Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-06-2012, n. 10582 Nullità e inesistenza della sentenza

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Svolgimento del processo

1.- P.A. e R.M. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Udine F.R. per sentire dichiarare l’inesistenza di diritti di servitù vantati dal convenuto sul loro fondo.

Si costituiva il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda; in via riconvenzionale, instava per accertamento del diritto di servitù per usucapione o per la costituzione di servitù coattiva.

Il Giudice ordinava l’integrazione del contradditorio nei confronti dei proprietari dei fondi serventi.

Con sentenza dep. il 21 maggio 2002 il Tribunale accoglieva la domanda proposta dagli attori e rigettava la riconvenzionale, compensando le spese.

Avverso tale decisione proponeva appello il convenuto.

Con ordinanza dell’11-6-2004 la Corte di appello di Trieste ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei chiamati in causa che erano stati parte del giudizio di primo grado; alla successiva udienza del 2-12-2004 l’istruttore concedeva termine per consentire la prova dell’avvenuta notifica nei confronti di due dei chiamati mentre per tre di loro era depositato certificato di morte.

Con sentenza dep. il 19 marzo 2005 la Corte di appello di Trieste dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta dal F., in quanto il medesimo non aveva provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti degli eredi delle parti decedute e che erano state chiamate nel giudizio di primo grado, la cui partecipazione era indispensabile in relazione alla domanda di costituzione della servitù coattiva proposta dal convenuto.

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il F. sulla base di un unico.

Resiste con controricorso P.A..

Motivi della decisione

1.1.- L’unico motivo, lamentando la nullità della sentenza impugnata, deduce che S.L., nei confronti del quale la Corte di appello aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio, era risultato deceduto sei anni prima dell’atto di integrazione del contraddittorio instaurazione del giudizio di primo grado; pertanto, i Giudici avrebbero dovuto dichiarare l’inesistenza della sentenza di primo grado e non certo l’inammissibilità dell’atto di appello tenuto conto che sarebbe stato impossibile ottemperare all’ordine di integrare il contraddittorio nei confronti di un soggetto deceduto venti anni prima.

1.2.- Il motivo è infondato.

Occorre premettere che la sentenza impugnata ha ritenuto che il convenuto non aveva proceduto ad integrare il contraddittorio nel termine assegnato nei confronti degli eredi di coloro che erano da ritenersi litisconsorti necessari in relazione alla domanda riconvenzionale dal medesimo proposta.

La deduzione – secondo cui uno dei chiamati in causa, nei confronti del quale era stato emesso l’ordine di integrazione del contraddittorio, sarebbe deceduto ancora prima dell’atto di integrazione del contraddittorio del giudizio di primo grado – non avrebbe potuto comportare la inesistenza ma semmai la nullità della decisione di primo grado per mancanza dell’integrità del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario relativamente alla domanda riconvenzionale, posto che alla mancata evocazione di un litisconsorte necessario, va evidentemente parificata la citazione avvenuta nei confronti del medesimo quando lo stesso sia deceduto: in tal caso, infatti, si configura l’ipotesi di nullità e non di inesistenza del rapporto processuale, – evidentemente costituitosi nei confronti delle altre parti – che addirittura può essere sanato in appello con l’intervento della parte che non ha partecipato al giudizio di primo grado. Tenuto conto che, ai sensi dell’art. 161 cod. proc. civ.,le nullità si convertono in motivi di impugnazione, la non integrità del contraddittorio relativa al giudizio di primo grado doveva essere dedotta con l’appello e non può essere per la prima volta denunciata in cassazione (Cass. 8637/2011).

Per quanto riguarda l’ordine di integrazione disposto in appello, il ricorrente avrebbe dovuto attivarsi procedendo alla notificazione nei confronti degli eredi della parte risultata deceduta, avendo in proposito la sentenza impugnata rilevato che non era emersa l’impossibilità di rispettare il termine perentorio assegnato per fatto non imputabile al F..

Il ricorso va rigettato.

Va respinta l’istanza proposta con il controricorso ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., non sussistendo i presupposti voluti da tale norma.

Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore della resistente costituita delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

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