Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-06-2012, n. 10574 Responsabilità precontrattuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato il 22 febbraio 1988, N. C. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce D. M.C., esponendo che con atto del 14 ottobre 1987 aveva ricevuto in donazione dal padre N.O. un appezzamento di terreno facente parte del fondo (OMISSIS), comprensivo di un fabbricato rurale, e confinante da un lato con altro terreno di proprietà dello stesso D.M., il quale, nell’eseguire la costruzione di un fabbricato, aveva arbitrariamente occupato una fascia di terreno destinata a viale pedonale di proprietà comune.

L’attrice chiese, pertanto, all’adito Tribunale di dichiarare illegittima la occupazione dello stesso da parte del convenuto, condannandolo alla demolizione della parte di fabbricato realizzata sulla proprietà comune, nonchè al risarcimento dei danni subiti dall’attrice per l’illegittima occupazione.

Il convenuto eccepì la carenza di legittimatio ad causam e ad processum di N.C.; nel merito, chiese il rigetto delle domande di parte attrice e, in via gradata, propose domanda riconvenzionale di condanna di N.O. al risarcimento dei danni, subiti, a titolo di responsabilità precontrattuale, nella misura di L. 100.000.000, previa autorizzazione alla chiamata in causa dello stesso.

Con separato atto di citazione del 30 ottobre 1988, il D.M. convenne in giudizio N.O., ritenendo ravvisabile a carico dello stesso una responsabilità contrattuale o extracontrattuale per aver donato alla figlia l’immobile adiacente al viale comune senza informarla di aver concordato con lui di traslare l’originario viale di accesso nel sito attuale. Il d.M. chiese la riunione del nuovo giudizio a quello già promosso da N.C..

2. – Con sentenza del 29 maggio 1995, il tribunale adito accolse la domanda della N., disponendo la separazione dei giudizi già riuniti e la prosecuzione di quello tra D.M.C. e O. N.. Quindi, ritenendo non del tutto sfornita di prova la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal D.M., deferì giuramento suppletorio a quest’ultimo. All’esito, il tribunale, con sentenza n. 1317 del 2003, rigettò la domanda proposta dal D.M. nei confronti di N.O..

2. – La sentenza fu impugnata dal D.M.. Nelle more questa Corte rigettò il ricorso proposto dal D.M. e la sentenza con la quale era stata accolta la domanda della N. passò in giudicato.

3. – Il gravame del D.M. avverso la sentenza n. 1317 del 2003 fu rigettato con sentenza depositata il 21 novembre 2007 dalla Corte di appello di Lecce. Per quanto rileva ancora nella presente sede, con riguardo alla censura relativa al mancato accoglimento della domanda di risarcimento dei danni, per non aver ritenuto il primo giudice provata la sussistenza di responsabilità precontrattuale del N. per recesso ingiustificato dalle trattative intercorse con lo stesso e l’appellante, la Corte di merito, premesso che la dedotta responsabilità precontrattuale è configurabile, ai sensi dell’art. 1337 cod. civ., solo ove una parte receda ingiustificatamente dalle trattative, ledendo il ragionevole affidamento ingenerato nell’altra parte circa la conclusione del futuro contratto, osservò che il D. M. non aveva assolto l’onere di provare che le trattative fossero da ritenere affidabili, non emergendo in modo univoco nè l’esistenza di trattative in stato avanzato ed idonee ad influenzare il ragionevole affidamento nella conclusione del contratto – cioè tali da avere quantomeno portato ad un accordo sulla natura delle prestazioni o l’entità dei rispettivi corrispettivi -, nè l’assenza di una giusta causa di recesso. In definitiva, non era stata provata la volontà del N. diretta alla traslazione del viale in questione.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono sulla base di tre motivi D.A. e S. e D.M.E., tutti quali eredi di D.M.C.. Resiste con controricorso O. N..

Motivi della decisione

1.1. – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1337 cod. civ., dell’art. 2697 cod. civ., della Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, art. 13 e segg. nonchè motivazione illogica e contraddittoria. Si censura la sentenza impugnata per aver rigettato la domanda proposta dal D.M. sul rilievo della ritenuta inaffidabilità delle trattative intercorse tra le parti ai fini della stipulazione dell’atto pubblico di trasferimento in capo allo stesso D.M. della proprietà esclusiva della fascia di terreno de qua, laddove tale affidabilità sarebbe risultata incontrovertibilmente dalle prove testimoniali. Del pari, dalla istruttoria espletata sarebbe emersa la prova della natura delle prestazioni e dei rispettivi corrispettivi.

1.2. – La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: Dica la Ecc.ma Corte se viola l’art. 1337 c.c. la Corte territoriale che abbia ritenuto inaffidabili le trattative, con riferimento al corretto svolgimento dell’iter formativo del contratto, in presenza di comportamenti che contengono gli elementi costitutivi del contratto, nella piena autonomia negoziale delle parti, e che la stipulazione del definitivo non è avvenuta per ingiustificato recesso dalla trattativa di uno di essi.

"Dica la Ecc.ma Corte Suprema se la Corte territoriale viola l’art. 2697 c.c. li dove afferma che l’onere probatorio della giusta causa del recesso incombe a chi tale recesso subisce".

"Dica la Ecc.ma Corte Suprema se viola la Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, art. 13 e segg. li dove la Corte territoriale afferma che le parti non avrebbero individuato i rispettivi corrispettivi pur in presenza di un piano particolareggiato".

2.1. – La censura non può trovare ingresso nel presente giudizio, in quanto sostanzialmente rivolta, al di là dei parametri formalmente invocati, ad ottenere una rivalutazione del materiale probatorio acquisito, inibita in sede di legittimità ove il giudice del merito abbia motivato in modo congruo e non illogico il proprio convincimento.

2.2. – Nella specie, il percorso logico che ha seguito la Corte di merito nella valutazione in ordine alla sussistenza della responsabilità precontrattuale, chiaramente e sufficientemente esplicato nella motivazione della sentenza impugnata, non presenta vizi logico-giuridici. Il giudice di secondo grado ha, infatti, escluso che il D.M., cui incombeva il relativo onere, avesse fornito la dimostrazione dell’intento di N.O. di concludere il contratto avente ad oggetto la cessione da parte di costui della comunione del viale, di cui il D.M. sarebbe divenuto proprietario esclusivo, così come del corrispettivo previsto a favore del N.. La Corte salentina ha, dunque, non illogicamente ritenuto che degli elementi essenziali del contratto dal cui iter formativo era stato denunciato il presunto illegittimo recesso del N., così come dell’affidabilità delle asserite trattative intercorse tra quest’ultimo ed il D.M., fosse mancata la dimostrazione.

3.1. – Con la seconda censura si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2736 cod. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2738 cod. civ., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la valutazione delle prove. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere non acquisite al processo circostanze decisive e rilevanti per la valutazione della domanda risarcitoria proposta dal D.M., e, in particolare, irrilevante, ai fini del decidere, il giuramento suppletorio deferito dal Tribunale allo stesso D.M., con il quale questi aveva confermato che il N. avesse prestato il consenso alla costruzione del viale comune, non attribuendo ad esso il valore di prova legale e la efficacia probatoria assoluta e preclusiva, con conseguente riconoscimento della fondatezza della domanda risarcitoria proposta dal D.M..

3.2. – La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito: Dica la Ecc.ma Corte Suprema se il giudice di appello viola l’art. 2736 c.c., comma 2, nell’ipotesi in cui disattende i risultati del giuramento suppletorio deferito dal giudice di primo grado che aveva ritenuto raggiunta la semipiena probatio.

Dica, altresì, la Ecc.ma Corte Suprema se il giudice del merito possa disattendere i risultati del giuramento suppletorio omettendo di valutare ed adeguatamente motivare sugli altri elementi probatori acquisiti al processo integranti, secondo il giudice di primo grado, i presupposti necessari per il deferimento del detto mezzo di prova.

Dica la Ecc.ma Corte Suprema se disattendendo i risultati del giuramento suppletorio viola il disposto il disposto di cui agli artt. 2738 c.c. e 116 c.p.c..

4.1. – La doglianza è immeritevole di accoglimento.

4.2. – La Corte territoriale ha condivisibilmente ritenuto la palese inidoneità del giuramento suppletorio deferito al D.M. ai fini dell’assunzione della decisione di cui si trattava, avuto riguardo alla formula dello stesso: Giuro e giurando affermo essere vero che il N.O. ha prestato il consenso alla costruzione del viale in comune per cui è causa.

Tale formula, invero, nulla poteva aggiungere, sul piano della ricostruzione della vicenda in esame da parte del giudice del merito, agli elementi acquisiti, non illogicamente valutati, per quanto dianzi chiarito, come sufficienti alla formazione del proprio convincimento.

4.3. – Del resto, come esattamente rilevato dal controricorrente, il D.M. non si era tempestivamente doluto della erroneità della formula del giuramento a lui deferito, e nemmeno avrebbero potuto farlo gli attuali ricorrenti, suoi eredi, nella presente sede. Al riguardo, deve, qui, ribadirsi l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale l’accertamento, in concreto, della decisorietà della formula adottata rientra nell’apprezzamento di fatto del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione esente da vizi logici e giuridici, così come è incensurabile in sede di legittimità il mancato esercizio, da parte del giudice di merito, della facoltà di modificare la formula del giuramento, facoltà peraltro consentita solo per quanto attiene ad aspetti formali della formula stessa, al fine di renderne più chiaro il contenuto (v. Cass., sent. n. 24855 del 2006, n. 12779 del 2003).

5. – Resta assorbito dal rigetto dei primi due motivi di ricorso l’esame della terza censura, con la quale si lamenta l’omesso esame di un motivo di appello, relativo alla statuizione del tribunale di rigetto per mancanza di prova nel quantum della domanda attorea, motivo a sua volta ritenuto dalla Corte di merito assorbito per non essere stata fornita la dimostrazione della sussistenza dei presupposti costitutivi della responsabilità di cui all’art. 1337 cod. civ..

6. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste, in ossequio al principio della soccombenza, a carico dei ricorrenti in solido.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2200,00, di cui Euro 2000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 3 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

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