Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-06-2012, n. 10580 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

SO.CI.M. srl con atto 9 e 10.7.1996 conveniva in giudizio davanti al tribunale di Vercelli l’arch. M. esponendo che, con contratto 23.6.992, gli aveva affidato l’incarico di redigere il progetto di massima ed esecutivo di un complesso edilizio composto da sette unità a schiera e da un edificio per sedici alloggi più pertinenze ed accessori, oltre la direzione dei lavori, la cui esecuzione era stata appellata alla SO.CO.A srl; che il convenuto aveva eseguito la prestazione d’opera intellettuale con grave imperizia e negligenza, come da dettagliata distinta.

Chiedeva l’accertamento di tutti gli errori lamentati, la condanna a rifondere tutte le spese necessarie e tutti i danni, la manleva da qualsiasi pregiudizio derivante da controversie già avviate da terzi, la declaratoria di non debenza dei compensi per le voci contestate, con compensazione del residuo credito del convenuto con il maggior controcredito dell’attrice.

In data 27.9.1996 parte attrice depositava ricorso per a.t.p. ed il M. si limitava a chiedere che fosse espletato anche nei confronti dell’appaltatrice SO.CO.A..

Chiamata in causa quest’ultima, che rimaneva contumace, espletata ctu, escussi testi, veniva disposta la riunione con altra causa di opposizione a decreto ingiuntivo per L. 43.202.842 sempre proposta da parte attrice e, con sentenza 4.3.2003. il Tribunale dichiarava il M. responsabile nella misura del 35% dei danni condannandolo a pagare Euro 85.645,00 oltre interessi, rigettava ogni altra domanda e regolava le spese, decisione appellata dal soccombente, nella resistenza dell’attrice.

Dichiarata la contumacia del fallimento SO.CO.A. e disposta la rinnovazione dei la ctu, con sentenza 1882/2007 la Corte di appello di Torino rigettava il gravarne, richiamando la disciplina della L. n. 47 del 1985, art. 6 in ordine alla responsabilità del direttore dei lavori, la responsabilità penale ed a fortiori civile della conformità dell’opera al progetto, nonchè anche ex art. 1669 c.c., la possibilità di norme pattizie più rigorose e di speciali accordi, la distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato, il giudicato sull’esistenza dei vizi, l’errata contestazione della responsabilità pari al 35%, perchè(in assenza di un parametro certo di riferimento ex art. 2055, comma 3 della responsabilità si sarebbe dovuta ritenere pari al 50% e solo l’assenza di un appello incidentale impediva la riforma.

Ricorre l’arch. M.M. con nove motivi e relativi quesiti.

resiste SO.CI.M in liquidazione, non svolge difese il fallimento SO.CO.A..

Le parti costituite hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

Col primo motivo si deduce violazione della L. n. 47 del 1985 in relazione all’art. 14 preleggi ed alla L. n. 689 del 1981, art. 1 con riferimento alle obbligazioni dei direttore dei lavori, stante l’inapplicabilità della prima disposizione ad un appalto tra privati.

Col secondo motivo si lamentano violazione della L. n. 47 del 1985, art. 6 dell’art. 1667 c.c. dell’art. 112 c.p.c. perchè i vizi e le difformità ex art. 1667 sono altra cosa rispetto alla totale difformità dell’opera.

Col terzo motivo si lamentano violazione degli artt. 1668, 2230 c.c., all’art. 2362 c.c. e segg. perchè (art. 1669 per diversità di natura e di presupposti rispetto all’art… 1667 c.c. non può fornire spunti risolutivi nell’interpretazione di quest’ultima norma e la Corte di appello, pur rilevando la mancanza di un contratto scritto per la direzione dei lavori, ha concluso che il contratto ha il contenuto minimo di legge.

Col quarto motivo si deduce violazione della L. n. 143 del 1949, art. 17 in ordine all’individuazione delle obbligazioni incombenti sul direttore dei lavori.

Col quinto motivo si lamenta violazione degli artt. 1662 e 2697 c.c. in ordine all’onere della prova per avere la Corte di appello ritenuto che il direttore dei lavori possa liberarsi solo provando di aver sospeso i lavori o di aver rinunciato all’incarico, a nulla rilevando la tempestiva segnalazione mediante ordini di servizio, dovendosi peraltro escludere la possibilità di sospendere i lavori.

Col sesto motivo si lamenta violazione degli artt. 2236 e 2226 c.c. avendo il ricorrente sempre segnalato i vizi ed i difetti riscontrati.

Col settimo motivo si denunzia violazione degli artt. 1223 e 1227 c.c. per mancata considerazione del concorso di colpa del creditore.

Con l’ottavo motivo si lamenta violazione dell’art. 2697 c.c. in tema di accertamento del nesso di causalità tra asseriti difetti progettuali ed il risarcimento stabilito. Il fatto che il numero di box effettivamente realizzati sia inferiore a quelli progettati non implica che il progetto fosse carente.

Col nono motivo si denunziano ulteriore violazione degli artt. 1223 e 1226 c.c. in tema di accertamento del rispettivo grado di responsabilità e vizi di motivazione.

I primi tre motivi, relativi alla responsabilità del professionista, possono essere trattati unitariamente e respingersi, fondandosi su aspetti particolari e non risolutivi rispetto alla complessiva motivazione della sentenza.

In particolare è irrilevante la dedotta asserita inapplicabilità della L. n. 47 del 1985, perchè la sentenza ha fatto riferimento, in via generale, agli obblighi del direttore dei lavori in base alla normativa vigente, alla sua responsabilità penale, ed, a fortiori, a quella civile, della conformità dell’opera al progetto ed ha richiamato la disciplina codicistica e l’articolato contratto d’opera professionale stipulato il 23.6.1992.

Non è contestata l’esistenza dei vizi e, per quanto attiene al contratto, a pagina 36 la sentenza deduce: "il contratto suddetto nulla dispone in ordine alla direzione dei lavori ma è pacifico fra le parti, e comunque documentato dagli o.d.s., che, con altro contratto, la SO.CI.M. ed il M. stipularono un secondo contratto d’opera professionale relativo alla direzione dei lavori, che di fatto fu svolta da parte appellante durante tutto lo sviluppo dell’appalto… Poichè non vi fu stipulazione scritta, o quanto meno non è stata prodotta; poichè la stipulazione fu legittimamente verbale; poichè le parti non hanno mai dedotto a prova alcunchè in ordine al contenuto di detto contratto, consegue che esso ha il contenuto minimo di legge dianzi enucleato".

Donde nessuna contraddizione.

Il quarto motivo è generico e non risolutivo e fa carico al committente di allegare e provare i diversi e speciali accordi in base ai quali il ricorrente avrebbe dovuto seguire quotidianamente i lavori, mentre la sentenza si è limitata a statuire che il M. aveva fondato a torto la propria difesa sull’art. 17 della tariffa professionale, posto che la norma concerne unicamente i criteri di determinazione del compenso, salvo speciali accordi, non il contenuto della prestazione.

Il quinto ed il sesto motivo omettono di considerare che la motivazione complessiva fa carico al M. non solo della colpa presunta ma anche di quella ammessa sia per la sussistenza dei vizi sia in virtù delle difese come formulate, che presupponevano univocamente il mancato efficiente intervento dei direttore dei lavori nella conduzione degli stessi, la piena condivisione della condotta negligente dell’appaltatrice e la condivisione di tale inadempimento.

In questa sede ci si limita a dedurre l’avvenuta segnalazione di vizi e difetti di volta in volta riscontrati, circostanza che, oltre a costituire ammissione di tali inconvenienti, non esclude anzi conferma la responsabilità del ricorrente.

Il settimo ed il nono motivo non tengono conto che solo la mancata proposizione dell’appello incidentale ha impedito alla Corte di appello una riforma peggiorativa per il ricorrente, posto che la sentenza, a pagina 63, in ordine alla contestazione dell’addebito di una quota di responsabilità pari al 35%, sulla base di un assunto immotivato della ctu R., ha statuito che, in assenza di un parametro certo di riferimento, ex art. 2055 c.c., comma 3 la responsabilità dell’appellante si sarebbe dovuta ritenere pari al 50%.

L’ottavo motivo è generico nella critica alla sentenza che ha individuato due carenze progettuali: l’erronea indicazione del numero dei box (progettati in numero di 24 ma realizzati in numero di 23) e la mancata redazione di disegni più dettagliati per la fase esecutiva.

La censura contiene significative ammissioni in ordine alla realizzazione di un box in meno, limitandosi a dedurre che ciò non implica automaticamente che sia dipeso da carenze progettuali, ipotizzando diversi e svariati fattori non indicati.

Quanto alla mancata predisposizione dei disegni fa riferimento alla asserita prassi consolidata di riservare alla fase di esecuzione l’individuazione dettagliata di alcuni particolari esecutivi, escludendo assiomaticamente la responsabilità. Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 5200,00, di cui 5000,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

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