Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-11-2011) 02-12-2011, n. 44898

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.L. ricorre per Cassazione avverso la sentenza 18.11.2010/17.11.2011 della Corte di appello di Genova che, eliminando l’aggravante dell’aver agito per finalità di odio e avversione razziale di cui alla L. n. 205 del 1993, art. 3, comma 1, riduceva la pena, da anni 10 ad anni otto e mesi otto di reclusione, inflittagli dal gip del tribunale della stessa città per i reati, in continuazione, di tentato omicidio ai danni di M.S., rissa, minaccia, ingiuria e porto abusivo di strumento atto ad offendere – art. 81 cpv. c.p., artt. 56 e 575 c.p., art. 588 c.p., comma 2, artt. 594 e 612 c.p. e L. n. 110 del 1975, art. 4, deducendo manifesta illogicità della motivazione sul versante e della dichiarazione di colpevolezza e sulla determinazione della pena condizionata anche dalla non concessione delle attenuanti generiche richieste. Quest’ultima ragione di doglianza viene diffusamente illustrata con motivi aggiunti pervenuti in cancelleria il 24.10.2011. 2 – Il giudice di appello avrebbe ingiustificatamente ritenuto non attendibile la deposizione del teste Destro che da una posizione panoramica, avrebbe assistito alla scena: la macchina con a bordo i tre albanesi, M.S., A.T. e P.E. si sarebbe posta di fronte a quella guidata dall’imputato, impedito così a proseguire, i quattro sarebbero scesi dalle rispettive autovetture, gli albanesi, qualcuno armato di coltello o di strumento atto ad offendere, avrebbero aggredito il P., danneggiato con calci la sua macchina in una prima fase, in una seconda poi, intervenuta la guardia giurata a dividere i contendenti, allontanatisi di qualche metro A. e Pr., P. avrebbe colpito al capo, con un oggetto prelevato dall’auto, M., che poco prima aveva danneggiato con calci la vettura dell’imputato e che, al momento del colpo, lo fronteggiava minaccioso. Avrebbe sempre ingiustificatamente non considerato che la chiave dinamometrica, strumento di lavoro, era stata prelevata dall’imputato dal porta- bagagli per difendersi dall’attacco, l’avrebbe riposta poi all’interno dell’abitacolo per poi prelevarla e colpire con essa il M. che lo fronteggiava con aria di sfida.

La motivazione giudiziale sarebbe carente anche con riferimento alla ritenuta sussistenza dei delitti di minaccia e di ingiuria nei confronti dei tre albanesi: non avrebbe tenuto conto delle deposizioni dei testi C. e G., che lo scagionavano dall’aver pronunciato frasi ingiuriose, comunque non avrebbe tenuto conto della reciprocità delle offese ed ancora, sempre i giudici di appello, avrebbero gratuitamente colpevolizzato l’imputato del delitto di minaccia in base alle sole dichiarazioni delle asserite persone offese, A. e Pr..

3 – Le doglianze come sopra esposte non meritano accoglimento nella particolare prospettiva del giudizio di legittimità: i giudici di appello hanno indicato le ragioni in forza delle quali la testimonianza della guardia giurata L., intervenuta per dividere i corrissanti, P., Pr.En., M.S., e A. T. meritava la credibilità non data invece al teste D., amico dell’imputato e che aveva reso le dichiarazioni a distanza di tempo dai fatti, di cui pur era stato testimone oculare, e su sollecitazione del padre del P.. Ora una tale scelta, ubbidiente a ragioni non certo illogiche ma coerenti e congrue, non può certo essere sindacata in sede di legittimità, a pena di travalicare i rigidi steccati che servono ad espungere dal campo proprio del giudizio di Cassazione le valutazioni di merito dei giudici territoriali.

Ne consegue la stabilizzazione della ricostruzione operata dai giudici di appello: la scena criminis si svolge in due fasi: nella prima fase, la rissa tra i tre albanesi e l’imputato, nel corso della quale lo stesso imputato riportava lesioni pur lievi, sedata dall’intervento della guarda giurata, L. che divide i contendenti con l’allontanamento di due degli albanesi, Pr. e A., nella seconda fase il fronteggiarsi dell’imputato e del M.S. che, dopo aver preso a calci l’autovettura del P., lo sfida a colpirlo perchè tanto non ne avrebbe avuto il coraggio, quindi il colpo lesivo al capo, la persona offesa disarmata, con la chiave dinamometrica che intanto aveva prelevato dall’interno della autovettura. Non si vede proprio, posta questa ricostruzione, quale spazio possa avere la già dedotta operatività della legittima difesa ovvero la configurabilità di un eccesso colposo.

La considerazione dei reati satelliti – rissa, porto abusivo di oggetto atto ad offendere, la predetta chiave, le minacce, da ritenersi aggravate ex art. 612 c.p., comma 2, agli albanesi – sono conseguenza della valorizzazione giudiziale, tra l’altro, del fatto dell’iniziale scontro che vede l’imputato, la sua vittima e gli amici di questa accapigliarsi ed essere divisi dal sopraggiungente guardia Giurata, L.C., del fatto,come riferito da quest’ultimo, che la chiave fu prelevata dall’interno dell’autovettura e non dal portabagagli e dalle deposizioni dei testi p. e Ce. che riferiscono delle frasi offensive e delle minacce di morte profferite dall’imputato. La esclusione delle attenuanti generiche è stata collegata al danno gravissimo ed irreversibile della persona offesa, menomato nelle funzioni cerebrali e nell’uso della parola, operato una seconda volta di cranio plastica, incerti poi essendo a tutt’oggi i danni neurologici definitivi. Ed è noto che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.

Il ricorso però deve accogliersi nella parte relativa al reato di ingiuria ed alla pena per ragioni peraltro rilevabili di ufficio: da un lato non risulta che sia stata proposta querela per il reato di ingiuria divenuto procedibile, per l’appunto a querela di parte una volta eliminata dal giudice di appello l’aggravante di cui alla L. n. 205 del 1993, art. 3, comma 1, con la conseguente obbligata eliminazione della pena ad essa rapportabile, e come indicata dal giudice di prime cure a cui il giudice di appello ha rinviato, e con l’ulteriore riduzione, non operata dal giudice di appello, della pena ricollegata alla minaccia grave,una volta eliminata l’aggravante dell’aver agito con finalità di odio e avversione razziale.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di ingiuria non procedibile per mancanza di querela e alla pena inflitta per il reato di minaccia che ridetermina in un mese e 10 giorni di reclusione (complessivamente pena finale anni 8, mesi sei, giorni 20 di reclusione).

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *