Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-06-2012, n. 10439 Ausiliari dell’appaltatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1- La sentenza attualmente impugnata rigetta l’appello della COSTRUZIONI GENERALI & APPALTI – CO. G. & AP. s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. 662/07, con la quale, in accoglimento della domanda principale di A.R.:

1) è stata affermata ex art. 1676 c.c., la responsabilità della società CO. G. & AP., in qualità di committente dei lavori in subappalto per opere di ricostruzione dell’Ospedale civile Villa Malta di Sarno; 2) è stato disposto l’annullamento del licenziamento dell’ A. intimato dalla datrice di lavoro Panico Costruzioni s.r.l. per giustificato motivo oggettivo; 3) è stata ordinata la reintegrazione del lavoratore nel precedente posto di lavoro; 4) è stata pronunciata condanna solidale delle due suddette società al risarcimento pregresso, con diritto di rivalsa della società CO. G. & AP. nei confronti della società Panico Costrizioni (rimasta contumace).

La Corte d’appello di Salerno, per quel che qui interessa, precisa che:

a) innanzi tutto deve essere respinto il primo motivo di appello della società CO. G. & AP., nel quale si ribadisce l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado;

b) va sottolineato che l’azione intrapresa ha come oggetto principale l’impugnativa del licenziamento intimato in data 8 aprile 2003 per giustificato motivo oggettivo (legato alla fine della fase di lavorazione delle opere edili), mentre solo in subordine il lavoratore ha proposto domanda di condanna al pagamento di "contenuti emolumenti, dovutigli per indennità sostitutiva del preavviso e per il t.f.r.";

c) ai fini dell’art. 414 cod. proc. civ., con riguardo alla domanda principale, la mancata specificazione del contratto collettivo e la mancata produzione dei conteggi analitici hanno scarso rilevo, sicchè il ricorso si deve considerare pienamente valido;

d) neppure il secondo motivo di appello deve essere accolto, perchè è da escludere che non vi sia stata un’adeguata tutela, in primo e in secondo grado, del diritto di difesa della società appellante, derivante dalla mancata escussione dei testi ammessi in primo grado;

e) la decisione del Tribunale sul punto deriva dal fatto che non è stata data prova idonea della rituale citazione dei testi, dopo ben tre rinvii disposti per consentirne l’escussione;

f) nè la tardiva esibizione in appello dell’originale della suddetta citazione può avere alcuna influenza al riguardo, considerato che il provvedimento del Tribunale risponde anche alla logica di non assecondare atteggiamenti dilatori delle parti, logica particolarmente importante nel rito del lavoro;

g) anche il terzo motivo di appello va respinto perchè con esso si sostiene che nella specie non sarebbe applicabile l’art. 1676 cod. civ. – norma che riguarderebbe solo il rapporto committente – appaltatore e che non sarebbe estensibile al subappalto – ma tale tesi è del tutto smentita dalla giurisprudenza di legittimità;

h) le spese del presente grado vanno compensate, in considerazione della peculiarità del rapporto e dell’incertezza del quadro probatorio.

2.- Il ricorso della COSTRUZIONI GENERALI & APPALTI – CO. G. & AP. s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per quattro motivi;

resiste, con controricorso, A.R..

La Panico Costruzioni s.r.l. non svolge attività difensiva.

Le parti depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ.

Motivi della decisione

1 – Profili preliminari:

1.- Preliminarmente deve essere affermato che è irrilevante la circostanza che non vi sia agli atti la prova dell’avvenuta rituale notifica del ricorso e dell’avviso di udienza alla Panico Costruzioni s.r.l..

Infatti, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, in tema di impugnazioni, il principio per il quale, nel processo con pluralità di parti, stante l’unitarietà del termine per l’impugnazione, la notifica della sentenza eseguita ad istanza di una sola delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l’inizio del termine per la proposizione dell’impugnazione contro tutte le altre parti, trova applicazione soltanto quando si tratti di cause inscuidibili o tra loro dipendenti, ovvero nel caso in cui la controversia concerna un unico rapporto sostanziale o processuale, e non anche quando si versi nella distinta ipotesi di plurime cause che avrebbero potuto essere trattate separatamente e, solo per motivi contingenti, sono state trattate in un solo processo, per le quali, in applicazione del combinato disposto degli artt. 326 e 332 cod. proc. civ., è esclusa la necessità del litisconsorzio. Ricorrendo questa eventualità, poichè all’interesse di ciascuna parte corrisponde un interesse autonomo di impugnazione, il termine per impugnare non è più unitario, ma decorre dalla data delle singole notificazioni a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l’unica sentenza, mentre per le parti tra le quali non c’è stata notificazione si applica la norma di cui all’art. 327 cod. proc. civ., che prevede l’impugnabilità entro l’anno dal deposito della sentenza (Cass. 29 gennaio 2007, n. 1825; Cass. 4 febbraio 2010, n. 2557; Cass. 11 giugno 2004, n. 11200).

La presente controversia rientra tra le ipotesi di cause scindibili o tra loro indipendenti – nelle quali è esclusa la necessità del litisconsorzio – e, pertanto, la Panico Costruzioni s.r.l., per proporre il ricorso per cassazione, a prescindere dalla notifica della sentenza e del ricorso della COSTRUZIONI GENERALI & APPALTI – CO. G. & AP. s.p.a., aveva comunque a disposizione il termine annuale previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., ma non risulta che si sia avvalsa di tale facoltà, mostrando così disinteresse a svolgere la propria attività difensiva anche in questa sede, dopo essere rimasta contumace nei due precedenti gradi di merito.

2 – Sintesi dei motivi di ricorso:

2- Con il primo motivo – illustrato da quesito di diritto – si denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 414 cod. proc. civ., con riferimento alla mancata produzione in giudizio, da parte del lavoratore ricorrente, del c.c.n.l. di categoria e illegittimità della decisione.

Si sostiene che la mancata produzione del suddetto contratto avrebbe integrato la nullità del ricorso introduttivo del giudizio, ai sensi dell’art. 414 cod. proc. civ., perchè l’attuale ricorrente – committente della Panico Costruzioni s.p.a. di cui era dipendente il lavoratore licenziato – non sarebbe stato messo in condizione di "individuare la rispondenza degli elementi indicati dal dipendente a sostegno della propria domanda alla disciplina vigente del rapporto e ai parametri caratterizzanti il rapporto obbligatorio".

3.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente motivazione su un punto essenziale della controversia.

Si sostiene che sarebbe manifestamente insufficiente la motivazione del rigetto del motivo di appello relativo alla asserita nullità del ricorso introduttivo – per il mancato deposito del contratto collettivo di cui si è detto e per la mancata produzione di conteggi analitici del credito azionato – limitata all’assunto della scarsa rilevanza delle suindicate omissioni.

4.- Con il terzo motivo – illustrato da quesito di diritto – si denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 180 – 182 cod. proc. civ., in riferimento al diritto della attuale ricorrente all’espletamento della prova orale e illegittimità della sentenza.

Si contesta la statuizione della Corte territoriale secondo cui non costituirebbe violazione del diritto di difesa la decisione del Tribunale di escludere l’escussione dei testi indicati dall’attuale ricorrente perchè non comparsi all’udienza fissata per l’espletamento del mezzo istruttorio.

Si sottolinea che la Corte salernitana ha motivato tale decisione sul rilievo che la disposta decadenza dalla prova per testi doveva considerarsi legittima – per non assecondare atteggiamenti dilatori delle parti – in quanto dai verbali di causa di primo grado risultava che, dopo tre rinvii disposti a causa della mancata comparizione dei testi indicati dalla società, all’udienza del 26 ottobre 2006 il difensore della società stessa ha depositato copia dell’atto di intimazione notificato ai testi, riservandosi di depositare l’originale, ma all’udienza del 14 aprile 2007 tale originale non è stato esibito.

In tal modo, però, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe violato le norme su richiamate perchè non avrebbe considerato l’efficacia sanante dell’avvenuto deposito dell’originale dell’atto di intimazione de quo in sede di appello.

5.- Con il quarto motivo – illustrato da quesito di diritto – si denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e disapplicazione dell’art. 1676 c.c. e illegittimità della pronuncia.

Si sostiene che – diversamente da quanto ritenuto dalla Corte salernitana – nella materia dell’appalto di opere pubbliche (quale è quella di cui si discute nel presente giudizio) non si applicherebbe l’art. 1676 c.c., con la relativa attribuzione al subappaltatore degli obblighi previsti per il committente nei confronti dei lavoratori.

Infatti, in materia di appalti pubblici l’ipotesi del subappalto sarebbe consentito solo molto limitatamente e questo spiegherebbe la diversità di disciplina rispetto all’appalto privato.

3 – Esame delle censure:

6.- I motivi – nei limiti in cui sono ammissibili – non meritano accoglimento, per le ragioni di seguito illustrate.

6.1.- Per quel che riguarda i primi tre motivi va osservato che la relativa formulazione non risulta conforme al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che, secondo quanto da ultimo precisato dalle Sezioni unite di questa Corte, comporta che, in tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

Nella specie i suddetti adempimenti non sono stati rispettati con riguardo al contratto collettivo, ai conteggi e alle prove testimoniali di cui è stata denunciata, rispettivamente, la mancata o insufficiente allegazione da parte del lavoratore e il mancato espletamento da parte del Giudice del merito.

6.2.- Peraltro, anche nel merito le censure prospettate con i primi tre motivi non sono fondate.

6.2.1.- Con riguardo alla mancata produzione del contratto collettivo di categoria unitamente con il ricorso introduttivo del giudizio va precisato che, in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte, "nel rito del lavoro, i mezzi di prova ed i documenti che, a pena di decadenza, il ricorrente deve, in forza degli artt. 414 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 415 c.p.c., comma 1, indicare nel ricorso e depositare unitamente ad esso sono quelli aventi ad oggetto i fatti posti a fondamento della domanda e, tra questi, non è riconducibile il contratto o l’accordo collettivo qualora esso debba costituire un criterio di giudizio. Infatti, anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 che, nel modificare l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ha posto sullo stesso piano, tra i motivi di ricorso, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro, onerando il ricorrente per cassazione di depositare il testo di quest’ultimi (art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, come modificato dal citato D.Lgs. n. 40), il codice di rito risolveva il problema della conoscibilità della regola di giudizio affidando al giudice, senza preclusioni, il potere di chiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti o accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa (art. 425 c.p.c., comma 4), i quali, pertanto, seppur non formalmente inseriti fra le norme di diritto, rimanevano, sul piano dell’acquisizione al processo, distinti dai semplici fatti di causa Cass. 17 settembre 2008, n. 23745; Cass. 18 agosto 2009, n. 18261).

A ciò è da aggiungere che con la L. 30 dicembre 1986, n. 936 è stato istituito presso il CNEL l’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro presso il quale devono essere depositati in copia autentica gli accordi di rinnovo e i nuovi contratti – del settore privato e di quello pubblico – entro 30 giorni dalla loro stipula e dalla loro stesura (con previsione della applicazione di sanzioni per le Amministrazioni che non provvedano al suddetto deposito, v. D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40-bis).

La consultazione dei contratti può essere fatta accedendo gratuitamente al sito del CNEL www.cnel.it.

Ne risulta confermata la suindicata tesi secondo cui i contratti e gli accordi collettivi di lavoro quando debbano costituire criteri di giudizio non rientrano, ai fini dell’applicazione dell’art. 414 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 415 c.p.c., comma 1, tra gli atti da indicare nel ricorso e depositare unitamente ad esso, in quanto non sono assimilabili agli atti aventi ad oggetto i fatti posti a fondamento della domanda e, pertanto, sono sempre acquisibili al processo senza preclusioni o attraverso il potere del giudice di chiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti o accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, ovvero, dopo l’istituzione del suddetto Archivio e la previsione della sua facile consultazione on- line, utilizzando tale ultimo sistema.

Ovviamente, resta salvo che, pur dopo l’istituzione presso il CNEL del suddetto archivio dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro, la responsabilità circa la genuinità degli accordi depositati è demandata ai soggetti stipulanti, nessun obbligo essendo previsto a carico del CNEL, di istruttoria, verifica o attribuzione di fede privilegiata agli accordi ad esso consegnati, sicchè può accadere che risultino essere presenti nell’archivio più testi del medesimo accordo o contratto tra loro non coincidenti e in tale evenienza il giudice ha l’obbligo di impiegare tutti gli strumenti investigativi, di ricognizione delle fonti extradocumentali e di analisi critica immanente, previsti dalla norme civilistiche e processuali, per l’esatta ricostruzione della volontà delle parti (arg. ex Cass. SU 30 ottobre 2008, n. 26013).

6.2.2.- Per quel che riguarda la pretesa genericità dei conteggi del credito azionato allegati all’atto introduttivo del giudizio, va ricordato il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui la nullità del ricorso introduttivo, per mancata determinazione dell’oggetto della domanda o per omessa esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la domanda stessa si fonda, sussiste solo quando l’individuazione di tali elementi sia impossibile anche attraverso l’esame complessivo dell’atto, riservato al giudice del merito. In particolare, la nullità per mancata determinazione dell’oggetto della domanda, non può farsi discendere dalla mancata quantificazione, anche analitica, delle differenze retributive richieste dal lavoratore, ove questi abbia esposto completamente i titoli sufficienti per la quantificazione della domanda, come, nel caso di richiesta di condanna del datore di lavoro al pagamento di differenze retributive per le mansioni effettivamente svolte, l’esatta specificazione di queste ultime, essendo lo svolgimento di mansioni superiori sufficiente a fondare, ai sensi dell’art. 36 Cost., il diritto del lavoratore alle differenze predette, anche in mancanza di previsioni della disciplina collettiva (vedi, per tutte: Cass. 2 marzo 2012, n. 3301; Cass. 18 novembre 1987, n. 8456; Cass. 10 febbraio 2011, n. 3249).

6.2.3.- Ne deriva l’assoluta conformità ai su riportati principi – e la conseguente correttezza giuridica – della statuizione contenuta nella sentenza impugnata (e contestata nei primi due motivi) secondo cui il ricorso introduttivo del giudizio non presenta alcun vizio di formulazione a causa della mancata produzione del contratto collettivo e di conteggi analitici, non essendo tali elementi rilevanti, al suddetto fine dell’esame della regolarità formale del ricorso.

6.2.4.- Quanto al terzo motivo, esso risulta formulato in modo estremamente generico e tale da non consentire a questa Corte di poter valutare se realmente vi sia stata una violazione di norme processuali e se realmente si siano manifestati atteggiamenti dilatori nel corso del giudizio, tanto più alla luce del principio secondo cui il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a esplicare i suoi effetti (vedi per tutte: Cass. 1 marzo 2012, n. 3189).

Comunque, va tenuto anche presente che è jus receptum che ai fini della ammissibilità di un motivo di ricorso per cassazione con il quale siano denunciati vizi in procedendo è di regola necessaria l’esplicita indicazione del concreto pregiudizio che la parte abbia o ritenga di avere subito dalla affermata violazione della norma processuale, a meno che il pregiudizio lamentato possa essere immediatamente colto dal contenuto complessivo del ricorso (vedi, per tutte Cass. 7 ottobre 2010, n. 20811), cosa che nel presente caso non avviene.

6.3.- Palesemente infondato è anche il quarto motivo.

Come ritenuto dalla Corte territoriale la tesi esposta dall’attuale ricorrente nel giudizio di merito (che viene ribadita in questa sede) è del tutto smentita dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui:

1) qualora gli ausiliari dell’appaltatore si rivolgano, anche in via stragiudiziale, al committente per ottenere il pagamento di quanto ad essi dovuto, per l’attività lavorativa svolta nell’esecuzione dell’opera appaltata o per la prestazione dei servizi, il committente diviene, ai sensi dell’art. 1676 cod. civ., diretto debitore nei confronti degli stessi ausiliari, con la conseguenza che è tenuto, solidalmente con l’appaltatore, fino alla concorrenza del debito per il prezzo dell’appalto e non può più pagare all’appaltatore stesso e, se paga, non è liberato dall’obbligazione verso i suddetti ausiliari. Poichè lo scopo della citata norma di cui all’art. 1676 cod. civ. è proprio quello di determinare l’indisponibilità del credito dell’appaltatore nei confronti del committente, al fine di garantire i lavoratori che hanno prestato la loro attività lavorativa nella realizzazione dell’opera, dal momento in cui le pretese dei lavoratori siano portate a conoscenza del committente, gli effetti sostanziali di tale domanda possono essere ricondotti alla richiesta del tentativo di conciliazione presentata ai sensi dell’art. 410 cod. proc. civ. che sia resa conoscibile al committente, in quanto tale tentativo non configura soltanto una condizione di procedibilità, ma, dall’atto in cui la relativa istanza è comunicata alla controparte, è idoneo ad interrompere la prescrizione e a sospendere il decorso di ogni termine di decadenza (Cass. 19 aprile 2006, n. 9048);

2) la previsione contenuta nell’art. 1676 cod. civ., in base alla quale i lavoratori dipendenti dell’appaltatore hanno, nei confronti del committente, un’azione diretta allo scopo di conseguire quanto è loro dovuto con riferimento all’attività lavorativa prestata per eseguire l’opera appaltata, si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, sia in base al criterio di interpretazione letterale, in quanto il contratto di subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza rispetto al contratto – tipo solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto, sia in considerazione della ratio della norma, che è ravvisabile nell’esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell’appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell’inadempimento di questi – esigenza che ricorre identica nell’appalto e nel subappalto (Cass. 9 agosto 2003, n. 12048);

3) il D.P.R. n. 554 del 1999, art. 141, comma 4, prima parte, in materia di appalto di lavori pubblici, nel prevedere che l’affidamento dei lavori da parte della società consortile aggiudicataria – costituita da imprese artigianali individuali – alle singole imprese consorziate non costituisce subappalto, ha inteso solo escludere, in considerazione della peculiarità dei soggetti aggiudicatari, che a tale affidamento fossero applicabili le disposizioni in materia di subappalto e non anche fornire una qualificazione giuridica di detto negozio, che resta qualificabile in termini di sub-derivazione dal contratte di appalto, e, quindi, di subappalto. Conseguentemente, si applica la speciale tutela prevista dall’art. 1676 cod. civ. a favore dei lavoratori dipendenti dell’impresa dell’appaltatore nei confronti del committente, sia perchè il subappalto altro non è che un vero e proprio appalto caratterizzato, rispetto al contratto – tipo, per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte che ne costituisce il presupposto, sia perchè la medesima esigenza – di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell’appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell’inadempimento di questi – ricorre, identica, nell’appalto e nel subappalto (Cass. 7 marzo 2008, n. 6208; Cass. 10 marzo 2001, n. 3559; Cass. 28 luglio 2009, n. 17497).

4 – Conclusioni:

7.- Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore di A.R., delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi, Euro 3500,00 (tremilacinquecento/00) per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali. Nulla spese per la Panico Costruzioni s.r.l..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 24 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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