Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-06-2012, n. 10434

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 26 ottobre 2009, per quanto ancora qui rileva, in riforma della sentenza di primo grado con la quale l’INPS era stato condannato al pagamento a favore di M.I. dell’assegno per il nucleo familiare sulla pensione di cui la medesima era titolare, dichiarava improponibile la domanda per mancata presentazione della domanda amministrativa.

Riteneva la Corte territoriale che, sulla base della valutazione complessiva degli elementi acquisiti nel processo ed in particolare dalla documentazione prodotta dalla ricorrente, non emergeva la prova circa l’avvenuta presentazione da parte della M. della domanda amministrativa che, tra l’altro, indicava una data diversa rispetto a quella menzionata nel ricorso introduttivo.

Contro tale sentenza ricorre per cassazione M.I. sulla base di tre morivi.

Resiste con controricorso l’INPS.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, denunziando insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, deduce che la ricevuta della domanda amministrativa, prodotta in primo e secondo grado, reca il numero progressivo della stessa, la sede INPS cui è stata presentata, l’identificazione della persona istante, la sua data di nascita e l’oggetto della domanda.

Non essendo leggibile il timbro a tampone apposto sulla stessa è stato prodotto un "tabulato" rilasciato dall’Istituto, dal quale risulta che il numero di protocollo della domanda amministrativa è identico a quello indicato nella ricevuta prodotta in atti, nonchè la data di presentazione di detta domanda, ancorchè diversa da quella indicata in ricorso.

Alla stregua di tali elementi la Corte territoriale non avrebbe dovuto ritenere improponibile la domanda giudiziale, tanto più che l’INPS non aveva proposto la relativa eccezione nè aveva disconosciuto i documenti prodotti.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416 e 164 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3), riproponendo le medesime argomentazioni di cui al primo motivo, rileva che la sentenza impugnata ha erroneamente equiparato l’errore nella data di indicazione della domanda amministrativa alla mancanza della domanda stessa.

Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 416 c.p.c. "e dell’art. 24 CI." in relazione all’art. 360 n. 3, nonchè violazione dei principi regolatori del giusto processo.

Rileva che il giudice d’appello ha erroneamente ritenuto che non fosse stata fornita la prova dell’avvenuta presentazione della domanda amministrativa, prova che, viceversa, per i motivi dedotti con il primo motivo, era stata data e che in ogni caso, stante la difficoltà della stessa, incombeva all’INPS fornire per il principio della vicinanza dei mezzi di prova.

Il primo motivo non è fondato.

Diversamente da quanto assume la ricorrente, la decisione impugnata non è inficiata da vizi di motivazione, avendo la Corte di merito dato sufficientemente conto del percorso argomentativo seguito per pervenire alla conclusione che non vi era corrispondenza tra la domanda amministrativa indicata nel ricorso introduttivo e gli elementi risultanti dai documenti prodotti.

Ha infatti ritenuto la Corte territoriale che la ricevuta della domanda amministrativa, in quanto priva di data e recante il solo numero progressivo, non era idonea a comprovare che fosse effettivamente riferibile alla domanda indicata nel ricorso introduttivo e che non potevano trarsi sufficienti elementi al riguardo dal "tabulato" delle domande di pensione rilasciato alla ricorrente dall’Istituto, atteso che, tra l’altro, il ricorso introduttivo indicava una data diversa rispetto a quella risultante dalla domanda amministrativa.

Inoltre l’assenza, sulla ricevuta della stessa, di data, sigla o altro segno, fatta eccezione del logo INPS, non consentiva il collegamento con la domanda amministrativa sulla base della valutazione complessiva degli elementi acquisiti nel processo.

Trattandosi di valutazioni di merito supportate da una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria, esse non sono suscettibili di sindacato in questa sede, non essendo consentito al giudice di legittimità di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logica- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva, di valutare le prove e di controllarne la concludenza.

Anche il secondo e il terzo motivo, che per ragioni di connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

La Corte territoriale è pervenuta alla declaratoria di improponibilità della domanda non solo – come deduce la ricorrente – per avere rilevato una mera discordanza tra la data di presentazione della domanda amministrativa indicata in ricorso e quella risultante dagli atti, ma, come sopra osservato, sulla scorta di una valutazione complessiva degli elementi acquisiti nel processo, che hanno indotto la stessa Corte a ritenere non provata l’avvenuta presentazione della domanda amministrativa.

Quanto all’onere della prova, il criterio della "vicinanza o della disponibilità della prova", richiamato dalla ricorrente, riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio, opera nei casi di effettiva impossibilità per l’una o per l’altra parte di offrire la prova, evenienza questa non ricorrente nella specie, essendo la ricorrente pienamente in grado di assolvere all’onere probatorio posto a suo carico.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, previa condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 3.000,00 per onorario di avvocato, oltre Euro 40,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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