrattuale e pertanto il rapporto tra inadempimento ed evento dannoso può essere non soltanto diretto ed immediato, bensì anche indiretto e mediato, come quando l’evento è stato conseguenza immediata di un comportamento colposo di un terzo, il quale, però, si sia inserito in una preesistente serie causale, senza la quale l’evento stesso non si sarebbe potuto produrre, e si trovi con tale antecedente necessario in un rapporto di consequenzialità normale e non già fuori dell’ordinario.

Quanto poi all’elemento soggettivo, posto che a norma della L.R. Marche n. 32 del 1982, art. 13, comma 4, "le analisi debbono essere effettuate presso i laboratori pubblici autorizzati dal Ministero della Sanità o presso istituti Universitari" e che perciò le Industrie Togni avevano commissionato le analisi all’I.N.R.C.A., i suoi dipendenti nella prestazione dell’attività professionale erano obbligati ad usare la diligenza qualificata di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, con conseguente responsabilità anche per colpa lieve, trattandosi di accertare la qualità, salubrità e caratteristiche terapeutiche dell’acqua minerale con l’uso di particolari mezzi tecnici, adeguati all’incarico affidato, e con l’impiego dell’abilità tecnica necessaria non solo a consentire il raggiungimento dello scopo prefissosi dal contraente – riconoscimento da parte del Ministero della Sanità della qualità terapeutica dell’acqua per la concessione alla coltivazione ed utilizzazione della stessa – ma altresì a garantire l’esclusione di qualsiasi sospetto di irregolarità degli accertamenti effettuati onde scongiurare qualsiasi pericolo per la salute pubblica, all’uopo applicando scrupolosamente tutte le regole tecniche e adottando tutte le misure e le cautele necessarie ed idonee, da provare, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., dall’esecutore della prestazione.

5.3. – Questi principi ha applicato la Corte di merito poichè come la stessa I.N.R.C.A. evidenzia la segnalazione della Procura della Repubblica alla Regione sulle "emerse irregolarità nell’ambito della sperimentazione clinica dell’acqua Frasassi 2" è stata effettuata "per ragioni di sanità pubblica, e per gli opportuni provvedimenti", da adottare nell’espletamento del potere di vigilanza conferito alla Regione dalla normativa innanzi esaminata, e per questo non è stata sospesa in via cautelare dal Tar l’efficacia del provvedimento impugnato.

6.- Con il terzo motivo il ricorrente incidentale deduce:

"Illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 112 c.p.c.. Error in procedendo. Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4" per avere la Corte di merito accolto la domanda nei confronti dell’I.N.R.C.A. per responsabilità extracontrattuale, i cui elementi costitutivi sono diversi da quella contrattuale, sì che non può esser proposta per la prima volta in appello.

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse perchè la Corte di merito, come innanzi evidenziato, ha esaminato la fondatezza dei fatti costitutivi addotti in primo grado, sul cui accertamento non ha avuto incidenza alcuna l’affermazione secondo la quale è ammissibile in secondo grado la domanda di responsabilità extracontrattuale se i fatti non sono modificati.

7.- Concludendo entrambi i ricorsi vanno respinti.

8.- I soccombenti vanno condannati in solido a rimborsare le spese del giudizio di cassazione alla resistente s.p.a. Togni, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte pronunciando sui ricorsi li rigetta. Condanna la Regione Marche e l’Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani a rimborsare alla s.p.a. Togni le spese giudiziali del giudizio di cassazione che liquida in Euro 7.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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