Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-10-2011) 02-12-2011, n. 44970

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.M. propone ricorso per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Reggio Calabria che confermava integralmente la sentenza di condanna emessa il 5 dicembre 2008 dal giudice monocratico del tribunale della stessa città.

Contro la sentenza di appello il F. espone due motivi di ricorso, articolati complessivamente in sei censure:

1-a: con il primo di motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 192 c.p.p., n. 1 per essere la sentenza fondata su prove testimoniali non convergenti e dunque per l’esistenza di un dubbio in ordine alla responsabilità penale del ricorrente;

1-b: con il secondo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 62 bis c.p. per avere i giudici del merito negato la concessione delle attenuanti generiche esclusivamente sulla base dei precedenti penali del ricorrente;

1-c: con il terzo motivo di ricorso lamenta inosservanza dell’art. 530 c.p.p., comma 2, per non essersi raggiunta la prova della sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio;

2-a: con il quarto motivo di ricorso lamenta mancanza di motivazione in relazione all’art. 125 c.p.p. per avere la corte d’appello motivato per relationem con riferimento alla sentenza di primo grado;

2-b: con il quinto motivo di ricorso lamenta motivazione scarna in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, negate sulla base dei precedenti penali dell’imputato;

2-c: con il sesto ed ultimo motivo di ricorso lamenta l’assenza di motivazione in ordine alla misura della pena.

Il procuratore generale della corte di cassazione ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e deve pertanto essere dichiarato inammissibile; le censure sub. 1-a e 1-c, pur essendo rubricate come violazione di legge, sono in realtà doglianze che attengono a valutazioni discrezionali rimesse ai giudici di merito;

trattasi, pertanto, di questioni non censurabili da questa corte, essendovi sul punto idonea motivazione. Con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche (censure sub. 1-b e 2-b), rileva questa corte come non vi sia sul punto nè violazione di legge, nè carenza di motivazione; ed invero l’art. 62 bis cod. pen. attribuisce al giudice il potere di prendere in considerazione altre circostanze diverse da quelle indicate nell’art. 62 c.p., solo qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena.

Ne consegue che il giudice di merito non è tenuto ad esaminare e valutare tutte le circostanze prospettate o prospettabili dalla difesa, ma è sufficiente che indichi i motivi per i quali non ritiene di esercitare il potere discrezionale attribuitogli dall’art. 62 bis cod. pen. (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 866 del 20/10/1994, Rv. 200204 e successive conformi). Nè si deve dimenticare che il ricorrente non ha minimamente indicato i motivi positivi in forza dei quali avrebbero dovuto essere concesse tali attenuanti (in argomento si veda Sez. 1, Sentenza n. 707 del 13/11/1997, Rv. 209443, secondo cui: "Ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen., il giudice deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento. Ne consegue che il riferimento, da parte del giudice di appello, ai precedenti penali dell’imputato, indice concreto della sua personalità – in mancanza di specifiche censure o richieste della parte interessata, in sede di impugnazione, in ordine all’esame di altre circostanze di fatto inerenti ai suddetti parametri – adempie all’obbligo di motivare sul punto); d’altro canto, la corte di appello ha ancorato le proprie valutazioni non solo sulla esistenza di precedenti penali, ma anche con riferimento alla pena in concreto irrogata, operando una valutazione di adeguatezza della stessa.

In relazione alla censura sub 2-a, si rileva che questa Corte ammette pacificamente la motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, quando le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso (sez. 4, sentenza n. 38824 del 17/09/2008, rv. 241062); va poi rilevato che il rinvio non è integrale, avendo la corte di appello di Reggio Calabria motivato in modo specifico sull’attendibilità del teste chiave e sulla riscontrabilità delle sue dichiarazioni, nonchè sulla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Con l’ultimo motivo di ricorso si lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena, ma sul punto si deve rilevare che il rinvio integrale alla sentenza di primo grado implica condivisione delle motivazioni anche in relazione alla quantificazione della pena, che la corte di appello dimostra di aver esaminato e di aver ritenuto congrua (cfr. pag. 3 della sentenza di appello).

Per i motivi esposti il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 a favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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