Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-10-2011) 02-12-2011, n. 44991

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.C.V. e G.C. ricorrono avverso l’ordinanza 15.4.11 del Tribunale del riesame di Venezia che ha rigettato la richiesta di riesame proposta avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa in data 14.3.11 dal G.i.p. di Padova nei confronti dei prevenuti, indagati per concorso, anche con altri soggetti, nei reati di associazione per delinquere e di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, realizzati, secondo l’ipotesi accusatoria, mediante lo svuotamento dell’attivo delle società in difficoltà che veniva fatto confluire all’interno di nuove società appositamente costituite, con conseguente cessione dell’azienda a società non operative, con sedi fittizie e rappresentate da meri prestanome.

Con riferimento alla posizione di C.C.V. si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e) non contenendo l’ordinanza impugnata alcuna valutazione sulla partecipazione del predetto al reato associativo ed a quelli di bancarotta fraudolenta, essendovi solo tre frasi nell’ordinanza riferibili all’indagato, di essere stato cioè cofondatore, assieme al fratello C.G., delle varie società facenti capo al cd. "Gruppo Catapano"; di essere a lui riconducibili, nonchè a G.C., i proventi delle operazioni relative alla società Centro Pulitura Metalli (capo G); di essere titolare attivo, assieme al G., della delega all’incasso sul c/c n. (OMISSIS) acceso presso il Banco di Napoli di Somma Vesuviana ed intestato alla Victoria Bank LTD. Senonchè – assume il difensore – non tutte le attività del gruppo erano rivolte alle illecite operazioni oggetto di contestazione, di esclusiva pertinenza della Victoria Bank LTD, per cui essere cofondatore del "Gruppo Catapano" non significava aver offerto un contributo al programma criminale, mentre lo stato di latitante poteva al più condizionare il giudizio sulle esigenze cautelari, ma non quello sui gravi indizi di colpevolezza, non essendo sufficiente ad affermare il concorso nel delitto di bancarotta nè l’affiliazione alla societas sceleris, con il ruolo di promotore ed organizzatore, il semplice incasso di titoli di credito provento di attività illecite, laddove inoltre il tribunale non aveva dato conto degli elementi a discarico rappresentati dalle molteplici propalazioni di coindagati che non avevano mai indicato C.C.V. come soggetto attivo nelle singole vicende di bancarotta.

Quanto alla posizione di G.C. – si sostiene -, il tribunale aveva omesso di considerare le argomentazioni difensive che erano state svolte, poggiando la decisione su considerazioni illogiche e prive di portata probatoria circa la consapevolezza del G. dell’esistenza di una societas sceleris e del relativo programma criminoso, molteplici circostanze indicandolo come mero prestanome inconsapevole e non in grado, per il suo modesto titolo di studio (licenza media) di comprendere il reale significato di complesse operazioni che si celavano dietro una parvenza di legalità, rappresentata sui siti internet e sulle brochures del Gruppo Catapano.

Nessuna attività di intercettazione telefonica o telematica – prosegue la difesa – aveva mai riguardato il G. e C. G., con riferimento alla Victoria Bank, aveva rivendicato di esserne l’amministratore di fatto, avendo il G. rivestito la qualifica di amministratore di diritto, mentre anche la chiamata in correità da parte della "testa di legno" B.C. G. non era stata adeguatamente valutata dal tribunale, sottolineandosi nella ordinanza di custodia cautelare come il medesimo fosse persona "mentalmente instabile".

Infine – conclude la difesa – vi era mancanza di motivazione circa l’elemento psicologico dei reati contestati, in quanto, pur essendo il G. persona al servizio del Gruppo Catapano, era in una posizione del tutto subalterna, tale da far ritenere che mai avesse avuto contezza del carattere illecito delle attività del gruppo, mai avendo il G. partecipato ad operazioni di svuotamento delle società, al più fungendo da "faccendiere" di C.G., per cui il vuoto motivazionale del tribunale aveva anche impedito di graduare la misura cautelare in attesa dell’eventuale vaglio dibattimentale.

Osserva la Corte che i ricorsi devono essere rigettati in quanto infondati.

Ricordato come il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), legittima il ricorso per cassazione in tema di misura cautelari personali deve risultare dal testo stesso del provvedimento impugnato, il che significa che solo l’assoluta carenza sul piano logico dell’iter argomentativo seguito dal giudice può avere rilievo in sede di legittimità, senza che lo possa la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro iter, in tesi egualmente corretti sul piano logico (v. Sez. un., 15 febbraio 1996, n. 41), per cui alla Corte di cassazione, allorchè sia denunciato vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza (v. Sez. un., 22 marzo 2000, n. 11), oltre che all’esigenza di completezza espositiva (v. Cass., sez. 6, 1 ottobre 2008, n. 40609), rileva la Corte che nell’ordinanza impugnata non si rinvengono profili di incongruenza della motivazione in tema di gravità indiziaria, sia con riferimento all’ipotesi criminosa di cui all’art. 416 c.p. (capo A) che a quelle di bancarotta.

Il provvedimento, infatti, da conto, in maniera adeguata, puntuale e con motivazione immune da vizi logico-giuridici, degli elementi a carico di C.C.V. e G.C. per i reati ascritti loro, avendo i giudici del riesame opportunamente evidenziato, nell’incipit dell’ordinanza impugnata, come C. G., cofondatore assieme al fratello latitante C. C.V. delle varie società facenti capo al c.d. "Gruppo Catalano", non abbia contestato la gravità del quadro indiziario ravvisato dal g.i.p. patavino nell’ordinanza genetica di adozione della misura cautelare, scaturente da risultati delle intercettazioni telefoniche e telematiche disposte; dalle relazioni, ex art. 33 L.Fall., di tutti i rispettivi curatori fallimentari e dalle dichiarazioni dei numerosi chiamanti in correità, nonchè da quelle rese dalle persone informate dei fatti.

In tale ambito, a C.C.V. sono risultati riconducibili (così come a G.C.) i proventi delle operazioni relative alla società Centro Pulitura Metalli ed entrambi i ricorrenti erano inoltre i titolari attivi della delega all’incasso sul c/c n. (OMISSIS), acceso presso il Banco di Napoli di Somma Vesuviana ed intestato alla Victoria Bank LTD, società che la stessa difesa ha riconosciuto facente capo al Gruppo Catapano e tramite la quale era stato possibile realizzare il programma criminoso indicato al capo A della rubrica.

Quanto, in particolare, al G., questi, oltre ad essere il legale rappresentante della Victoria Road LTD e della Telegraph Road LTD, società estere rivelatesi "scatole vuote" e cedute ai coindagati P.F. e R.B. (quest’ultimo ex agente di polizia che ha affermato essere stato retribuito da C.G., sia direttamente che per interposta persona, al fine di reperire dei prestanome che fungessero da formali amministratori di società), è stato chiamato in correità da B.C.G., il quale ha riferito al p.m. di Padova, il 7.4.11, di essere stato reclutato dal G. onde fungere da prestanome e di essere stato da questi compensato in una occasione con la somma di 80 Euro.

La gravità indiziaria si è poi corroborata ulteriormente – ha sottolineato perspicuamente il tribunale del riesame – in considerazione della significativa conversazione intercorsa il 25.6.10 tra C.G. ed altro coindagato, C. A., consulente del primo in materia finanziaria e con il compito precipuo – hanno evidenziato ancora i giudici – di sovrintendere all’opera di avvicinamento delle imprese in crisi destinate ad essere svuotate, durante la quale i due interlocutori hanno parlato del ruolo del G. concordando di dare a lui i conteggi, riferendo inoltre il Ca. di aver dato "a C. e te la farò vedere" la posizione di un’azienda recentemente avvicinata e contattata.

Alla luce delle suindicate emergenze del tutto correttamente, pertanto, i giudici del riesame hanno ritenuto la gravità del quadro indiziario a carico dei due odierni ricorrenti per i reati ascritti rispettivamente in rubrica. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria provvederà agli avvisi di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

La Corte, rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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