Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-10-2011) 02-12-2011, n. 45027

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 9.04.2010 la Corte d’Appello di Perugia confermava la condanna alla pena della reclusione e della multa inflitta nel giudizio di primo grado a Z.R. quale colpevole dei reati di cui all’art. 337 c.p. (per avere usato violenza nei confronti dei CC N., P., L. e G. per opporsi ai medesimi che intendevano identificarlo dopo averlo sorpreso nella flagranza del reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione); L. n. 110 del 1975, art. 4, commi 2 e 3, (per avere portato fuori dall’abitazione e senza giustificato motivo un coltello a serramanico); L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 4 e 8 e art. 4, n. 1 per avere favorito e sfruttato la prostituzione di I.V.E. accompagnandola sul luogo di lavoro, garantendole protezione e facendosi consegnare il denaro ottenuto prostituendosi.

Quanto ai reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, la Corte riteneva pacifici i fatti essendo stato accertato che nella tarda serata del (OMISSIS), una pattuglia di CC transitando nei pressi di (OMISSIS) aveva notato due prostitute che stavano litigando per l’occupazione di una piazzola.

Una di loro, I.V.E., aveva appena chiamato al telefono un uomo che, fattosi passare l’altra, l’aveva minacciata per farla allontanare.

Avendo la I. riferito, in caserma, di essere sfruttata da un albanese, era stato organizzato un servizio di appostamento nei pressi della suddetta piazzola dove la I. era stata riportata.

Ivi era sopraggiunto una vettura guidata da un uomo, che, accortosi della presenza dei CC, si era dato alla fuga, ma era stato bloccato e identificato come Z.R..

I giudici d’appello confermavamo l’affermazione di responsabilità basata sulle dichiarazioni rilasciate dalla I. ai CC, dichiarate utilizzabili dal Tribunale senza opposizione della difesa e non inficiate da elementi di contrasto, e sulle dirette constatazioni di costoro.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, limitatamente ai reati di favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione, denunciando manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge sull’affermazione di responsabilità basata sulla ritenuta attendibilità della persona offesa le cui dichiarazioni erano inutilizzabili ai sensi dell’art. 526 c.p.p., comma 1 bis poichè la predetta si era volontariamente sottratta al contraddittorio dibattimentale.

Peraltro le dichiarazioni della predetta e di P.L. che avevano accusato i loro protettori erano contraddittorie e non riscontrate.

L’imputato denunciava anche:

– nullità della sentenza per disapplicazione dell’art. 192 c.p.p. con riguardo ai criteri di valutandone delle dichiarazioni dell’imputato in procedimento connesso avverso di un coimputato;

– mancanza di motivazione sulle dichiarazioni della persona offesa;

– nullità della sentenza per inosservanza di norme processuali ( art. 526 c.p.p., commi 1 e 2 bis) perchè la sua colpevolezza non può essere basata sulle dichiarazioni rese dalla I. che si era sottratta volontariamente all’esame dibattimentale.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Rilevato che il ricorso attiene soltanto ai reati in tema di prostituzione, va osservato che l’imputato con le censure proposte (quella relativa a dichiarazioni di imputato in procedimento connesso è assolutamente generica ed estranea al thema decidendi) sostanzialmente si duole della disapplicazione dell’art. 526 c.p.p., comma 1 bis, per l’asserita volontaria sottrazione della persona offesa dall’esame dibattimentale.

Le dichiarazioni rese dalla teste I. ai CC sono state dichiarate utilizzabili dal Tribunale senza alcuna opposizione del difensore che nessun rilievo ha mosso sul punto nel giudizio d’appello.

Era stata disposta dal Tribunale la citazione della I. per l’esame dibattimentale, ma la stessa era risultata irreperibile nonostante le accurate ricerche svolte.

Tanto premesso, va osservato che la censura attinente all’asserita volontaria sottrazione della persona offesa dall’esame dibattimentale è stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità in cui non è consentito proporre doglianze di natura fattuale.

Va, peraltro, osservato che il principio del giusto processo impone di interpretare l’art. 512 c.p.p. anche alla luce del disposto di cui all’art. 526 c.p.p., comma 1 bis, e che l’irreperibilità del teste, che pure è conseguenza di un atto volontario, non determina automaticamente l’inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni, ma è un dato neutro che assume valenza ai fini dell’art. 526 c.p.p., comma 1 bis solo ove sia segnata dalla volontà di sottrarsi all’esame, una volontà desumibile o da prova diretta o da presunzioni collegate all’avvenuta citazione per il dibattimento (Cassazione Sez. 1, n.23571/2006, RV. 234281; n. 18848/2007, RV. 236820).

E’, quindi, evidente che il giudizio di prognosi sulla prevedibilità dell’irreperibilità e sulla volontaria sottrazione della teste all’esame dibattimentale, che, implicando valutazione del fatto, sarebbe dovuto essere svolto in sede di merito su impulso del difensore, non è esperibile nel giudizio di legittimità.

Pertanto, i giudici del merito hanno rottamente fondato l’affermazione di responsabilità sulle dichiarazioni coerenti e dettagliate della persona offesa e sulle dirette percezioni degli operanti i quali hanno costatato l’arrivo in auto dell’imputato sul luogo in cui la I. esercitava la prostituzione ed hanno dovuto fronteggiare la sua violenta reazione al tentativo di identificarlo dopo averlo sorpreso nella flagranza del reato di favoreggiamento della prostituzione.

Per il rigetto del ricorso grava sul ricorrente l’onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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