Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-06-2012, n. 10577 Riforma agraria e fondiaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – S.P. convenne dinanzi al Tribunale di Salerno, con atto notificato L’11 novembre 1986, D.M.R. nonchè G., A., Al. e F.N., quali eredi di F.G., per sentire dichiarare a lui venduto il podere n. 1280, sito in agro di (OMISSIS), in virtù di scrittura privata intercorsa con il loro dante causa in data 11 febbraio 1982.

Esponeva l’attore che F.G., originario assegnatario del podere in virtù del contratto del 16 novembre 1961 con la Sezione speciale per la Riforma in Campania, poi ERSAC, era successivamente divenuto proprietario dell’immobile con il pagamento della quindicesima annualità del prezzo L. 30 aprile 1976, n. 386, ex art. 10. In tale veste aveva ceduto al S. il bene per il prezzo di lire 90 milioni, interamente versato all’atto della stipula del contratto. Si costituirono tutti i convenuti, resistendo e sollevando, tra l’altro, l’eccezione di annullabilità del contratto.

2. – Con sentenza in data 28 aprile 2005, l’adito Tribunale:

– qualificava la domanda come tendente ad ottenere una trascrivibile sentenza che sostituisse l’atto pubblico di compravendita non stipulato dalle parti, in quanto la scrittura intercorsa tra le parti già conteneva tutti gli elementi di una vendita;

– rilevava che l’eccezione di annullabilità assoluta del contratto, fondata sulla disciplina particolare in materia di riforma agraria, benchè dispiegata per la prima volta oltre il quinquennio dalla stipula del contratto, era stata ritualmente sollevata in applicazione del principio di imprescrittibilità di tali eccezioni;

– riteneva affetto il contratto del 1982 da annullabilità assoluta in base alle L. 29 maggio 1967, n. 379, e L. 30 aprile 1976, n. 386, stante il vincolo di inalienabilità previsto dalla prima di tali leggi, art. 10, comma 2, ben conosciuto dalle parti al momento della stipula del contratto;

– rigettava pertanto la domanda dell’attore, perchè fondata su un contratto illegittimo.

3. – La Corte d’appello di Salerno, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 10 marzo 2010, ha rigettato il gravame degli eredi del S.. La Corte territoriale ha rilevato: che all’annullabilità assoluta prevista dalla normativa speciale si applica la regola dell’art. 1442 c.c., comma 4, secondo la quale l’invalidità può essere sempre eccepita, anche quando non sia più suscettibile di essere fatta valere in via di azione; che l’acquirente di un fondo derivante dalla riforma agraria prima della scadenza del trentennio non può fare valere alcun diritto, quindi neppure quello alla mera trascrivibilità dell’atto – che in sostanza si concreta nella pregnante e cospicua possibilità di conseguire l’effettiva commerciabilità del bene – mediante ottenimento di una sentenza che a tanto lo abiliti; e che è evidente l’interesse della parte apparente venditrice ad impedire tale conseguenza, per evitare il consolidamento definitivo degli effetti dell’atto annullabile.

4. – Ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte di Salerno G., A. e S.S., nonchè R. G. sulla base di un motivo. Resistono con distinti controricorsi A. e Fr.Al., mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

5. Il ricorso, trattato all’udienza camerale del 24 novembre 2011 su relazione del consigliere delegato che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, con memoria depositate dai ricorrenti e da F.A., è stato rimesso alla pubblica udienza.

F.A. ha depositato memoria.

Motivi della decisione

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 1442 e 2643 cod. civ., della L. n. 379 del 1967, art. 6 e della L. n. 386 del 1976, art. 10 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Osservano i ricorrenti che erroneamente la Corte territoriale ha fatto applicazione dell’art. 1442 c.c., comma 4 perchè nel caso in questione non si trattava di esecuzione del contratto, già intervenuta al momento della stipula, ma soltanto di richiesta trascrizione di una vendita già effettuata.

Al riguardo appare opportuno premettere quanto segue in fatto.

L’assegnazione del fondo risale al 16 novembre 1961, la scrittura privata di vendita all’11 febbraio 1982 e la citazione in primo grado è del 7 novembre 1986. Resta quindi applicabile alla vicenda la L. n. 230 del 1950 così come successivamente integrata e modificata dalle L. n. 379 del 1967 e L. n. 386 del 1976. La vendita è, infatti, intervenuta dopo il pagamento della quindicesima annualità del prezzo (1976) e dopo l’entrata in vigore della L. del 1976.

Sicchè la Corte territoriale si è correttamente adeguata ai principi affermati da questa Corte al riguardo secondo cui la vendita di un fondo assegnato da enti di sviluppo fondiario, stipulata dopo l’entrata in vigore della L. 30 aprile 1976, n. 386, dopo il pagamento della quindicesima annualità del prezzo – che ne comporta l’affrancazione automatica (in deroga a quanto a quanto in precedenza previsto dalla L. 12 maggio 1950, n. 230, art. 18, comma 2), è soggetta, per altri quindici anni (stessa L. n. 386 del 1976, art. 10, commi 2 e 6) alle limitazioni di cui alla L. 29 maggio 1967, n. 379; e perciò, se il fondo è alienato a soggetto, condizioni e prezzo diversi da quelli indicati nell’art. 4 di quest’ultima legge, il contratto è annullabile, ai sensi dell’art. 6 della medesima, e l’azione, esperibile da chiunque vi ha interesse, si prescrive in cinque anni dalla sua stipulazione (Cass. 2004 n. 14565).

L’ulteriore questione risolta dalla Corte territoriale riguardava, nel caso in questione, non già l’applicabilità del termine di prescrizione in via d’azione, ma se fosse possibile o meno proporre, oltre tale termine, l’eccezione di annullabilità assoluta, ai sensi del quarto comma dell’art. 1442 c.c., come è appunto accaduto.

Sul punto la Corte ha chiaramente affermato che anche nel caso in questione è possibile eccepire, anche oltre la scadenza del quinquennio, l’annullabilità del contratto alla stregua del vincolo di inalienabilità trentennale imposto dalla normativa speciale, rilevando che, attraverso la domanda diretta alla mera trascrivibilità dell’atto, l’acquirente del fondo derivante dalla riforma agraria prima della scadenza del termine di legge mirava in realtà a conseguire la commerciabilità del bene.

Sul punto la censura avanzata dai ricorrenti non coglie tale ratio decidendi, che è specificamente ritagliata non già su un ordinario contratto di vendita di un bene, ma esclusivamente su un bene sul quale per legge vi è un particolare e specifico regime di limitata commerciabilità, evidentemente previsto dalla normativa speciale, così come correttamente osservato dalla Corte territoriale, proprio per assicurare il perseguimento delle specifiche finalità, di rilevanza sociale, cui era ispirata la riforma agraria. Talchè la censura avrebbe dovuto riguardare tale specifico regime e ciò i ricorrenti non hanno fatto. Il motivo di ricorso è, quindi, inammissibile, perchè non coglie l’indicata ratio decidendi. Nè tale carenza può essere colmata con la memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ..

Le spese seguono la soccombenza con distrazione delle stesse per F.A. in favore del suo difensore, dichiaratosi antistatario nella memoria.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 2.000,00 Euro per onorari e 200,00 per spese per il resistente Fr.Al., e in Euro 3.500 per onorari e 200,00 per spese per il resistente A. F., oltre accessori di legge per entrambi. Le spese in favore di F.A. vanno distratte in favore del suo difensore, avv. Sparano, antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

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