Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-06-2012, n. 10575 Costruzioni in aderenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.A. e M.G., al quale sono succeduti mortis causa i figli P. e A., nel 1989 chiedevano con denuncia di nuova opera che, previa sospensione dell’opera, fosse ordinato a S.E. di demolire e arretrare il garage in corso di costruzione in (OMISSIS), a confine con la loro proprietà.

Il tribunale di Savona, nel 2006, disattese le difese del convenuto, ordinava l’arretramento dell’autorimessa sino a 5 ml dal confine delle due proprietà e sino a 10 mi dal caseggiato dei ricorrenti.

Con sentenza 7 ottobre 2009, notificata il 19 gennaio, la Corte d’appello di Genova rigettava l’appello del convenuto.

Osservava: che l’opera era stata iniziata entro l’anno dalla proposizione dell’azione e, a quel momento, non era stata ancora ultimata; che esattamente era stata applicata la normativa inerente le distanze legali dal confine, perchè il nuovo fabbricato era posto a m. 8,49 dal fabbricato dei ricorrenti e quindi a distanza inferiore ai 10 mt previsti dallo strumento urbanistico, applicabile anche nel caso di fondi a dislivello; che non trattavasi di costruzione in aderenza anche parziale, ammessa da sopravvenuta variante del prg, perchè la costruzione in aderenza sarebbe stata ammessa sempre a condizione di rispettare i dieci metri dalle costruzioni presenti sul fondo limitrofo, situazione non ricorrente nella specie.

Aggiungeva che in caso di impossibilità di costruzione sul confine a causa di distanza inferiore a mt 10 tra i due fabbricati limitrofi, doveva essere rispettata la distanza di mt 5 dal confine; che ad abundantiam era da rilevare l’avvenuta occupazione di una striscia del fondo M.; che anche il PUC definitivo del Comune di (OMISSIS) prevedeva il rispetto di tali distanze.

S.E. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 18 marzo 2010, svolgendo quattro censure, con corredo di produzione dei testi delle norme urbanistiche generali vigenti.

G. e M.P. hanno resistito con controricorso.

M.A. è rimasto intimato.

Le parti hanno depositato memoria.

La Corte si è riconvocata, per riesame della decisione, il 22 maggio 2012.

Motivi della decisione

2) Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità delle deduzioni svolte in controricorso in ordine alla illegittimità urbanistica della costruzione S., questione non discussa nei gradi di merito e che è dunque inammissibile, perchè implicherebbe accertamenti di fatto non consentiti in questa sede.

2.1) Giova precisare in punto di fatto che il ricorrente ha edificato un garage in aderenza al muro di sostegno del fondo a dislivello dei vicini (sentenza pag. 4), posto su piano di campagna più elevato.

A distanza di m. 8,49 si trova, all’interno del terreno degli attori qui resistenti, un loro fabbricato.

La Corte di appello, nel rigettare il gravame, ha ritenuto che la nuova costruzione S. avrebbe dovuto essere edificata a dieci metri dal precedente fabbricato e che, non trovandosi detto punto sul confine, avrebbe dovuto anche essere arretrata fino alla distanza di metri cinque dal confine, pure prevista dallo strumento urbanistico applicato.

3)1 primi due motivi di ricorso, che lamentano rispettivamente violazione di legge (artt. 872, 873, 877, 878 c.c., D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 – norme urbanistiche locali) e vizi di motivazione, svolgono varie censure, anche in via gradata, rubricate sub b1, b2, b3, b4.

Parte ricorrente chiede l’applicazione di uno strumento urbanistico più recente (Norme Urbanistiche generali vigenti nel comune di (OMISSIS) a partire dal 4/6/2008, P.U.C), che reputa più favorevole, perchè prevede (pagg. 8-10 del ricorso) regole meno restrittive.

Il principio invocato è corretto (cfr. Cass. 1047/98).

Il ricorso evidenzia (pag. 13), per quanto qui interessa:

1) art. 1.2, che (lo si legge a pag. 8-9), escluse le ipotesi speciali (non oggetto del ricorso, a quanto si comprende), stabilisce una distanza minima assoluta di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, riducibile a m. 3,00 nel caso di pareti non finestrate.

Detta disposizione ammette "la costruzione in aderenza, anche parziale, su fondi finitimi ai sensi dell’art. 877 c.c.." 2) Art 7.3, che regola le distanze dai confini e la stabilisce in m.

5,00; ammette la costruzione a confine o in aderenza sui fondi finitimi e stabilisce che la distanza dai confini può essere derogata tra i proprietari confinanti con atto pubblico che deve "prevedere egualmente il rispetto della distanza tra i fabbricati".

3.1) Le tesi espresse nelle doglianze di parte ricorrente (primo motivo di ricorso) sono le seguenti:

B1) qualora la costruzione venga legittimamente realizzata in aderenza, la distanza minima dal confine di m. 5 diviene irrilevante, poichè la norma speciale del PUC in ordine alla costruzione in aderenza non deve essere coordinata con la norma generale che prevede una distanza minima dal confine.

B2) La possibilità di costruzione in aderenza esclude che siano rilevanti eventuali costruzioni esistenti nel terreno limitrofo a distanza inferiore a dieci metri dal nuovo fabbricato, costruito in aderenza al muro di sostegno.

B3) (in subordine): Il nuovo testo non richiede la distanza di 10 mt dai "fabbricati esistenti" nel fondo del vicino, ma impone detta distanza "tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti". La norma ricalca il testo del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 sicchè resterebbe irrilevante la esistenza di costruzioni poste al di là del nuovo fabbricato, a distanza inferiore a dieci metri, se vecchio e nuovo fabbricato non sono frontistanti.

La Corte d’appello avrebbe errato nel "prescindere da ogni accertamento e verifica in ordine alla circostanza se, in considerazione dello stato di dislivello dei fondi, della preesistenza di un muro di contenimento del terrapieno e della posizione dei fabbricati, gli stessi potessero essere considerati antistanti/frontistanti".

B4) (in ulteriore subordine) erroneamente sarebbe stata ritenuta sussistente l’impossibilità di costruire in aderenza al di là del limite dei m. 10, configurando la concorrente possibilità di ordinare l’arretramento del manufatto oltre i dieci metri e di applicare anche la norma in materia di confini, la cui "osservanza comporterebbe l’integrale demolizione del manufatto".

3.2) Il secondo motivo di ricorso, strettamente connesso, espone vizi di motivazione in ordine alla verifica dei presupposti di fatto necessari per l’applicazione delle norme che disciplinano la fattispecie.

4) La seconda (b2) e quarta (b4) censura del primo motivo, tra loro evidentemente connesse, perchè postulano la non cumulabilità della prescrizione di rispetto di distanze dal confine con distanze dai fabbricati, sono infondate.

Giova a tal fine rileggere il punto 7.3 del PUC comunale (pag 10 ricorso).

Esso, che non espone in alcun punto l’alternatività con le prescrizioni di cui al punto 2, relative alle distanze tra fabbricati, prevede la possibilità di costruzione a confine o in aderenza, ma prevede anche che la deroga pattizia alle distanze dai confini debba comunque rispettare la prescritta distanza tra i fabbricati. Dunque è la stessa norma invocata a pretendere il coordinamento e il contemporaneo rispetto delle due distanze.

La disciplina locale ammette deroga alle distanze dai confini, ma non (in ossequio a quanto disposto dalla legge statale) alle altre distanze. E’ dunque evidente che di regola (cioè in mancanza di accordo in deroga tra i confinanti, ovviamente limitato alle distanze derogabili) essi debbono rispettare tanto le distanze tra i fabbricati che quelle dal confine.

Tale ricostruzione è peraltro in linea con il disposto dell’art. 878 c.c. comma 2, che consente la costruzione in appoggio (forma più intensa della costruzione in aderenza, arg. ex art. 877, comma 1), ma solo ove non "preesista al di là un edificio a distanza inferiore ai tre metri".

Ciò significa che, in ipotesi analoga a quella descritta in ricorso (costruzione di un nuovo edificio in aderenza a un muro di confine), l’edificazione in aderenza non toglie rilievo alle costruzioni poste all’interno del fondo limitrofo, le quali devono essere comunque poste alla distanza di legge tra fabbricati, restando altrimenti preclusa la costruzione in aderenza.

Coerente con questa lettura è l’insegnamento di questa Corte (Cass. 8807/03, relativa proprio a costruzione in aderenza a muro di cinta).

4.1) E’ invece fondata, tanto sotto il profilo della falsa applicazione di legge (primo motivo), quanto sotto quello del difetto di motivazione (secondo motivo), la terza (b3) delle quattro doglianze.

Una volta stabilito che la costruzione in aderenza al muro di cinta non giustifica la violazione della distanza di dieci metri tra fabbricati in relazione a preesistente costruzione del vicino posta all’interno del fondo confinante, occorre chiedersi se sussistano le condizioni di fatto per applicare le disposizioni relative alla distanza tra i due fabbricati.

La Corte d’appello di Genova non ha dato conto di questa verifica, che è relativa alla presenza di pareti finestrate e al l’essere gli edifici frontistanti.

Ora, quanto al primo requisito, parte ricorrente non lamenta l’insussistenza di esso (si veda pag. 21 del ricorso, dove, trattando l’argomento, non si dice nulla in proposito) ed anzi implicitamente ammette che le pareti fossero finestrate. Lo si desume dal fatto che essa mai invoca la distanza di metri tre, applicabile in luogo di quella di mt. dieci nel caso di pareti non finestrate. Ve ne è conferma indiretta ma inequivocabile a pag. 13 della memoria, ove si riferisce che non vi sono pareti finestrate nelle costruzioni costruite in aderenza sul confine, così escludendo dal rilievo il fabbricato interno al fondo dei resistenti.

Parte ricorrente lamenta invece specificamente che sia stata trascurata la circostanza che i due fabbricati posti a distanza di mt 8,49 non sarebbero antistanti.

Invoca quale risultanza, riportandola, l’affermazione resa sul punto dalla sentenza di primo grado. La doverosa verifica negli atti conferma che gli edifici vennero ivi descritti come "non antistanti", ditalchè la circostanza (che parte appellata non aveva il dovere di impugnare, non essendo posta a fondamento della decisione, ma anzi ivi evidenziata come superflua) doveva essere analizzata dal giudice d’appello, anche alla luce del dislivello tra i fondi, per stabilire la sussistenza del presupposto della distanza tra fabbricati.

Vi è dunque falsa applicazione di legge se si considera che sia stata fatta applicazione di una norma sulle distanze in una ipotesi non appropriata (fabbricati non antistanti); vi è comunque omessa motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero invece giustificato l’applicabilità della disposizione de qua.

5) ette conto ricordare in proposito che la distanza minima di dieci metri tra le costruzioni stabilita dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, n. 2, va applicata purchè sussista almeno un segmento delle pareti degli edifici antistanti tale che l’avanzamento di una o di entrambe le facciate medesime porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento (Cass. 5741/08).

5.1) Resta assorbita la prima censura del primo motivo, che afferma che se una costruzione venga legittimamente realizzata in aderenza, la distanza minima dal confine di m. 5 non è applicabile.

Ciò potrebbe verificarsi se, a seguito dell’accoglimento delle censure di cui si è detto, il giudice di rinvio dovesse stabilire che l’edificio di nuova costruzione S. e quello interno alla proprietà dei resistenti non siano frontistanti e, venuto così meno l’impedimento ravvisato dalla sentenza di appello, ritenga sussistente ogni altro elemento necessario per dire che la nuova costruzione sia stata edificata in aderenza al muro S..

6) Terzo e quarto motivo di ricorso attengono a un’affermazione della sentenza relativamente alla occupazione di una striscia della proprietà M. sul confine, sulla quale insisterebbe illecitamente il manufatto S..

Trattandosi di affermazione esplicitamente svolta ad abundantiam e quindi di un obiter dictum, non v’è materia per l’impugnazione in sede di legittimità, che deve investire la ratio decidendi della sentenza di merito.

Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso nei sensi di cui si è detto e, ai fini del giudizio di rinvio, che dovrà nuovamente motivare sulla sussistenza dei presupposti della normativa applicata, l’enunciazione del seguente principio di diritto: in tema di distanze tra fabbricati, può ricorrere la lesione della distanza di dieci metri prescritta dal PUC del comune di (OMISSIS) se i fabbricati siano antistanti, cioè se sussista almeno un segmento delle pareti degli edifici tale che l’avanzamento di una o di entrambe le facciate medesime porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento.

La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Genova per nuovo esame e per la liquidazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Genova.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 2 febbraio 2012 e riconvocata il 22 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

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