Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-06-2012, n. 10435 Licenziamento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 29 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Roma respingeva il gravame svolto da B.R. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti della Poste italiane s.p.a. per la dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimatogli in data 5 ottobre 2004, perchè privo di giusta causa e di giustificato motivo, con ordine di reintegrazione e di corresponsione delle retribuzioni globali di fatto dal licenziamento alla reintegra.

2. La Corte territoriale puntualizzava, per quanto qui rileva, che:

– B.R., dipendente delle Poste italiane s.p.a, con mansioni di portalettere, veniva licenziato in seguito al rinvenimento, in un cassonetto della nettezza urbana, della corrispondenza a lui affidata per la distribuzione;

– il dipendente lamentava la sproporzione della sanzione deducendo non essersi trattato di un comportamento doloso con rilevanza penale, ma al più di una condotta colposa e che non sarebbe stato provato l’affidamento della corrispondenza ritrovata;

– era risultato dimostrato l’affidamento al B. dello stock di corrispondenza, relativo ai giorni dal 18 al 23 agosto, rinvenuto nel cassonetto ed appariva inverosimile che tale corrispondenza fosse stata smarrita in un solo giorno (il 23 agosto) perchè caduta dal motorino come, fra l’altro, ipotizzato dal dipendente;

– sulla base della predetta ricostruzione logica dei fatti risultavano irrilevanti tutte le altre considerazioni svolte dal dipendente, relative alla mancata formazione e conoscenza degli itinerari (instradamento), e al fatto che vi fosse anche corrispondenza (una rivista) indirizzata al predetto B.;

– doveva ritenersi indubbia la gravità del comportamento del dipendente non rilevando, ai fini civilistici, l’assenza di iniziativa del PM nonostante la denuncia dei carabinieri.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, B. Roberto ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. L’intimata ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4), invoca l’applicazione dell’art. 653 c.p.p., assumendo l’efficacia di giudicato, nel giudizio disciplinare, della sentenza penale irrevocabile di assoluzione intervenuta medio tempore, con la quale è stata esclusa, nella condotta del B., la dolosa soppressione della posta affidatagli.

5. Il motivo non è meritevole di accoglimento per i seguenti molteplici profili:

– l’assoluzione, in sede penale, dalle imputazioni ascritte al B. costituisce fatto nuovo non introdotto nelle precedenti fasi di merito e, come tale, improponibile nel giudizio di cassazione (ex mulus, Cass. 4787/2012);

– il disposto del codice di procedura penale invocato, l’art. 653 c.p.p., inerisce, invero, all’efficacia del giudicato penale nei procedimenti disciplinari a carico dei dipendenti pubblici e non si applica, pertanto, ai rapporti di lavoro intercorrenti con la s.p.a.

Poste italiane, che non è amministrazione pubblica (ex multis, Cass. 5530/2003);

– comunque, l’art. 654 c.p.p., disposizione che, correttamente, potrebbe rilevare con riferimento ai procedimenti disciplinari a carico dei dipendenti privati, esclude che possa avere efficacia in un successivo giudizio civile la sentenza penale di condanna o di assoluzione, con riferimento ai soggetti che non abbiano partecipato al giudizio penale, indipendentemente dalle ragioni di tale mancata partecipazione, sicchè nel giudizio relativo alla legittimità del licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore sulla base di un fatto per il quale sia stata esercitata l’azione penale, il giudice civile non è vincolato dal giudicato penale (nella specie, peraltro, inammissibilmente neanche prodotto ex art. 366 c.p.c., n. 6) ed è quindi abilitato a procedere autonomamente alla valutazione del materiale probatorio acquisito al processo, nel caso di mancata partecipazione del datore di lavoro al giudizio penale (ex multis, Cass. 17652/2007; Cass. 1095/2007).

6. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., L. n. 640 del 1966, art. 5, artt. 2721 e ss., artt. 2727 e 2729 c.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Assume il ricorrente che la corte territoriale abbia ritenuto sussistenti, in via presuntiva e indiziari, gli addebiti sebbene la sentenza penale e le risultanze istruttorie comprovassero l’esclusione dell’intenzionalità della condotta in relazione agli addebiti contestati (la soppressione della corrispondenza affidata al B.).

7. Osserva il Collegio che il ricorso per cassazione, con il quale siano dedotti vizi della motivazione della sentenza, deve contenere la precisa indicazione di carenze o di lacune nelle argomentazioni sulle quali si basa la decisione (o il capo di essa) censurata, ovvero la specificazione di illogicità, o ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, e quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi, mentre non può farsi valere, come nella specie, il contrasto dell’apprezzamento dei fatti compiuto dal giudice del gravame con il convincimento e con le tesi della parte, risolvendosi il motivo di ricorso così proposto in un’inammissibile richiesta di sindacato del Giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito.

8. Inoltre, il motivo non è meritevole di accoglimento anche per altro profilo giacchè le dedotte censure per violazione legge non risultano adeguatamente illustrate con l’esposizione ed illustrazione delle ragioni per le quali la corte territoriale avrebbe violato norme o principi di diritto.

9. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2012

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