Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-06-2012, n. 10583 Contratto preliminare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24 gennaio 1995, la Ediltur 90 S.r.l. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Como, B.G. e B.A. per sentir "dichiarare risolto o annullato" il contratto preliminare di compravendita stipulato con scrittura privata in data 20 giugno 1994 ed avente ad oggetto l’immobile di proprietà dei convenuti, sito in (OMISSIS). Deduceva l’attrice che non era stato possibile perfezionare il trasferimento con atto notarile, essendo state riscontrate difformità tra la concessione a sanatoria rilasciata dal comune di Ferrara e lo stato di fatto dell’immobile.

Si costituivano i convenuti contestando quanto affermato ex adverso e chiedendo il rigetto delle domande attoree; proponevano, altresì, domanda riconvenzionale volta all’accertamento dell’esclusivo inadempimento dell’attrice e della conseguente legittimità del recesso di parte convenuta, con diritto di ritenzione della caparra ricevuta ai sensi dell’art. 1385 cod. civ., comma 2. Il Tribunale adito, con sentenza pubblicata in data 11 aprile 2002, dichiarava nulla la scrittura privata stipulata in data 20 giugno 1994 tra le parti in causa, che qualificava come vendita; condannava i convenuti alla restituzione, in favore dell’attrice, della somma di L. 93.000.000, oltre interessi dalla domanda giudiziale, rigettava ogni altra domanda proposta dall’attrice nonchè la domanda riconvenzionale formulata dai convenuti e compensava interamente tra le parti le spese di giudizio.

Avverso tale sentenza proponevano appello B.A. e B.G. chiedendone l’integrale riforma, con vittoria di spese del doppio grado e con condanna della controparte alla restituzione di quanto ricevuto in esecuzione della stessa.

L’appellata chiedeva la conferma dell’impugnata sentenza, con condanna degli appellanti alle spese del doppio grado di giudizio.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 15 settembre 2005, rigettava il gravame e condannava gli appellanti alle spese di quel grado di giudizio. Nei confronti di tale decisione B.A. e B.G. hanno proposto ricorso sulla base di tre motivi.

La Ediltur 90 S.r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso e ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale, cui hanno resistito ì ricorrenti con controricorso.

Motivi della decisione

1. Deve preliminarmente essere disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione del ricorso principale e di quello incidentale in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

2. Con il primo motivo, denunciando la "violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui all’art. 339 c.p.c. e segg. nonchè art. 111 c.p.c. sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè omesso e/o insufficiente esame degli atti processuali del primo grado di giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5", i ricorrenti lamentano che a Corte di merito abbia risolto la questione relativa alla qualificazione giuridica del contratto di cui si discute in causa senza svolgere alcuna indagine sul tenore del documento e senza addurre al riguardo alcuna motivazione, ritenendo che gli appellanti non avessero proposto alcun motivo di gravame in relazione alla qualificazione come contratto definitivo di vendita data dal Tribunale al contratto concluso tra le parti con la scrittura del 20 giugno 1994. A tale riguardo i ricorrenti deducono che la sentenza di primo grado non aveva qualificato il contratto in questione come definitivo e che, comunque, dal tenore complessivo dell’atto di citazione in appello e delle conclusioni ivi rassegnate, risultava evidente che l’impugnazione investiva l’intera pronuncia del primo grado, richiedendosi la declaratoria di validità del contratto proprio in quanto preliminare di vendita, non applicandosi le disposizioni di cui alla L. n. 47 del 1985 a tale contratto, sicchè la doglianza sollevata comportava necessariamente la contestazione della qualificazione della scrittura come vendita e non come preliminare. 2.1. Il motivo è inammissibile sia in relazione alla denuncia di un vizio processuale per violazione degli artt. 339 (appellabilità delle sentenze) e segg. e art. 111 (successione nel processo) cod. proc. civ., in quanto, sotto tale profilo, non pertinente al fondamento del motivo, sia in relazione ai denunciati vizi di motivazione, difettando, a tale riguardo, di autosufficienza.

Ed invero, con riferimento in particolare alla censura da ultimo indicata, a fronte delle affermazioni contenute nella sentenza di secondo grado, secondo cui il giudice delle prime cure aveva qualificato la scrittura privata in questione come contratto definitivo di vendita e tale qualificazione non era stata censurata con l’appello, i ricorrenti non riportano nel ricorso brani della sentenza di primo grado idonei a contrastare la prima affermazione;

inoltre, contraddicendo il primo argomento addotto (non aver, cioè, la sentenza di primo grado qualificato il contratto come definitivo) e il rilievo contenuto nella sentenza di secondo grado secondo cui l’inapplicabilità della L. n. 47 del 1985, art. 17 era stata dedotta in ragione della realizzazione dell’immobile in epoca anteriore all’entrata in vigore della norma richiamata, non riportano espressioni dell’atto di appello che contrastino la seconda affermazione con la richiesta specificità, evidenziandosi che non è idoneo, a tale riguardo, l’operato richiamo ad un brano della comparsa conclusionale in appello depositata in quella sede dagli attuali ricorrenti, stante la funzione di tale atto, meramente illustrativa delle posizioni processuali precedentemente assunte.

Inoltre, contrariamente a quanto sembrano adombrare i ricorrenti, non può porsi certamente in dubbio che il predetto giudice abbia esplicitamente qualificato il contratto in questione come vendita definitiva sol che si consideri che a p. 7 della sentenza di primo grado si afferma che "deve … accogliersi la domanda principale di annullamento della scrittura privata cui devesi attribuire carattere definitivo di vendita, mentre alla clausola che differisce gli effetti della scrittura privata di compravendita, vanno attribuiti effetti meramente obbligatori costituendo il successivo atto pubblico solo un atto riproduttivo in cui le dichiarazioni delle parti assumono valore storico rappresentativo della volontà espressa nella vendita già conclusa (Cass. n. 3741/94). Nel caso di specie i contraenti hanno posto in essere, senza ombra di dubbio, una vera e propria compravendita atteso che all’art. 2 della scrittura privata si legge che "i venditori cedono e vendono alla Ediltur 90 s.r.l., che acquista … l’edificio …".

3. Il secondo motivo è intitolato: "Omessa pronuncia in ordine alla qualificazione del contratto 26.10.1994 in termini di contratto definitivo di compravendita in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 5, trattandosi di una questione dirimente ai fini della decisione della controversia. In ogni caso violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui all’art. 1362 c.c. e segg. in tema di interpretazione e di qualificazione dei contratti, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3; omesso e/o insufficiente esame degli elementi probatori del primo grado di giudizio e posti a base della decisione, riflettendosi detto vizio anche in un vizio di motivazione (in termini di incongruità e/o illogicità della medesima) giacchè la pronuncia gravata risulta affetta da evidente contrasto con le risultanze testuali ricavabili dalle prove documentali ai sensi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Violazione della L. n. 47 del 1985 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 che omessa e/o insufficiente motivazione sulla applicabilità di tale norma alla fattispecie de qua, trattandosi di un capo decisivo , della controversia". (Così testualmente salvo quanto indicato in ()).

Con il motivo in parola i ricorrenti, sull’assunto che l’accoglimento del primo motivo riaprirebbe la questione in ordine alla qualificazione del contratto per cui è causa, lamentano che la Corte di merito non abbia esaminato le clausole contrattuali "secondo il loro chiaro ed inequivocabile senso letterale e logico nonchè nel loro complesso" atteso che la mera lettura del testo contrattuale, ad avviso dei ricorrenti, alla luce della giurisprudenza richiamata in ricorso, evidenzierebbe che trattasi di contratto preliminare cui è inapplicabile la sanzione di nullità prevista dalla L. n. 47 del 1985.

3.2. Dall’inammissibilità del primo motivo del ricorso consegue, evidentemente, l’assorbimento del motivo di ricorso da ultimo illustrato.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano, "in via subordinata e sotto diverso ed ulteriore profilo, violazione e/o falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 39 in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 3 omessa e/o insufficiente motivazione al riguardo in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 5". A tale riguardo i ricorrenti rappresentano che, pur a voler ritenere che nel caso all’esame sia applicabile la L. n. 47 del 1985, la scrittura privata del 20 luglio 1994 non sarebbe nulla in quanto – contrariamente a quanto statuito dalla Corte di merito – la nullità di cui all’art. 17 della legge appena citata sarebbe prevista solo relativamente ad edifici o loro parti la cui costruzione è iniziata dopo l’entrata in vigore della detta legge, laddove l’edificio negoziato con il contratto in questione, esistendo già prima dell’atto per notaio Giacomelli del 6 aprile 1966 n. 25105/3690 Rep. ed essendo, quindi, di epoca anteriore al 2 settembre 1967 (data di entrata in vigore della c.d. Legge Ponte n. 675 del 1967), non necessitava di sanatorie o condoni ai sensi della L. n. 47 del 1985 e all’uopo i ricorrenti richiamano vari atti da cui risulterebbe il completamento dell’edificio in data anteriore all’entrata in vigore della predetta legge. Rappresentano, quindi, i ricorrenti che, a fronte di tali rilievi, la Corte di merito non avrebbe reso sul punto motivazione sufficiente ed esaustiva e, in aperta violazione delle norme di cui alla L. n. 47 del 1985, sarebbe pervenuta a diverse conclusioni.

Deducono inoltre i ricorrenti che la nullità non poteva essere dichiarata anche per il disposto di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39 risultando dagli atti che essi, prima della notifica della citazione, in data 15 dicembre 1994, avevano versato l’oblazione alla quale, in data 15 febbraio 1995, era seguita la formalizzazione della domanda di concessione in sanatoria e il rilascio della stessa in data 25 ottobre 1995, profili, questi, non esaminati dal giudice di merito.

4.1. La censura non coglie in parte nel segno, atteso che non censura in alcun modo l’affermazione contenuta nella sentenza di secondo grado secondo cui "il richiamato art. 17 … prevede la nullità relativamente al carattere abusivo non solo di interi edifici, ma anche di "loro parti", la cui costruzione sia iniziata dopo l’entrata in vigore della legge e, nel caso in esame, i B. non hanno affatto provato (e nemmeno allegato) che le parti abusive dell’edificio – quali successivamente condonate – siano state eseguite anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 47 del 1985". La censura è, per la restante parte, inammissibile, in quanto le ulteriori questioni prospettate con il motivo all’esame sono nuove, non risultando trattate in alcun modo nella sentenza impugnata nè avendo i ricorrenti assolto l’onere di allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di appello e di precisare in quale atto del giudizio di secondo grado abbiano provveduto a tanto (Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 21 febbraio 2006, n. 3664); inoltre, non attengono a ius superveniens ed involgono, altresì, accertamenti di fatto cui non può darsi luogo in questa sede.

5. La Ediltur 90 S.r.l. ha proposto ricorso incidentale con un unico motivo con cui lamenta la violazione degli artt. 91 e 112 cod. proc. civ. per omessa decisione sulla domanda di condanna di B. G. e B.A. alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, come chiesto nell’atto di costituzione in appello.

5.1. La censura relativa alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. è infondata. Ed invero la sentenza di secondo grado ha rigettato il gravame ed espressamente confermato "integralmente" la sentenza impugnata che, in considerazione della reciproca soccombenza delle parti e delle osservazioni formulate da quel giudice, aveva compensato le spese di quel grado. Nel rigetto dell’appello è implicita la conferma, in relazione alle spese, della decisione di secondo grado che aveva operato la detta compensazione.

5.2. Alla luce di quanto precede resta assorbito il profilo della censura relativo alla violazione dell’art. 91 cod. proc. civ..

Il ricorso principale e il ricorso incidentale vanno, quindi, rigettati.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico dei ricorrenti principali, in via fra loro solidale.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e condanna i ricorrenti principali, in solido tra loro, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

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