Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-10-2011) 02-12-2011, n. 44955 Responsabilità del medico e dell’esercente professioni sanitarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Massa in data 20.11.2006, con la quale M. P. veniva condannato alla pena di mesi uno di reclusione per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. ed alla pena di mesi tre di reclusione per il reato di cui alla L. n. 194 del 1978, art. 17, fatti commessi nel corso di un intervento di amniocentesi eseguito il 22.3.2004 sulla persona di P.M. quale medico in servizio presso l’Ospedale di (OMISSIS) in cooperazione colposa con la collega G.A., effettuando numero eccessivo di perforazioni, due delle quali praticate erroneamente in modo da perforare la parete intestinale e diffondere nel peritoneo e nella sacca amniotica batteri escherichia coli prelevati dall’ago nell’intestino, ed omettendo di diagnosticare tempestivamente la conseguente infezione placentare e di verificare il successivo decorso della paziente, cagionando alla stessa emoperitoneo, peritonite acuta diffusa, villite acuta del sacco amniotico, sepsi e coagulazione intravasale diffuse e, in conseguenza di ciò, l’interruzione della gravidanza della P..

La responsabilità dell’imputato era ritenuta sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e delle conclusioni peritali.

2. L’imputato ricorrente deduce:

2.1. violazione di legge in ordine alla ritenuta tardività dell’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Massa presentata dalla difesa all’udienza dibattimentale del 21.2.2006 per essersi il processo infettivo e l’interruzione di gravidanza verificate presso l’abitazione della P. in (OMISSIS) e presso l’ospedale di quella città, compresa nel diverso circondario del Tribunale di La Spezia, osservando che la circostanza emergeva unicamente in base alle dichiarazioni rese in quella sede dalle dichiarazioni delle testi P. e Mo. e comunque poteva essere rilevata officiosamente dal giudice di primo grado;

2.2. violazione di legge ed illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla prova della condotta contestata, lamentando che l’effettuazione di tre tentativi di perforazione, in luogo dei due previsti come numero massimo dai protocolli in materia, sia stata dedotta dalle sensazioni della persona offesa e dalle conclusioni di un perito non sufficientemente esperto trascurando le diverse dichiarazioni del M. e della G., e che a fronte delle incongruenze segnalate dalla difesa nella ricostruzione accusatoria siano state trascurate le ipotesi alternative della preesistenza dell’infezione rispetto all’intervento di amniocentesi e dell’origine delle perforazioni intestina li nell’intervento di laparoscopia successivamente eseguito presso l’Ospedale di (OMISSIS);

2.3. violazione di legge ed illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla prova del nesso causale fra la condotta e l’interruzione di gravidanza.

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso relativo all’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Massa è infondato.

Posto che la predetta eccezione deve essere proposta o rilevata d’ufficio subito dopo il compimento per la prima volta dell’accertamento della costituzione delle parti (Sez. 2, n. 4441 del 2.12.2008, irnp. Conte, Rv. 243276), e che nel caso di specie l’eccezione veniva indiscutibilmente sollevata oltre detto termine, la motivazione della decisione della Corte territoriale in ordine alla tardività della predetta eccezione è pienamente conforme alle risultanze degli atti e dai principi in materia. La tesi difensiva della tempestività della questione rispetto all’acquisizione di ulteriori elementi nel corso dell’istruttoria dibattimentale, dimostrativi dell’insorgenza del processo infettivo e del verificarsi dell’interruzione della gravidanza in (OMISSIS), contrasta invero con il principio della perpetuano jurisdictionis, per il quale il superamento della fase di apertura del dibattimento, senza che la competenza territoriale sia posta in discussione, rende irrilevanti successivi eventi istruttori di segno diverso rispetto a quelli precedentemente valutati nella fissazione della predetta competenza (Sez. 6, n. 33435 del 4.5.2006, imp. Battistella, Rv. 234347). Nè va peraltro sottaciuto che l’argomentazione della sentenza impugnata è per altro verso esente da censure di illogicità laddove rilevava che i dati conoscitivi attinenti allo sviluppo del fenomeno infettivo ed all’interruzione di gravidanza erano disponibili già dagli atti acquisiti nel corso delle indagini preliminari e non costituivano pertanto oggetto di nuova acquisizione in sede dibattimentale.

2. Infondato è altresì il motivo di ricorso relativo alla prova della condotta contestata.

Le incongruenze segnalate dal ricorrente nella ricostruzione posta nella sentenza impugnata a conferma della tesi accusatoria venivano invero in quella sede esaminate e coerentemente ritenute ininfluenti.

I giudici di merito evidenziavano invero in primo luogo come le dichiarazioni della P. fossero inequivoche nel descrivere la percezione di un dolore acuto durante il terzo tentativo di perforazione, e come la circostanza dell’effettivo verificarsi di una terza introduzione dell’ago fosse stata espressamente confermata dalle dichiarazioni testimoniali dell’infermiere Mo.. In questa prospettiva, la mancata perforazione della parete dell’utero veniva considerata compatibile con l’introduzione dell’ago in un percorso diverso da quello corretto, suggerita dal riferimento della P. ad un accenno del M., intervenuto per aiutare la collega G., sulla possibilità di "trovare un’altra via";

l’inidoneità della lunghezza dell’ago a raggiungere l’intestino retto era ritenuta superabile in considerazione della pressione esercitata sullo strumento; e l’assenza di batteri nella cavità peritoneale, constatata in sede di laparoscopia, era valutata come irrilevante in quanto rilevata dopo diverse ore di somministrazione di antibiotici ad ampio spettro, a fronte dell’accertata origine batterica del processo infettivo.

Anche le ipotesi alternative avanzate dalla difesa sull’origine dell’infezione venivano specificamente discusse e confutate con argomentazioni esenti da carenze logiche rilevabili in questa sede.

La possibilità che le lesioni alla parete intestinale fossero state cagionate nel corso della laparoscopia successivamente eseguita presso l’ospedale di (OMISSIS) veniva in particolare esclusa in base allo stato avanzato della peritonite, già rilevabile in quella fase, e dai rilievi del consulente tecnico sull’esclusiva compatibilità delle lesioni con gli aghi utilizzati per l’amniocentesi; e la prospettiva della preesistenza di un’infezione propagatasi attraverso le vie vaginali era ritenuta in concreto inipotizzabile per la ricorrenza della stessa in stati di gravidanza più avanzati rispetto a quello della P., nel quale la dimensione del collo dell’utero non consente il passaggio dei batteri, e per le buone condizioni di salute del feto riscontrate anche con l’accertamento ecografico prima e immediatamente dopo l’esecuzione dell’amniocentesi.

Quanto infine al profilo di colpa relativo alla mancanza di adeguati interventi nel periodo successivo all’amniocentesi, la correttezza del comportamento degli imputati veniva correttamente valutata con riferimento non al normale sviluppo dell’intervento, ma alle anomalie verificatesi nella specie nel corso dello stesso, che venivano motivatamente ritenute tali da imporre un prolungato trattenimento in osservazione della paziente.

3. Inammissibile è pure il motivo di ricorso relativo alla prova del nesso causale fra la condotta e l’interruzione di gravidanza.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il punto era sostanzialmente affrontato dalla sentenza impugnata laddove si evidenziava il limitato periodo temporale intercorso fra l’esecuzione dell’amniocentesi nella tarda mattinata del (OMISSIS) e l’espulsione del feto nelle prime ore del successivo (OMISSIS). Ma a parte questo, la sentenza di primo grado motivava ampiamente sul tema nell’osservare che una terapia adottata tempestivamente già dal giorno (OMISSIS) su una persona giovane e non soggetta ad altre patologie avrebbe contenuto le conseguenze lesive dell’infezione ed avrebbe evitato la morte del feto, come osservato dai consulenti tecnici.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese di costituzione difesa della parte civile in questo grado, che si liquidano in Euro 1.800 oltre accessori avuto riguardo all’impegno processuale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in favore della parte civile delle sue spese di costituzione e difesa, che liquida come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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