Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-10-2011) 02-12-2011, n. 44967

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.F. è stato condannato dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Modena, con rito abbreviato, per aver privato della libertà personale T.A.M., conducendola a bordo della propria autovettura presso la sua abitazione in (OMISSIS), ove la legava ad una sedia, la percuoteva con schiaffi e le cuciva, con ago e filo, due punti sul braccio sinistro.

La corte d’appello di Bologna ha confermato integralmente la statuizione di primo grado con sentenza del 6 luglio 2010.

Contro quest’ultima sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, esponendo due motivi di censura:

1. con il primo motivo lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, concretatasi nella mancata assunzione delle testimonianze indicate in sede di richiesta di giudizio abbreviato; con una secondo censura si lamenta per la totale mancanza di motivazione dell’ordinanza che rigettava le istanze di prova;

2. con un secondo motivo di ricorso lamenta mancanza o illogicità della motivazione in relazione alla valutazione della prova testimoniale della persona offesa dal reato.

Il procuratore generale della corte di cassazione ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il F. lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, concretatasi nella mancata assunzione delle testimonianze indicate in sede di richiesta condizionata di giudizio abbreviato, lamentando altresì la totale mancanza di motivazione dell’ordinanza che rigettava le istanze di prova. Entrambe le censure sono manifestamente infondate; in diritto si osserva che è prova decisiva, la cui mancata assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Cass. Sez. 3, Sentenza n, 27581 del 15/06/2010, Rv. 248105) e che per "prova decisiva", la cui mancata assunzione è denunciabile con apposito motivo di ricorso per cassazione, deve intendersi solo quella che, ove esperita, avrebbe determinato una diversa decisione (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 14916 del 25/03/2010 Rv. 246667; precisa in motivazione la sentenza che "..perchè si configuri il vizio de quo deve cioè necessariamente sussistere la certezza della decisività della prova ai fini del giudizio e dell’idoneità dei fatti che ne sono oggetto ad inficiare le ragioni poste a base del convincimento manifestato dal giudice (cfr. Cass. Penale sez. sez. 2A, 16354/2006, rv. 234752, Maio; 2380/1995 rv. 200980)" e tale certezza deve essere raggiunta "accertando se i fatti indicati dal ricorrente nella relativa richiesta siano tali da potere inficiare tutte le argomentazioni poste a fondamento del convincimento del Giudice"). Ed in tema di giudizio abbreviato, la prova sollecitata dall’imputato con la richiesta condizionata di accesso al rito, che deve essere integrativa e non sostitutiva rispetto al materiale già raccolto ed utilizzabile, può considerarsi "necessaria" quando risulta indispensabile ai fini di un solido e decisivo supporto logico- valutativo per la deliberazione in merito ad un qualsiasi aspetto della "regiudicanda" (cfr. Sez. U, Sentenza n. 44711 del 27/10/2004).

Orbene, dall’esame della motivazione della sentenza della corte d’appello di Bologna non emerge affatto l’indispensabilità delle prove richieste; la stessa sentenza impugnata da atto della censura mossa con il ricorso in appello alla sentenza del GUP del tribunale di Modena, ribadendo la non necessarietà delle prove richieste. E ciò a fronte di una situazione probatoria priva di significativi elementi di dubbio, nell’ambito della quale le prove offerte dall’imputato sarebbero state insuscettibili di elidere seriamente le prove a carico dell’odierno ricorrente (cfr. pagina sei della sentenza di appello). Ne si deve dimenticare che la indispensabilità dell’attività istruttoria supplementare nell’ambito del giudizio abbreviato si deve valutare non solo con assoluto rigore, al fine di non snaturare la caratteristica del rito, ma anche tenendo conto delle finalità di economia processuale proprie del procedimento, in una valutazione sistematica degli atti già acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione. Ciò detto, non vi sono ragioni specifiche e concrete per ritenere che le prove richieste dall’odierno ricorrente in sede di richiesta di giudizio abbreviato condizionato avrebbero potuto assumere una rilevanza così pregnante da superare il quadro probatorio su cui si fonda la decisione di condanna.

Non bisogna, peraltro, dimenticare che in seguito alla rigetto della prima istanza di giudizio abbreviato, condizionata all’assunzione delle prove indicate, il F. presentò una nuova richiesta di giudizio abbreviato non condizionata, così implicitamente rinunciando alle prove richieste ed ad ogni relativa censura; solo procedendo all’giudizio ordinario e dall’esito dello stesso, come fosse emersa la indispensabilità delle prove, il F. avrebbe potuto valersi della loro mancata assunzione ed impugnare pertanto il provvedimento del giudice.

Il ricorso del F., dunque, prima ancora che infondato è inammissibile.

D’altronde, anche la valutazione di indispensabilità della prova, siccome la valutazione del materiale probatorio spetta insindacabilmente, ove correttamente motivata, al giudice del merito, non può essere oggetto di censura in questa sede, se non in presenza di una giustificazione illogica e/o contraddittoria; nel caso in esame il giudice di merito ha ritenuto di poter procedere alla ricostruzione dei fatti sulla base delle prove in atti, utilizzabili per la scelta del rito, così implicitamente manifestando la superfluità delle prove richieste.

Con il secondo motivo di ricorso, il F. lamenta mancanza o illogicità della motivazione in relazione alla valutazione della prova testimoniale della persona offesa dal reato. Anche questo motivo di ricorso è palesemente infondato; in primo luogo, come già ricordato dalla corte d’appello nella sua motivazione, le dichiarazioni della persona offesa possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell’imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni (tra le più recenti si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1818 del 03/12/2010, Rv. 249136) purchè siano sottoposta a vaglio positivo circa la loro attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, (v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 29372 del 24/06/2010, Rv. 248016); è ben vero che – come afferma l’ultima delle due sentenze sopra citate – qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità deve essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può rendere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi. Ma nel caso di specie l’esame approfondito sulla credibilità vi è stato, così come sono stati elencati e valutati numerosi riscontri esterni alle dichiarazioni testimoniali (cfr. pagg. 7,8 e 9 della sentenza); la stessa elencazione contenuta alla pagina sei del ricorso dimostra che la sentenza impugnata è corredata di idonea motivazione ed ha fatto buon governo delle regole di giudizio normativamente imposte; più che lamentare la mancanza di riscontri, allora, il ricorso sollecita una diversa valutazione degli stessi, chiedendo a questa corte un intervento di merito che non le è consentito in presenza di una motivazione approfondita e tutt’altro che illogica o incoerente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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