Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-10-2011) 02-12-2011, n. 44968 Associazioni mafiose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.G.V. è stato condannato per il reato di cui alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31 perchè, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ometteva di comunicare entro 30 giorni, nonchè allo scadere del 31 gennaio 1998, al nucleo di polizia tributaria la variazione dell’entità e della composizione del suo patrimonio, determinata dalla vendita della quota di comproprietà del 50% di un fabbricato a quattro piani sito in (OMISSIS), per un corrispettivo pari a 50 milioni. Vendita effettuata in Reggio Calabria il 10 gennaio 1997.

La corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato integralmente la sentenza di condanna emessa dal giudice monocratico del tribunale di Reggio Calabria. Contro la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione l’imputato lamentando la violazione della L. n. 56 del 1982, artt. 30 e 31 per la totale, errata valutazione degli elementi specificati la disciplina e per l’illogico e contraddittorio di interpretazione della stessa; lamenta inoltre manifesta illogicità, contraddittorietà e mancanza della motivazione su diversi punti della sentenza.

Secondo il ricorrente non sarebbe configurabile il reato in questione nei casi in cui la compravendita venga fatta mediante atto pubblico;

il ricorrente richiama genericamente una giurisprudenza della corte costituzionale e un precedente di questa corte dell’11 maggio 2007 numero 21.736. Afferma inoltre che l’operazione è pienamente lecita e che gli era in buona fede. In subordine il ricorrente censura la sentenza impugnata relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche, motivata esclusivamente con riferimento ai precedenti penali, senza la valutazione degli elementi di segno positivo.

Il procuratore generale della corte di cassazione ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere pertanto rigettato; è principio ormai consolidato di questa corte di legittimità che il delitto di omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali sia confìgurabile anche quando l’omissione, posta in essere dal soggetto condannato per associazione di tipo mafioso, riguardi operazioni immobiliari effettuate mediante atti pubblici, trattandosi di una fattispecie di pericolo presunto avente non solo la finalità specifica di consentire all’amministrazione finanziaria di conoscere il dato sensibile con assoluta immediatezza, ma anche quella di rendere obbligatoria per l’amministrazione una verifica altrimenti solo eventuale (Cassazione penale, sez. 1, 19 maggio 2010, n. 23213).

Non si sconosce l’indirizzo contrario, citato dal ricorrente, ma deve darsi atto che si tratta di orientamenti oggi abbandonati o frutto di pronunce isolate, di modo che non sussiste alcun contrasto che imponga la rimessione della questione alle sezioni unite.

Anche con riferimento all’elemento soggettivo, deve rilevarsi la assoluta irrilevanza della liceità dell’operazione e della buona fede dell’imputato (che peraltro non specifica in cosa consista, nel caso concreto), trattandosi di reato di pericolo che prescinde da un evento concreto di danno.

Il dolo del delitto di omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali può sussistere, dunque, pur quando l’omissione, posta in essere dal soggetto sottoposto a misure di prevenzione quale indiziato di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, riguardi una compravendita immobiliare effettuata per atto pubblico notarile (Sez. 1, Sentenza n. 10432 del 24/02/2010 Rv. 246398); e d’altronde il dolo del reato di cui alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31 implica semplicemente la consapevolezza dell’imputato di essere stato condannato per reati di mafia e la volontarietà dell’omissione di comunicazione degli atti che comportano la variazione del suo patrimonio; purtuttavia, anche a voler aderire a quella giurisprudenza più rigorosa, secondo la quale il dolo del reato in questione deve essere desunto da indici sintomatici, legati alle vicende di acquisizione del bene di volta in volta in questione e al valore dello stesso (Sez. 2, Sentenza n. 27196 del 18/05/2010 Rv.

247842), si deve prendere atto che la sentenza impugnata contiene un esplicito riferimento ad elementi sintomatici di un’operazione sospetta (simulazione di una divisione, trasferimento a favore di soggetto legato da stretto vincolo di affinità, mancata disponibilità patrimoniale sufficiente dell’acquirente, mancato interesse all’acquisto; cfr. pag. 5).

Pertanto, non solo la corte di appello di Reggio Calabria ha fatto corretta interpretazione ed applicazione delle norme di legge, secondo l’orientamento univoco di questa corte in materia, ma ha anche dato compiuta motivazione delle sue conclusioni, secondo un iter logico pienamente comprensibile e privo di contraddizioni. Anche con riferimento alla lamentata mancata concessione delle attenuanti generiche, il ricorso deve ritenersi infondato e generico; il ricorrente, infatti, lamenta che la corte non abbia preso in esame gli elementi di segno positivo per la concessione dell’invocata attenuante, ma omette di indicare quali sarebbero stati tali elementi. Nè si deve dimenticare che la mancata concessione delle attenuanti generiche è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice, che può concederle o negarle, dando conto della scelta con adeguata motivazione, ai fini della quale non è necessario prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’incolpato, essendo sufficiente la giustificazione dell’uso del potere discrezionale con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo, (cfr. Cassazione civile sez. 6, 27 maggio 2011, n. 11790, V. anche Sez. 6, Sentenza n. 34364 del 16/06/2010, Rv. 248244: "Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonchè al suo negativo comportamento processuale").

Per i motivi esposti, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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