Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-10-2011) 02-12-2011, n. 44954 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.F., B.R., C.F., Ci.

S., F.M., P.A., Po.

V. e V.C.R. ricorrono avverso la sentenza 8.6.10 della Corte di appello di Milano con la quale, in parziale riforma di quella in data 3.7.09 del locale g.u.p., emessa a seguito di giudizio abbreviato per numerosi reati riguardanti gli stupefacenti – sia associazione che detenzione, trasporto e cessione di hashish e cocaina -, oltre che per tentata estorsione, detenzione e porto illegale di armi, di cui alle rispettive imputazioni, è stata ridotta la pena ad A. ad anni quattro, mesi quattro ed Euro 18.000,00 di multa; è stata rideterminata la pena a C., previa dichiarazione di inoperatività della recidiva specifica e reiterata e previo riconoscimento della prevalenza delle già riconosciute attenuanti generiche, in anni dodici di reclusione; per Ci. è stata rideterminata la pena, ritenuta la prevalenza delle già concesse; attenuanti generiche e la continuazione con i fatti di cui alla sentenza del G.u.p. di Milano del 13.1.09 (irr.le il 3.4.09), in anni undici e mesi sei di reclusione complessivamente;

a F., previa dichiarazione di inoperatività della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale e previo riconoscimento con il criterio della prevalenza delle già concesse attenuanti generiche, ritenuta la continuazione con i fatti di cui alla sentenza del Tribunale di Milano 27.11.07 (irr.le il 21.3.08), è stata rideterminata la pena in complessivi anni quattordici di reclusione;

a P., previo riconoscimento della continuazione con il fatto di cui alla sentenza della Corte di appello di Milano del 21.1.09 (irr.le l’8.3.09), la pena è stata rideterminata in complessivi anni quattordici di reclusione ed Euro 100.000,00 di multa; a V., previa dichiarazione di inoperatività della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale e previo riconoscimento con il criterio della prevalenza delle già concesse attenuanti generiche, è stata rideterminata la pena in anni otto di reclusione.

Deduce la difesa di A.F. – dichiarato colpevole del reato sub E (artt. 110 e 81 cpv., art. 73 L.Stup.), limitatamente agli episodi del (OMISSIS), violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per avere i giudici ritenuto la compartecipazione dell’ A., quale destinatario finale dello stupefacente trasportato da (OMISSIS) – risultando corrieri nella prima occasione il P. ed il Po., poi arrestato perchè trovato in possesso di 6 kg di hashish, e nel secondo episodio ancora il P. e tale M. – sulla base dello scambio di alcuni SMS tra A. e S.F. (coimputato non ricorrente), del contenuto delle conversazioni captate tra i due considerati, unitamente al tenore delle conversazioni intercorse tra quest’ultimo e il P. e alle modalità dei viaggi finalizzati alla consegna della droga sulla linea (OMISSIS), elementi di responsabilità anche perchè il predetto ricorrente in due occasioni era stato sorpreso a bordo della vettura Fiat Multipla, di proprietà di tale H.Y., dotata di capiente doppio fondo individuato dai cani antidroga come possibile ripostiglio per occultare stupefacenti.

Senonchè – assume la difesa – era assurdo ritenere, in assenza di altri elementi investigativi, che un mero scambio di SMS, dal contenuto: "Domani, OK…sei pronto per l’ora di cena", potesse costituire prova di responsabilità nel contesto dei più ampi rapporti tra i protagonisti del trasporto della droga sequestrata al Po. il 15.10.07, in assenza della partecipazione dell’ A. alle conversazioni intercorse tra S., P. e Po.: al più, poteva trattarsi di reati tentati e – si sostiene con un ulteriore motivo – in maniera irragionevole e contraddittoria era stata negata l’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, L.Stup.; una ulteriore diminuzione della pena e la prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche, oltre che i doppi benefici di legge. Il difensore di B.R. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) osservando come in relazione al reato di cui al capo E il coimputato Po. fosse già stato assolto in primo grado, per cui, escluso che in occasione dell’incontro dell'(OMISSIS) tra il ricorrente ed il Po. vi fosse stata alcuna consegna di droga, era contraddittorio ritenere – come aveva fatto la Corte milanese – che il B. fosse il corriere di S., giunto appositamente per ritirare la droga, finendo con l’affermare che in tale occasione il B. avrebbe ritirato la droga e sarebbe ripartito per (OMISSIS).

Ad analoga conclusione doveva pervenirsi – secondo la difesa – con riferimento all’episodio di presunto trasporto e cessione di droga del 22.10.07, a carico del B. essendo risultato solo un SMS inviatogli dal S. con il quale veniva indicata una località di (OMISSIS) ("(OMISSIS)") dove il B. si sarebbe dovuto recare – secondo i giudici – per ritirare la droga dal P. per conto del S., oltre al contenuto di una conversazione del (OMISSIS) interpretata nel senso che il B. sarebbe stato avvisato che il P. era in procinto di recarsi a (OMISSIS) per la consegna della droga.

Senonchè, se B. fosse stato interessato all’arrivo del P., traccia telefonica si sarebbe dovuta avere tra il B. e S. successivamente all’aver questi appreso da P. stesso della sua venuta a (OMISSIS) il successivo 22.10.07, ma ciò non era stato, per cui il "(OMISSIS)" a cui si era riferito il S. ben poteva essere altri, considerato che A. era stato allertato dal S. proprio il (OMISSIS) – come osservato nella sentenza impugnata – a mezzo Sms ("6 pronto per l’ora di cena?") proprio pochi minuti dopo avere il S. appreso da P. che quest’ultimo stava per recarsi a (OMISSIS).

Gli elementi indiziari a carico del B. – concludeva la difesa – non potevano pertanto dirsi gravi, univoci e concordanti e la sentenza, illogica e contraddittoria, doveva quindi essere annullata.

Il difensore di Ci.Sa. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione alla affermazione di responsabilità per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1970, art. 74, essendosi la Corte di appello limitata ad una pedissequa riproposizione dei motivi già enucleati dal primo giudice, laddove i riscontri circa la esistenza del presunto sodalizio criminale dedito all’attività di spaccio e a cui avrebbe partecipato anche il Ci. erano evanescenti, consistendo principalmente nel contenuto di conversazioni telefoniche intercettate ed in servizi di osservazione, laddove era apparso evidente che i rapporti tra il ricorrente e gli altri soggetti coinvolti nella vicenda erano da inquadrarsi nell’ambito di un semplice concorso di persone nel reato, trattandosi di rapporti tra vari spacciatori concorrenti in tale attività ed essendo la condotta del Ci. di detenzione e spaccio circoscritta all’arco temporale compreso tra gli inizi di ottobre e quelli di dicembre del 2007, senza che fosse stato fornito alcun elemento sia in ordine alla affectio societatis che riguardo al pactum sceleris tra il prevenuto e gli altri coimputati, avendo il Ci. avuto pochissimi contatti telefonici con questi ultimi, limitandosi alla attività di spacciatore da strada.

Si lamenta poi la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, L.Stup. e quella di cui all’art. 74, comma 6, L.Stup., sussistendone tutti i presupposti applicativi, essendosi comunque trattato di cessioni di piccole quantità di stupefacenti, il cui grado di purezza non era stato accertato, poste in essere da soggetto non professionista che allo scopo aveva utilizzato "mezzi di fortuna".

Anche con riferimento ai reati di cui ai capi G1 e G2 la difesa ha dedotto violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), avendo la Corte di merito riproposto anche sul punto i motivi già enucleati dal primo giudice, consistendo la prova del fatto estorsivo unicamente nelle dichiarazioni della parte lesa Z., prive di riscontri e palesemente inattendibili, laddove il Ci. ed il coimputato F. avevano concordemente e logicamente evidenziato che intento del F. era stato solo quello di invitare Z. a tacere sulla pregressa relazione con S.V..

C.F. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con riferimento alla ritenuta responsabilità per il reato di cui all’art. 74, L.Stup., assumendo che la qualificazione giuridica dei fatti andava inquadrata nell’ambito dell’art. 110 c.p., coloro che ponevano in essere attività di spaccio avendo perseguito un fine utilitaristico e personale, inconciliabile con gli elementi costitutivi della fattispecie contestata che impone agli associati di agire per la realizzazione del superiore interesse dell’associazione.

Peraltro – conclude il ricorrente – la dichiarazione di inoperatività della recidiva presupponeva che la Corte avesse ritenuto una scelta di vita obbligata quella di reiterazione del reato ascrittogli, considerato il quartiere in cui viveva, ed inoltre era illogico ritenere raggiunta la prova sulla considerazione dei diversi contatti telefonici avuti con il presunto capo Ca.

M., considerato che essi erano giustificati dal rapporto di parentela e dal fatto che pochi giorni prima era stato ucciso un prossimo congiunto.

F.M., a mezzo del proprio difensore, con riferimento al reato associativo sub A deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), assumendo che se fosse effettivamente stato un luogotenente di Ca.Ma., il Ci. non si sarebbe preoccupato con il F., il (OMISSIS) allorchè era scomparsa una partita di droga, che non ne venisse a conoscenza il Ca..

Inoltre – prosegue la difesa – F. mai aveva subito atti investigativi – come invece altri coimputati – relativi ad acquisti o cessione di sostanze stupefacenti, nè era stato indicato dagli acquirenti, per cui era contraddittorio ritenerlo associato – come aveva fatto la Corte milanese – sulla base di una asserita suddivisione logistica e di una certa autonomia che portava i partecipanti a non necessariamente conoscersi tra di loro, per cui al più il F. poteva essere ritenuto concorrente con il Ca., non certo un suo luogotenente e in posizione di supremazia rispetto al Ci., quest’ultimo ritenuto mero partecipe e beneficiato di una pena inferiore, che anche al F. avrebbe dovuto essere ridotta, dal momento che la concessione delle attenuanti generiche con il criterio della prevalenza era stata "soffocata" incomprensibilmente dalla ritenuta "consistenza delle aggravanti".

P.A., a mezzo del proprio difensore, ha dedotto violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) assumendo la manifesta illogicità della motivazione sulla considerazione che i criteri utilizzati dalla Corte territoriale per ritenere realizzate le singole transazioni illecite (successione di telefonate per la fissazione di incontri, uso di espressioni quali "tutto a posto", "sto tornando", l’uso di certa terminologia criptica) si erano rivelati talvolta fallaci sulla base di verifiche effettuate sul "campo", dal momento che i successivi controlli avevano dato esito negativo e alla fissazione di appuntamenti era seguita attività di OCP con esito negativo quanto all’ipotesi che si trattasse di incontro finalizzato allo scambio, come era avvenuto il (OMISSIS) allorchè, fissato un appuntamento tra P. e Ca. per il giorno seguente, non era seguita alcuna consegna, come pure per l’episodio del (OMISSIS) (capo C1) e per quello del (OMISSIS) (capo C1).

Era pertanto illogico ritenere, come aveva fatto la Corte di appello, che – pur in assenza di alcun gesto di consegna ed occultamento notato dagli operanti in dette circostanze – la prova fosse di carattere logico, per essere la brevissima durata dell’incontro compatibile solo con una rapida consegna, e lo stesso era da ritenere per gli episodi del (OMISSIS) (capo C1) allorchè P. e Ar.Ga. (coimputato non ricorrente) si erano limitati ai saluti; del (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo C1) e dell'(OMISSIS) (capo C4), nel corso dei quali vi erano stati incontri tra P. e S. da un lato e tra Po. e B. dall’altro, senza tuttavia che gli operanti avessero potuto notare scambio alcuno.

Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione agli artt. 81 cpv. e 133 c.p. in quanto, pur essendosi concluse le cessioni di P. in un arco temporale inferiore ai tre mesi, a fronte di acquisti e commercializzazione di stupefacenti contestati agli associati per un periodo di un anno, era stata applicata a carico del ricorrente, in continuazione con il fatto-reato ritenuto più grave di cui al capo C1, la pena di anni nove di reclusione, irragionevolmente superiore a quella irrogata, a titolo di continuazione, agli altri imputati.

Il difensore di Po.Vi. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 73, L.Stup., con riferimento al fatto di reato verificatosi il 18.9.07, ritenuto accertato dai giudici di merito in considerazione che il successivo (OMISSIS) il Po. era stato arrestato nel territorio di Bergamo mentre trasportava alcuni kg di hashish, non essendo legittimamente prospettabile la sussistenza del fatto di reato in questione per "analogia" con altro fatto di reato, utilizzando lo stupefacente sequestrato in tale seconda occasione per "collocarlo" sulla Fiat Bravo del Po. il 18.9.07.

Il difensore di V.C.R. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ritenendo incongrua, mancante e contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata, illogico essendo l’assunto secondo cui una serie di telefonate, effettuate per un periodo di soli tre mesi, costituirebbe principio di prova della responsabilità dell’imputato, essendo le stesse del tutto insufficienti a dar conto delle finalità e del contenuto delle conversazioni, solo una intercettazione dimostrando il coinvolgimento del V. nell’attività di spaccio, ma non le altre, in assenza anche di esiti dei servizi di osservazioni svolti dalla p.g. sul territorio; di risultanze obiettive di perquisizioni e di dichiarazioni testimoniali.

Si era trattato quindi – conclude la difesa – di deduzioni logiche acrobatiche, opinabili e del tutto soggettive, mentre la chiamata in correità operata da Am.Wi. era inidonea a dimostrare l’inserimento del V. nell’associazione criminosa, potendo solo valere a dimostrare il contributo dato al primo nell’attività di spaccio.

Osserva la Corte che i ricorsi sono infondati.

Con motivazione congrua, che ha dato conto delle risultanze istruttorie e che ha operato una ricostruzione esauriente degli avvenimenti che hanno interessato tutti gli imputati (diversi dei quali non ricorrenti), la Corte milanese ha adeguatamente vagliato gli elementi di responsabilità degli odierni ricorrenti sia con riferimento alla struttura associativi operante principalmente nella zona di (OMISSIS) per lo spaccio in prevalenza di cocaina, che ai singoli episodi di spaccio e agli altri reati (estorsione, detenzione e porto illegale di armi) di cui ai capi G1 e G2.

Le investigazioni – hanno evidenziato i giudici di appello -, eseguite attraverso intercettazioni telefoniche e osservazioni, anche con l’uso di cineprese, nonchè perquisizioni in prevalenza a carico di acquirenti di sostanze stupefacenti e sequestri di droga, compendiate nell’informativa conclusiva di p.g. 11.4.08 della 7A Sezione narcotici della Squadra Mobile di Milano, nella zona denominata dei "paletti", sita tra piazzetta (OMISSIS), la zona di (OMISSIS) ed il parchetto circostante, hanno permesso di appurare una intensa attività di spaccio che avveniva con la pronta consegna agli acquirenti (descritti in rigorosa fila per ricevere lo stupefacente) della droga suddivisa in pacchetti da dieci dosi.

Era tale la richiesta di droga che nonostante l’arresto di diversi spacciatori a partire dal luglio del 2007, l’organizzazione risultata capeggiata da Ca.Ma. (nei cui confronti si è proceduto separatamente) provvedeva immediatamente al rimpiazzo degli arrestati, tra i quali – per quel che qui interessa – F. M. (arrestato il 18.11.07) e Po.Vi. (arrestato il 15.10.07), risultato legato a P.A. e sorpreso in possesso di 6 kg di hashish che stava trasportando a (OMISSIS) per consegnarlo a S.F., nonchè dello stesso P., avvenuto il 16.11.07, sorpreso con hashish, tre cellulari – di cui due con schede intercettate – ed oltre 1 kg di cocaina con un grado di purezza dell’85-89%, appena ritirata, dopo un servizio di osservazione originato da una conversazione telefonica in cui il P. aveva avvisato l’interlocutrice L. C. che stava rientrando a casa, oltre a 30.000,00 Euro in contanti rinvenuti all’interno della sua abitazione.

Erano poi seguiti altri arresti, tra cui quelli di B.R. (la cui stazza fisica ben giustificava – hanno rimarcato i giudici – l’appellativo di "(OMISSIS)" cui si faceva riferimento nelle telefonate), in data 17.1.08, a (OMISSIS), trovato in possesso di 95 gr. di cocaina, hashish e denaro, e di Ci.Sa., il 19.4.08, mentre, tramite l’utilizzo di videoregistrazione, era stato possibile anche individuare i nascondigli dello stupefacente, procedendo al relativo sequestro: in particolare, il 13.10.07, sotto un albero in (OMISSIS), erano state sequestrate sette dosi di cocaina, fatto che aveva provocato lo sconcerto di Ci.

S. che era stato osservato dalla p.g. mentre cercava la droga scomparsa, ed il (OMISSIS) erano state sequestrate altre undici dosi di cocaina con analogo sconcerto di F.M. e del Ci., il quale si era poi preoccupato telefonicamente che non venisse comunicata a Ca.Ma. la notizia della scomparsa della droga. A corroborare tali emergenze probatorie vi sono poi state le dichiarazioni di S.G. che, arrestato in (OMISSIS) con dieci confezioni di cocaina, ha ammesso di essere stato reclutato una settimana prima, per spacciare pacchetti da dieci dosi, da G.N., componente della "batteria" di C., aggiungendo che era la famiglia Ca. a tenere le fila del traffico di droga nella zona; di Am.Wi., il quale ha affermato di aver operato lo spaccio in (OMISSIS) quale venditore di pacchetti di undici confezioni di cocaina, assieme, tra gli altri, a V.C. (detto J.), e di avere intrattenuto rapporti con C.F., che era solito mandare i ragazzi in (OMISSIS) e che talvolta passava sul posto per sovrintendere all’attività di spaccio preoccupandosi di ovviare alle eventuali inefficienze che riscontrava, allorchè, ad esempio, alla presenza di clienti non corrispondeva quella degli spacciatori.

Oltre a ciò – hanno evidenziato ancora i giudici milanesi – Ca.Fr. (imputato non ricorrente), pur negando di essere il custode della cocaina, ha ammesso che in tale illecita attività era coinvolto il nipote C., mentre in sede di spontanee dichiarazioni rese nel giudizio abbreviato, lo stesso C. ha parzialmente ammesso i fatti contestatigli, sostenendo di aver agito per bisogno, mentre il F. ha ammesso alcune conoscenze.

Così ricostruito il quadro probatorio alla luce degli elementi di reità compiutamente valorizzati ed analizzati, i giudici del merito hanno dato adeguatamente conto della esistenza ed operatività di una associazione dedita allo spaccio sistematico di droga nella zona di (OMISSIS), essendosi trattato di una attività organizzata posta in essere attraverso disponibilità di schede SIM, intestate anche a terze persone, fisiche e giuridiche; con l’utilizzo di un linguaggio di sicura comprensione tra gli interlocutori, cui seguivano acquisto, ritiro e pagamento dello stupefacente; con la divisione dei compiti tra i partecipi, alcuni dei quali addetti alla custodia delle dosi da spacciare, altri alla raccolta dei pagamenti, altri ancora alla consegna delle dosi ovvero al controllo del territorio ed al rifornimento di cibo e bevande per gli spacciatori operanti sulla piazza, il tutto sotto l’egida di un capo indiscusso ( Ca.Ma.), supportato da diversi "luogotenenti", "caporali" e "cavallini" in grado anche di provvedere alle sostituzioni dei partecipi in caso di arresto o di loro eccessiva stanchezza, e comunque ognuno a conoscenza del compito spettantegli e di quello che spettava agli altri componenti il gruppo, sia in ordine alla provenienza dei quantitativi di droga da smerciare, anche attraverso singoli spacciatori, sia in ordine alle condotte dei singoli dai quali lo stupefacente doveva pervenire ai diversi acquirenti.

Significative, a tal fine, sono risultate – ha sottolineato la Corte di merito – alcune conversazioni in cui l’interlocutore ( C. nella telefonata del (OMISSIS) e Ci. in quella del 19.10.07) si mostrava orgoglioso della propria attività e del buon andamento degli affari da parte di un’organizzazione che poteva disporre di armi – sequestrate in numero di tre pistole modificate con relativo munizionamento e risultate detenute per conto della famiglia Ca. su richiesta, quanto meno in una occasione, di C.F. che si era attivato, subito dopo i frequenti controlli della polizia a seguito dell’omicidio di Ca.

F., per avvisare Ca.Ma. recandosi poi a verificare sul posto la mancanza delle armi rinvenute dalla polizia – adoperate anche in occasione della perpetrazione, ad opera di F. e Ci., dell’attività estorsiva compiuta ai danni di Z.S. e della sua famiglia, nell’ambito del controllo criminale da esercitarsi nella vita del quartiere, con esplosione all’indirizzo di Z. e di Co.An. di numerosi colpi di arma da fuoco.

Del tutto legittimamente, poi, è stata negata l’invocata attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, come pure quella di cui all’art. 73, comma 5, cit. D.P.R., trattandosi di attività capillarmente organizzata e diretta ad un numero considerevole di tossicodipendenti, posta in essere in modo continuativo e con un penetrante controllo territoriale, a nulla rilevando che lo spaccio avesse ad oggetto quantitativi ridotti di stupefacente, trattandosi di spaccio al minuto che vedeva a monte l’approvvigionamento di quantitativi ben più consistenti.

Anche con riferimento ai reati sub C1, C2, C3, C4, C5 ed E, hanno i giudici territoriali non certo illogicamente tratto le prove della responsabilità di A., B., P. e Po., dalle conversazioni telefoniche intercettate – delle quali i difensori dei ricorrenti hanno proposto in questa sede una lettura alternativa ed ipotetica che non può trovare ingresso -, il cui contenuto, alla luce dell’accertato modus operandi degli imputati e degli accordi intercorsi tra gli stessi, correttamente è apparso di univoca interpretazione – nel senso che oggetto specifico degli accordi era il traffico di stupefacenti – tanto da trovare un riscontro evidente in occasione del controllo che ha portato al sequestro della droga da consegnare ad A., cioè dei 6 kg di hashish sequestrati al Po., laddove inoltre nella vettura risultata in uso anche ad A. è stato scoperto, con l’ausilio dei cani antidroga, un doppiofondo utilizzato per occultare sostanza stupefacente. Nell’occasione dell’arresto del Po., il P. è risultato fungere da "staffetta" della vettura del primo, previo accordo con S., destinatario dello stupefacente il quale aveva avvisato l’ A. con un SMS del perfezionamento dell’operazione per il giorno successivo ("domani"), ricevendo in risposta un eloquente "OK".

Le successive conversazioni intercettate davano conto dell’insuccesso dell’operazione del (OMISSIS) concernente il trasporto di stupefacente, tanto che – hanno osservato i giudici – P. era stato invitato dal fratello a "stare fermo un attimo", ed in ragione di ciò la successiva consegna di droga era avvenuta il (OMISSIS), da parte del P. in quel di (OMISSIS) a persona che aveva sostituito il Po., con le stesse modalità del trasporto precedente, preceduto anche in questa occasione da contatti tra P. e S. nel corso dei quali quest’ultimo aveva informato l’interlocutore della necessità della conferma da dare ad un’altra persona tramite SMS il giorno precedente l’operazione ed infatti, dopo che P. aveva comunicato a S. che sarebbe giunto a (OMISSIS), questi aveva avvisato A. con un SMS ("6 pronto x l’ora di cena?"), ora dell’effettivo arrivo del P. a (OMISSIS), elemento correttamente ritenuto dai giudici inequivoco della volontà di conclusione dell’accordo, con conseguente non configurabilità dell’ipotesi del tentativo, anche alla luce della conversazione tra A. e S., avvenuta dopo il verificarsi dei fatti, e relativa alla preoccupazione manifestata dall’odierno ricorrente che sulla sua vettura fosse stato installato un rivelatore GPS, correttamente interpretata dai giudici di merito come confermativa della consapevolezza dell’ A. di svolgere attività illecite come tali possibili oggetto di indagini penali.

Quanto al trattamento sanzionatorio, le doglianze della difesa sul punto sono generiche e peraltro la Corte di appello ha compiutamente motivato circa la mancata prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche e la non configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, L.Stup. B.R., identificato nel "(OMISSIS)" di cui alle conversazioni telefoniche intercettate sia per la sua stazza fisica inconfondibile – hanno osservato i giudici territoriali -, sia perchè dopo i riferimenti telefonici al "(OMISSIS)" nel corso dei colloqui tra P. e S., la polizia era intervenuta identificandolo, in (OMISSIS), assieme al Po., cioè al corriere della droga per conto del P., l'(OMISSIS), per poi fare rientro a (OMISSIS) lo stesso giorno e di nuovo ripartire, in giornata per (OMISSIS), incontrarsi in nottata con P. e fare rientro a (OMISSIS) nel pomeriggio del 5.10.07, non è risultato (con riferimento all’imputazione sub E) aver realizzato le affermate compravendite di tartufi, prodotto del quale non aveva mai avuto la disponibilità, quanto appunto essersi incontrato, una volta giunto a (OMISSIS), alle ore 16,15 con Po., incontro preceduto da contatti telefonici ed incontri tra P. e S., il quale era anch’egli presente a (OMISSIS) ed alle ore 15,33 aveva informato la sua compagna di non aver ancora incontrato l’uomo che stava aspettando, per poi avvisarla che quest’ultimo lo aveva contattato da una cabina telefonica e dirsi preoccupato perchè aveva deciso autonomamente dove andare, mentre B. aveva chiamato da un telefono pubblico di (OMISSIS) dicendo di essere al bar "dove era l’ultima volta con W.".

Non certo illogicamente, pertanto, i giudici territoriali, anche alla luce del linguaggio, da una parte di copertura ("mangiare") e dall’altro significativo di pregressi stretti rapporti, di pronta intellegibilità, e di quanto detto dal S. alla compagna: "Se succede qualcosa per colpa sua…lui non sa neanche a cosa va incontro", sono pervenuti alla conclusione che S. aveva utilizzato il B. proprio per il lavoro più rischioso, per entrare cioè in possesso della droga procuratagli dal fornitore P., tramite proprio il Po. assieme al quale – come già rilevato – il B. era stato controllato dalla polizia, sia pure con esito negativo (tanto che da tale imputazione il Po. è stato assolto per non aver commesso il fatto) alle ore 16,15 dell’1.10.07, circostanza che non poteva però di per sè rilevare positivamente per il B. il quale non necessariamente in tale occasione era venuto in possesso della droga oggetto del preventivo accordo, tenuto anche conto che Po. sarebbe poi stato arrestato il successivo 15 ottobre, con la conseguenza che S., alle ore 11,40 del 20.10.07, aveva informato B. che P. lo avrebbe contattato per "fargli sapere qualcosa" ed infatti il (OMISSIS) era avvenuta la consegna di un’ulteriore partita di hashish da parte di P. a S., avvenuta tra le ore 20 e le 21 in prossimità della strada per (OMISSIS), come era risultato dalle conversazioni telefoniche intercettate dalle quali era emerso che la consegna era stata effettuata da P., con l’ausilio di certo M., al S. che si era avvalso del B. al quale con un perentorio SMS delle ore 19,45, aveva indicato il luogo dell’incontro (" (OMISSIS)"), località di (OMISSIS) dove era avvenuta la consegna, dopo la quale P. e M., come era risultato dalle conversazioni intercettate – hanno evidenziato ancora i giudici del merito – avevano intrapreso il viaggio di ritorno da (OMISSIS), confermando poi a tarda notte il P. a S. l’avvenuto rientro senza problemi.

Del pari, del tutto logicamente, con riferimento al reato sub C4, la Corte milanese ha ritenuto la responsabilità di Po.

V. per la cessione a S. ed A. di un quantitativo di 5-6 kg di hashish, sulla base delle risultanze di cui alle conversazioni telefoniche e ai servizi di osservazione (oltre che alle analogie con l’episodio del (OMISSIS) che ne aveva determinato l’arresto), essendo emerso che P. e Po. avevano preso accordi sui tempi, sulla partenza e sulla strada da seguire, si erano consultati sui rifornimenti da effettuare ed avevano proceduto in staffetta, mentre P. prendeva a sua volta, subito dopo i colloqui con Po., accordi con S., (dicendosi "a posto"), che li attendeva, finalizzati all’incontro in quel di (OMISSIS), a seguito del quale e dopo la consegna, avvenuta nel luogo convenuto, vi era stata altra conversazione del seguente tenore: "Tutto bene…stiamo già tornando a casa", oltre ad una serie di altre telefonate nel viaggio di ritorno da (OMISSIS) correttamente ritenute dai giudici – anche in considerazione di assenza di valide spiegazioni alternative – significative del buon esito dell’operazione, tanto che nei giorni seguenti vi erano stati altri contatti tra P., Po. e S. a seguito dei quali A. si era recato a (OMISSIS) e la sua autovettura, sottoposta a controllo, era – come più sopra rilevato – risultata dotata di doppiofondo per l’occultamento di stupefacente. Tutti gli elementi sin qui evidenziati sono stati perspicuamente ritenuti dai giudici territoriali indicativi di chiara responsabilità di P. A. in ordine ai reati ascrittigli ai capi da C1 a C5, essendosi rimarcato, non certo arbitrariamente, come sostenuto dalla difesa, quanto sulla base delle conversazioni telefoniche intercettate;

dell’utilizzo di un linguaggio "coperto" ("E’ arrivato coso, lì?…vedi che sta arrivando", "si tratta del nipote…", "no, andrà un’altra persona", "allora per domani?", "per domani forse si"), non altrimenti spiegabile – nè spiegato dall’interessato – se non nell’ottica di occultare la reale finalità delle conversazioni, avvenute tra soggetti che operano nell’ambito degli stupefacenti e nel corso delle quali gli interessati si informavano finanche sui minuti necessari al buon esito delle operazioni riferendo anche delle lamentele circa la qualità dello stupefacente ("un paio di persone sono tornate indietro); dei servizi di osservazione effettuati anche in contemporanea con le intercettazioni e dei sequestri eseguiti il (OMISSIS) (quest’ultimo a carico di F. R., al quale il P. aveva nei giorni precedenti ceduto stupefacente, come era risultato dai servizi di osservazione e dalle intercettazioni dei colloqui telefonici tra i due, venendo il F. nell’occasione tratto in arresto perchè trovato in possesso di 240 grammi di cocaina, all’interno del proprio domicilio, con una percentuale di principio attivo tra l’87 e il 91%), che egli era attivo contemporaneamente nell’ambito di due filoni di traffico di droga: uno, concernente l’hashish, sull’asse (OMISSIS) (capi C4 e C5) e l’altro riguardante la cocaina in (OMISSIS) (capi C1, C2, C3), fino al suo arresto avvenuto in flagrante detenzione di cocaina.

Quanto al trattamento sanzionatorio nel rideterminare la pena i giudici di appello hanno peraltro legittimamente rimarcato la gravità dei fatti, per la qualità e la quantità della sostanza di volta in volta trattata, l’abitualità del comportamento criminoso e la vicinanza del P. al Ca., correttamente valutando, in applicazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p., la pena base e gli aumenti a titolo di continuazione anche con riferimento alla personalità dell’imputato e alla gravità dei precedenti penali, per cui anche sul punto l’impugnata sentenza si presenta immune da censure.

Si è già detto della congruità della motivazione con riferimento al reato associativo, tutt’altro che evanescenti – come invece dedotto dalle difese dei ricorrenti – essendo risultati gli elementi a carico di Ci.Sa., C.F., F. M. e V.C.R., nè potendo essere i loro comportamenti sussumibili sotto la previsione normativa di cui all’art. 110 c.p., come riduttivamente proposto dai difensori.

C.F., cognato di Ca.Fr., è risultato infatti, dai diversi servizi di osservazione ed intercettazione cui è stato sottoposto, aver effettuato, per conto di Ca.Ma., del quale era alle dirette dipendenze con il ruolo di "luogotenente", attività di direzione e coordinamento dei giovani spacciatori di cocaina, oltre alla raccolta del denaro e all’organizzazione dei turni di spaccio, anche serali e notturni, e al reclutamento di giovani "cavallini", tra i quali Am.Wi. (detto Wi.) che ne ha confermato il ruolo nell’organizzazione. Lo stesso C. ha poi reso dichiarazioni confessorie circa la sua attività di spaccio, pur presentandola come svolta in autonomia, ma – ha evidenziato la Corte territoriale – proprio dalle conversazioni intercettate e dai risultati delle osservazioni di p.g. era emerso appunto il ruolo di "luogotenente" del predetto, cui era demandato dal Ca.Ma. il compito di impartire disposizioni, prendere decisioni e raccogliere denaro, a riprova della assoluta fiducia in lui riposta dal Ca. e del suo ruolo apicale nell’organizzazione.

La partecipazione di Ci.Sa. all’associazione in discorso è risultata provata – hanno ancora osservato i giudici milanesi – dal contenuto delle conversazioni intercettate, che hanno trovato conferma nei risultati dei servizi di osservazione, da cui è emerso che il Ci. era il "braccio destro" di F. M., con il compito di coordinare, anche con riferimento alla raccolta di denaro, lo spaccio nella zona di (OMISSIS), e di rifornire gli acquirenti, facendo al riguardo la spola tra i luoghi di occultamento dello stupefacente e la piazza dove avveniva lo spaccio, il tutto fino al suo arresto avvenuto il 19.4.08 che aveva portato al sequestro di 3.260,00 Euro e di 48,2 grammi di cocaina, idonei al confezionamento di 51 dosi singole, condotta finalizzata dunque al buon funzionamento dell’associazione, di carattere continuativo e che interessava un intero quartiere ( (OMISSIS)), di talchè del tutto legittimamente è stata esclusa dai giudici la configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, L.Stup., con riferimento all’attività di spaccio di cui al capo B, e quella di cui all’art. 74, comma 6, L.Stup. con riferimento alla associazione di cui il Ci. era partecipe.

Quanto all’episodio estorsivo di cui ai capi G1 e G2, esso è risultato provato – hanno osservato i giudici territoriali – dalle dichiarazioni delle parti lese, la cui attendibilità è adeguatamente motivata, corroborate da quelle dei testi I. e Ga. e ad analoghe conclusioni è correttamente pervenuta la Corte di merito anche con riguardo alla posizione, per detti reati, di F.M., che ha agito in concorso con il Ci. e che, quanto al reato associativo, è stato raggiunto da chiari elementi a carico rinvenibili, anche nel suo caso, sulla base dei risultati dei servizi di osservazione e delle disposte intercettazioni telefoniche, da cui è emersa non solo la sua attiva partecipazione alla vita dell’associazione capeggiata da Ca.

M., ma il suo ruolo di vertice, essendo risultato il luogotenente di fiducia di questi, con la responsabilità della zona di (OMISSIS) e con il Ci. alle proprie dipendenze, con l’incarico di coordinare e dirigere l’attività di detenzione, trasporto e spaccio dello stupefacente, oltre che della ricezione del denaro, venendo in tale veste anche osservato e videoripreso dalla polizia in servizi di appostamento e risultando poi – hanno infine osservato i giudici di appello – sostanzialmente confesso con riferimento al reato sub B. Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte di merito, ha ritenuto inoperante la recidiva ed ha concesso al F. le attenuanti generiche con il criterio della prevalenza, in considerazione della giovane età dell’imputato all’epoca dei fatti, giustificando la non operatività nel massimo della riduzione di pena ex art. 62-bis c.p. sulla considerazione, adeguatamente espressa, della "consistenza delle aggravanti effettivamente sussistenti".

Quanto, infine, alla posizione di V.C.R., adeguatamente la sua responsabilità per il reato associativo sub A e per quello sub B è stata ritenuta sulla base delle numerose conversazioni intercettate, da cui è emerso che egli agiva per conto dell’organizzazione sotto la direzione di C.F., predisponendo le presenze degli spacciatori in (OMISSIS) e in (OMISSIS) e riscuotendo la fiducia del C. che su di lui faceva affidamento e al quale manifestava i propri risentimenti per la scarsa affidabilità di altri, tanto da esserne avvisato in occasione dell’arresto di altri componenti il gruppo, impartendo quindi al V. stesso l’ordine di attivarsi per evitare sequestri da parte della Digos.

Del tutto illogiche sono poi risultate – ha rimarcato la Corte di appello – le spiegazioni fornite dal V. circa il contenuto delle conversazioni intercettate ed il linguaggio usato, asseritamene riferito a compravendite di pasticcini o a denaro relativo a prestiti per pagare il dentista o per ricariche di telefoni cellulari ovvero per la Playstation, laddove Am.Wi., nell’ammettere di essere stato dalla metà del mese di ottobre del 2007 fino all’arresto avvenuto il (OMISSIS) un venditore di droga in (OMISSIS), ha aggiunto di aver operato anche con il V. e tale affermazioni del tutto correttamente sono state ritenute di riscontro agli altri elementi già considerati in base ai quali è risultata la partecipazione del V. all’organizzazione in argomento per un tempo di almeno tre mesi, durante il quale il medesimo ha avuto modo di svolgere sia l’attività di spaccio accertata nei giorni 12, 13, 17 e 28.9.07, sia di rivestire incarichi di responsabilità con riferimento all’approvvigionamento di stupefacente e alla raccolta del denaro dai vari acquirenti.

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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