Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 02-12-2011, n. 44912

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’8 marzo 2011 il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame proposta da M.A. e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa il 17 febbraio 2011 in relazione al delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria sulla base delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria nell’immediatezza dei fatti dai cittadini extracomunitari di cui era stato favorito l’ingresso illegale nel territorio dello Stato in cambio del pagamento di rilevanti somme di denaro, dell’esito positivo delle attività di individuazione fotografica, nonchè delle risultanze del verbale di fermo di B.M.Z.. Insussistente era, ad avviso dei giudici, la dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni acquisiste in quanto asseritamente rese in violazione del disposto dell’art. 63 c.p.p., comma 2, alla luce della configurabilità nei loro confronti della contravvenzione prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis. Le dichiarazioni in questione erano, infatti, state rilasciate spontaneamente dai cittadini extracomunitari alla polizia giudiziaria e, quindi, erano pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 350 c.p.p., comma 7.

Le esigenze cautelari venivano ritenute sussistenti sotto il profilo dell’art. 274 c.p.p., lett. c), tenuto conto della gravità dei fatti, desumibile dal numero (ottantasette) di migranti di nazionalità egiziana fatti entrare in Italia con modalità di trasporto tali da creare pericolo per la loro vita e la loro incolumità personale, nonchè della negativa personalità dell’indagato.

2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l’indagato, il quale formula le seguenti censure.

Eccepisce l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai soggetti fatti entrare clandestinamente in Italia e dei verbali di individuazione fotografica per violazione dell’art. 63 c.p.p., comma 2, osservando che nei confronti dei dichiaranti sussistevano elementi indiziari in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, connesso con quello contestato a M..

Lamenta, inoltre, erronea applicazione degli artt. 350 e 351 c.p.p., atteso che le suddette dichiarazioni non erano state rilasciate spontaneamente, ma a seguito di specifiche domande poste dalla polizia giudiziaria, come comprovato dai verbali allegati al ricorso ai fini della sua autosufficienza.

Deduce, da ultimo, violazione di legge e illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di un quadro di gravità indiziaria.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. In relazione alle prime due censure il Collegio osserva che la valutazione circa la qualità oggettivamente attribuibile ab initio al soggetto deve ricollegarsi, come si desume con chiarezza dal dettato dell’art. 63 c.p.p., alla sussistenza di indizi di reità a carico del dichiarante, i quali devono emergere dal materiale probatorio già in possesso dell’Autorità giudiziaria. Agli effetti dell’art. 63 c.p.p. non bastano, quindi, eventuali sospetti o intuizioni personali, ma assumono rilevanza solo precisi, anche se non gravi, indizi di reità, sussistenti già prima dell’escussione del soggetto e conosciuti dall’autorità procedente (cfr. ex plurimis Sez. 1^, 29 gennaio 2002, n. 8099; Sez. 1, 8 novembre 2007, n. 4060) Ne consegue che tale condizione non può automaticamente farsi derivare dal solo fatto che i dichiaranti risultino essere stati in qualche modo coinvolti in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a loro carico, occorrendo invece che tali vicende, per come percepite dall’autorità inquirente, presentino connotazioni tali da non poter formare oggetto di ulteriori indagini se non postulando necessariamente l’esistenza di responsabilità penali a carico di tutti i soggetti coinvolti o di taluni di essi.

L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di questi principi laddove ha ritenuto che le dichiarazioni acquisite non fossero state assunte in violazione del disposto dell’art. 63 c.p.p., non potendo inferirsi automaticamente dalla condizione di cittadino extracomunitario presente sul territorio nazionale la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, attesa la varietà di situazioni legittimanti l’ingresso e la permanenza nello Stato prese in considerazione nel testo unico in materia di immigrazione.

Di conseguenza corretta è stata l’utilizzazione, ai fini della valutazione in ordine al quadro di gravità indiziaria, dei verbali delle dichiarazioni rese dalle suddette persone informate sui fatti e di quelli di individuazione fotografica.

Per mera completezza espositiva si osserva che, anche qualora si ritenesse che i cittadini extracomunitari avrebbe dovuto essere sentiti in veste di indagati, in ogni caso le loro dichiarazioni sarebbero ugualmente utilizzabili. Infatti, nel corso delle indagini preliminari, sono utilizzabili per l’adozione di misure cautelari le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla polizia giudiziaria, disciplinate dall’art. 350 c.p.p., comma 7, (Sez. Un. 25 settembre 2008, n. 1150).

2. Parimenti priva di pregio è l’ultima censura difensiva.

Il Tribunale ha attentamente analizzato, con motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici, le risultanze probatorie disponibili e ha desunto la gravità degli indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12 dalle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria nell’immediatezza dei fatti dai cittadini extracomunitari di cui era stato favorito l’ingresso illegale nel territorio dello Stato in cambio del pagamento di rilevanti somme di denaro, dell’esito positivo delle attività di individuazione fotografica, nonchè delle risultanze del verbale di fermo di B.M.Z.. Sulla base di questi elementi ha evidenziato, con puntuali riferimenti alle emergenze processuali sin qui acquisite, il consapevole contributo morale e materiale fornito dal ricorrente alla realizzazione del delitto contestato.

Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di M.A. in ordine al delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12 a lui contestato.

Di talchè, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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