Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-10-2011) 02-12-2011, n. 44952 Persona offesa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Q.F. e M.D. ricorrono avverso la sentenza 25.6.09 della Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto che ha confermato quella in data 28.3.06 del Tribunale di Taranto con la quale sono stati condannati ciascuno, per il reato di cui agli artt. 110 e 611 c.p. – così qualificato il fatto originariamente contestato come integrante il reato ex artt. 110, 56 e 629 c.p. -, in concorso con la contestata recidiva, alla pena di mesi quattro di reclusione.

M. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) a motivo della illogicità dell’affermazione di responsabilità in assenza di prove atte a confortare l’assunto accusatorio o di indizi caratterizzati da precisione, gravità e concordanza.

Quarto deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per essere il giudizio di responsabilità basato sulle affermazioni della parte offesa, M.L., all’epoca detenuto con il Q. presso la Casa circondariale di Taranto, che aveva riferito delle minacce di morte per costringerlo, una volta uscito dal carcere in permesso, a recarsi da persona di fiducia del Q. per ritirare sostanza stupefacente.

Erano però assenti, secondo il ricorrente, riscontri esterni alle affermazioni della p.o., essendosi rivelati inesistenti i riferiti episodi di accoltellamento o ferimento nella zona indicata dal M. o negli altri spazi comuni ai detenuti.

Osserva la Corte che entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, quello del Q. per manifesta infondatezza e quello del M. per la sua assoluta genericità, essendosi limitato ad una aspecifica doglianza senza l’individuazione dei capi o punti della sentenza oggetto di censura.

Del tutto correttamente i giudici di merito sono pervenuti alla affermazione di responsabilità dei due odierni ricorrenti sulla base delle dichiarazioni della parte lesa M.L., che con i predetti condivideva la cella nella Casa circondariale di Taranto e che da entrambi era stato sollecitato – allorchè sarebbe uscito, a (OMISSIS), per qualche giorno di permesso – ad introdurre in carcere eroina, cocaina ed hashish, prospettandogli – in particolare il Q. – in caso di rifiuto la stessa sorte toccata ad altro detenuto che qualche tempo prima era stato accoltellato all’interno del penitenziario, mentre il M. gli aveva abbassato le mutande facendogli balenare i rischi cui sarebbe andato incontro.

Era per tale ragione – hanno sottolineato i giudici territoriali – che il M. non era più rientrato nel carcere di Taranto, ma si era costituito presso la Casa circondariale di Altamura, e la attendibilità della p.o. è stata adeguatamente argomentata anche sulla base di assenza di intenti calunniosi, le contraddizioni nel racconto essendo cadute solo su aspetti marginali e senza che fossero emersi elementi tali da poter dubitare del reale verificarsi degli episodi di accoltellamento o ferimento nella zona indicata dal M. o negli altri spazi a disposizione dei detenuti. Alla inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che reputasi equo determinare in Euro 1.000,00 per ciascuno.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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