Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 02-12-2011, n. 45032

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Accertamenti di polizia giudiziaria condotti nell’estate del 2010 hanno rilevato che la soc. POLIS Spa su un’area destinata a verde nella sua disponibilità aveva realizzato opere edilizie difformi da quanto previsto dal permesso di costruire n. 110 del 2008, in particolare asfaltando il terreno e adibendolo a parcheggio. E’ stato, inoltre, rilevato (relazione Arpa in atti) che sia l’area in superficie sia le acque sotterranee presentavano tracce di idrocarburi pesanti e di benzoantracene.

Sulla base di tali elementi il P.M. ha richiesto e il Giudice delle indagini preliminari disposto il sequestro preventivo dell’area in relazione ai reati previsti dall’art. 110 c.p., D.Lgs. n. 380 del 2001, artt. 44 e 72 e dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 257 e 242, modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

Su richiesta di riesame della parte privata il Tribunale di Lucca ha fissato udienza camerale, nel corso della quale il P.M. ha depositato nuovi atti d’indagine.

Con ordinanza depositata in data 24 Novembre 2010 il Tribunale ha accolto l’istanza e annullato il decreto di sequestro. Dopo avere premesso che la documentazione prodotta in sede di udienza non può essere esaminata perchè non coerente con le ipotesi di reato poste a fondamento del sequestro e perchè introducente ipotesi investigative nuove, il Tribunale osserva quanto segue. Quanto alle violazioni edilizie, il Tribunale rileva che le difformità esistenti per il fabbricato a destinazione commerciale-direzionale sono modeste e che la tardiva presentazione della richiesta di variante in corso d’opera per la realizzazione del parcheggio interrato si pone in linea con le disposizioni della L.R. Toscana n. 1 del 2005 (art. 83) e con il D.Lgs. n. 380 del 2001, art. 22, comma 2, con conseguente irrilevanza penale della condotta. Nessun rilievo penale, poi, assume la realizzazione del parcheggio asfaltato in area qualificata come verde, posto che la ditta stessa ebbe a comunicare che si trattava di soluzione temporanea, resa necessaria dalle esigenze di cantiere per il tempo di esecuzione delle opere, che sarebbe stata al termine dei lavori riportata alle condizioni iniziali e retrocessa all’amministrazione pubblica previa rimozione degli interventi fatti.

Quanto alle violazioni in materia di inquinamento, il Tribunale ritiene che gli eventi inquinanti, per quanto manifestatisi successivamente, abbiano data anteriore al D.Lgs. n. 152 del 2006, così che la pur tardiva attivazione della procedura D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ex art. 242, comma 11, modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 è avvenuta nell’agosto 2010, e dunque anteriormente al provvedimento di sequestro, così che non sussiste il prospettato pericolo da ritardo che giustificherebbe il mantenimento della misura cautelare.

Avverso tale decisione propone ricorso il Pubblico Ministero lamentando plurimi profili di violazione di legge, così sintetizzabili:

1. violazione dell’art. 324, comma 7, e art. 309 c.p.p., comma 9, per avere il Tribunale omesso di prendere in esame la documentazione trasmessa successivamente alla richiesta di riesame e illustrata con specifica memoria; si tratta di omissione che ha comportato vizi nella motivazione del provvedimento;

2. vizio di motivazione ed errata applicazione di legge con riferimento alla mancata necessità di formale richiesta di variante per le difformità realizzate; si è in presenza di difformità essenziali rispetto ai parametri previsti dal D.Lgs. n. 380 del 2001, art. 32 e non di una semplice "minore ampiezza", così che sarebbe stata necessaria una nuova valutazione dell’ente territoriale che abbia riguardo ai presupposti di un nuovo permesso di costruire;

3. vizio di motivazione con riferimento alla non rilevanza penale della trasformazione di un’area verde a parcheggio, vizio che trova la sua genesi nella mancata valutazione della documentazione prodotta dal P.M.;

4. vizio di motivazione ed errata applicazione della legge (art. 324, comma 7, e art. 309 c.p.p., comma 9, e D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 242, 250 e 257, modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) con riferimento all’asserita assenza di un "periculum in mora";

essendo provato che il rischio di inquinamento era emerso nell’anno 2006 e che i lavori sono iniziati nel corso dell’anno 2008 senza alcuna comunicazione ai fini ambientali e senza l’avvio di opere di bonifica, l’effettuazione di scavi in profondità e di edificazione di edifici si pone in contrasto con la stessa possibilità di bonificare il terreno, così come va rilevato che gli sversamenti realizzati dalla soc. POLIS nel canale "Formica" hanno aggravato la situazione ambientale.

Con memoria depositata in data 21 Settembre 2011 la Difesa del Sig. G. chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile perchè presentato oltre i termini di legge. Chiede, poi, che venga dichiarato inammissibile perchè proposto al di fuori dei casi consentiti e, in subordine, che venga rigettato perchè infondato.

OSSERVA Il ricorso merita parziale accoglimento nei termini di seguito specificati.

Osserva preliminarmente la Corte che deve essere respinta l’ipotesi di inammissibilità del ricorso per tardività avanzata dal Sig. G. con la memoria depositata il 21 settembre 2011. L’esame degli atti consente di rilevare che il Pubblico Ministero ebbe e prendere visione dell’ordinanza del Tribunale in data 26 novembre 2010 e tale data deve essere considerata come comunicazione rilevante ai fini della decorrenza dei termini per l’impugnazione. L’esame degli atti consente, poi, di rilevare che l’atto di impugnazione fu depositato nella cancelleria del Tribunale il giorno 7 dicembre 2010, non avendo rilievo eventuali precedenti depositi avvenuti nelle forme non rituali. Il deposito dell’atto nel corso dell’undicesimo giorno non può essere considerato tardivo, applicandosi al ricorso avverso l’ordinanza del tribunale del riesame la disciplina dell’art. 325 c.p.p., comma 1 e non quella contenuta nel comma successivo, che per l’ipotesi di ricorso diretto avverso il decreto di sequestro rinvia al termine di dieci giorni previsto dal richiamato primo comma dell’art. 324 c.p.p.. Il rinvio operato dall’art. 325 c.p.p., comma 3, ai soli commi terzo e quarto dell’art. 311 c.p.p. comporta che al ricorso proposto nei confronti dell’ordinanza del tribunale del riesame si applichi il termine di impugnazione ordinario avverso i provvedimenti camerali fissato dall’art. 585 c.p.p..

Venendo all’esame dei motivi di ricorso, la Corte ritiene che debba trovare accoglimento la prima censura e che essa travolga i successivi motivi che concernono profili da essa condizionati.

Erroneamente, infatti, il Tribunale ha ritenuto non esaminabile la documentazione prodotta dal Pubblico Ministero successivamente all’emissione del decreto di sequestro e nelle more del giudizio avanti lo stesso Tribunale. Osserva il Pubblico Ministero a pag. 2 del ricorso che gli atti di indagine frutto della delega impartita alla polizia giudiziaria furono trasmessi al Tribunale unitamente agli atti che erano stati sottoposti al Giudice delle indagini preliminari con la richiesta di emissione del decreto di sequestro, così che, deve desumere la Corte in assenza di contraria affermazione del Tribunale, non si versa in ipotesi di atti sconosciuti alla difesa.

A tale prima constatazione deve aggiungersi la considerazione che la lettura dell’art. 324, comma 7, e art. 309 c.p.p., comma 9, consente alle parti di "addurre elementi nel corso dell’udienza", elementi che, alla luce del disposto del successivo comma decimo dell’art. 309 c.p.p., sono diversi da quelli posti a fondamento della richiesta di misura cautelare e non conoscono i relativi termini di trasmissione e deposito. La costante giurisprudenza ha affermato sul punto che il Tribunale del riesame può assumere le proprie determinazione anche sulla base della documentazione e degli elementi prodotti dalle parti in corso di udienza, e ciò anche nell’ipotesi che si sia in presenza di elementi sfavorevole alla persona soggetta a indagine; si rinvia a tale proposito alla chiara motivazione delle sentenze della Sesta Sezione Penale, n. 20714 del 2003, Valiani, rv 225867, e di questa Sezione, n. 27592 del 2010, Ricci, rv 248111.

Alla luce di tali considerazioni appare contraria la dato normativo la decisione del Tribunale di non esaminare e valutare ai fini della decisione i documenti e gli elementi frutto degli sviluppi di indagine che il Pubblico Ministero ha trasmesso e depositato.

Tale vizio travolge le restanti questioni proposte dal ricorrente, la cui consistenza potrà essere valutata solo alla luce di un puntuale e completo accertamento del "fumus" dei reati ipotizzati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lucca per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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