Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-06-2012, n. 10513 Passaggio ad altra amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Salerno con sentenza n. 808 del 2006 ha confermato la decisione di primo grado del Tribunale della stessa città, che aveva rigettato la domanda di T.P..

Questi, premesso di essere transitato – a seguito della soppressione dell’Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (già Cassa del Mezzogiorno) – al Ministero delle Attività Produttive – Sede di Salerno, aveva chiesto il riconoscimento del suo diritto alla restituzione dei contributi in precedenza versati, con condanna dell’INPS, dell’INPDAP e dell’anzidetto Ministero, ognuno per le rispettive competenze e responsabilità.

In particolare la Corte territoriale ha osservato che, a norma del D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, (articolo aggiunto dal D.L. n. 32 del 1995, art. 9, convertito il L. n. 104 del 1995), solo il personale cessato dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima dell’entrata in vigore del presente decreto, che non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, può chiedere la restituzione dei contributi versati se non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali.

In base a tale normativa, ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 219 del 1998), doveva escutersi il diritto del ricorrente alla restituzione dell’eccedenza contributiva richiesta, avendo questi optato (circostanza pacifica tra le parti) per il passaggio nei ruoli del Ministero delle Attività Produttive con il ricongiungimento del servizio presso l’AGENSUD. Ed infatti la norma suddetta, nella parte in cui dispone la restituzione di contributi, doveva ritenersi di carattere eccezionale e come tale di stretta interpretazione, ex art. 14 preleggi. In definitiva, l’articolata e complessiva disciplina del trattamento economico del personale dell’Agensud, a seguito della soppressone dell’Ente, non era lesiva dei diritti del ricorrente, considerata anche la funzione assicurativo – solidaristica e non strettamente corrispettiva dei contributi previdenziali.

Avverso la sentenza di appello ricorre per cassazione il T. con due motivi.

L’INPS e il Ministero delle attività produttive resistono con controricorso.

L’INPDAP ha depositato procura e ha svolto difesa orale nella pubblica udienza.

Motivi della decisione

1. In via preliminare l’INPS ha eccepito difetto di giurisdizione e difetto di legittimazione passiva, eccezione quest’ultima sollevata anche dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Tale eccezioni sono inammissibili, in quanto le stesse non hanno formato oggetto di ricorso incidentale da parte dei controricorrenti nei confronti dell’impugnata sentenza e quindi non sono suscettibili di essere vagliate in sede di legittimità.

2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, 4 comma (così come introdotto dal D.L. n. 335 del 1994 e successivi decreti legge fino al D.L. n. 32 del 1995, convertito in L. n. 104 del 1995), art. 2033 cod. civ., art. 12 preleggi, nonchè vizio di motivazione.

Il ricorrente sostiene al riguardo che la sua pretesa è fondata sull’applicazione del richiamato D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, finalizzato alla sistemazione del personale della soppressa Agensud di chiedere la restituzione di contributi versati e non utilizzati ai fini pensionistici.

Secondo il ricorrente è pur vero che la norma sottopone la possibilità di richiedere la restituzione dei contributi versati e non computati ai fini pensionistici alla condizione che l’interessato, cessato dal servizio dopo il 13 ottobre 1993 e prima dell’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo, non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza; tuttavia lo stesso, pur essendo transitato presso l’amministrazione statale e pur non avendo diritto, in base all’interpretazione letterale della norma citata, ritiene che il suo diritto trovi il suo fondamento in una interpretazione costituzionalmente corretta della legge stessa.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli art. 3, 36, 38 e 97 Cost. e vizio di motivazione.

Deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale della citata norma di cui all’art. 14 bis, comma 4, invocando la sentenza della Corte Costituzionale n. 219 del 1998, essendo diversi i profili invocati.

In ogni caso solleva anche in sede di legittimità la questione di legittimità costituzionale allo stesso D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, (come risultante dalle successive modificazioni intervenute), nella parte in cui consente una interpretazione volta a non applicare il beneficio dei contributi a tutti i dipendenti della ex Agensud, che, cessato ex lege il rapporto di lavoro con tale Agenzia ed esercitata l’opzione "b" di cui all’art. 14 bis, comma 4, dello stesso decreto, siano transitati presso le amministrazioni statali ricongiungendo il servizio già prestato presso l’Agensud e non abbiano scelto il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, per violazioni degli artt. 3, 36, 38 e 97 Cost..

I due motivi, che sono intimamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Il ricorrente ammette che in base all’interpretazione al più volte citato D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, non ricorrono i presupposti per l’accoglimenti della sua domanda. E’ infatti è pacifico che lo stesso ha esercitato l’opzione di cui al comma 1, lett. b della richiamata norma, che prevede il ricongiungimento del servizio prestato presso l’Agensud e di quello prestato successivamente alla data del 12 ottobre 1993 presso l’amministrazione di assegnazione – esclusa dall’ambito di applicazione del citato comma 4 di tale articolo, che limita infatti la possibilità di chiedere la restituzione dei contributi versati se non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali al solo personale cessato dal servizio dopo la data del 13 ottobre e prima dell’entrata in vigore del presente decreto, che non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza.

Il ricorrente (cfr pag. 6 del ricorso) ammette altresì che una interpretazione estensiva e/o analogica della norma in questione non sarebbe consentita in base all’art. 14 preleggi, atteso che suo carattere di norma eccezionale. Aggiunge lo stesso ricorrente che la domanda doveva essere accolta in base ad una interpretazione del suddetto comma 4, ai sensi dell’art. 12 preleggi, in relazione al criterio teleologico, che dovrebbe prevalere, ad avviso dello stesso ricorrente, sul criterio letterale, ove quest’ultimo produca un effetto incompatibile con il sistema. Ed infatti, nel caso di specie, l’esclusione della ripetibilità della contribuzione versata costituirebbe un risultato irragionevole, discriminatorio e comunque non conforme alla Costituzione. Limitare l’applicazione del beneficio della restituzione dei contributi versati in eccedenza al solo personale cessato dal servizio entro il 9 febbraio 1995 non trova giustificazione, in quanto la causa della restituzione dei contributi versati, individuata nella loro non utilità ai fini pensionistici, può ravvisarsi anche per il personale, che, come il ricorrente, è transitato nei ruoli del Ministero e che ha comunque maturato un’eccedenza rispetto alla riserva matematica utile a pensione secondo il nuovo e diverso regime previdenziale del dipendente statale. La Corte Costituzionale non aveva esaminato il suddetto profilo ed aveva pertanto errato la Corte territoriale nel rigettare l’eccezione di illegittimità costituzionale di cui all’art. 14 bis.

Le esposte argomentazioni sono prive di pregio e vanno disattese.

L’irragionevolezza del risultato, che deriverebbe dall’interpretazione letterale della norma in questione, deve essere esclusa alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale (cfr sentenza n. 219 del 1998), che, esaminato il definitivo assetto dato agli ex dipendenti dell’Agensud con l’art. 14 bis cit., ha concluso affermando che tale disciplina è immune da vizio di irragionevolezza. La Corte in particolare, avendo preso in considerazione anche la disciplina della restituzione dei contributi versati in eccedenza, ha ritenuto pienamente ragionevole la scelta del legislatore di limitare il meccanismo della suddetta restituzione al personale cessato dal servizio presso le amministrazioni di destinazione nel periodo compreso fra il 13 ottobre 1993 e il 9 febbraio 1995 ed ha escluso in tal modo la portata generale di tale meccanismo.

E’ del pari infondata la tesi dell’illegittimità costituzionale derivante dalla sussistenza di una disparità di trattamento in relazione alla limitazione, prevista dalla legge, dell’ambito di applicabilità del meccanismo dei contributi versati in eccesso.

In primo luogo va osservato che nel nostro ordinamento non esiste un principio generale di restituzione dei contributi legittimamente versati in relazione ai quali non si siano verificati, nè possano verificarsi, i presupposti per la maturazione di diritto ad una prestazione previdenziale (cfr. Cass. 29 ottobre 2001 n. 13382; Cass. 20 maggio 2005 n. 10660). In tal senso s è espressa anche la Corte Costituzionale (cfr sentenza del 9 dicembre 2000 n. 404), secondo la quale alla base della contribuzione non vi è necessariamente la corrispettività tra contributi e pensioni, bensì il dovere di solidarietà ex art. 38 Cost., comunque posto a carico di tutti gli iscritti. Consegue da ciò che la norma, la quale dispone la restituzione dei contributi deve ritenersi di carattere eccezionale e come tale di stretta interpretazione, ex art. 14 preleggi.

Va, poi, esclusa nel caso di specie la violazione del principio di uguaglianza a causa della diversità della situazione dei dipendenti considerati dall’art. 14 bis, comma 4, rispetto a quella dei dipendenti transitati nei ruoli delle altre amministrazioni statali, conseguendo tale diversità ad una scelta rimessa interamente alla volontà del dipendente dell’Agensud.

Ed infatti, come ha osservato la Corte Costituzionale nella più volte richiamata sentenza n. 219 del 1998, il legislatore ha offerto al personale dell’Agensud una serie di opzioni, che vanno dalla cessazione del rapporto, con deroga all’allora vigente regime della sospensione dei pensionamenti, fino all’alternativa tra l’avvio, dal 13 ottobre 1993, di un rapporto di pubblico impiego, a livello iniziale della qualifica (con pagamento del trattamento di fine rapporto e computo della pregressa posizione assicurativa nella futura determinazione della pensione) e il ricongiungimento dei servizi (pregressi presso l’Agensud e presso l’amministrazione di destinazione) con un nuovo inquadramento (accompagnato dal riconoscimento, sia pure, in dati limiti, dell’anzianità maturata).

Il giudice di appello ha quindi correttamente escluso l’esistenza di un profilo di incostituzionalità della norma citata, sicchè non sussistono i presupposti per sottoporre, come sollecitato dal ricorrente, la norma in questione ad un nuovo scrutinio davanti al giudice delle leggi in relazione agli artt. 3, 36, 38 e 97 Cost..

Per completezza va precisato che neppure possono ravvisarsi profili di non manifesta infondatezza della questione di legittimità della normativa in esame in relazione all’art. 117 cost., comma 1, e per il suo tramite all’art. 6 – par. 1 – della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberà fondamentali, giacchè il legislatore italiano ha provveduto, come già ampiamente detto, a ricollocare il personale della soppressa Agensud presso le amministrazioni statali e a disciplinarne il trattamento pensionistico, dando a tale personale una gamma di opzioni. Il che non contrasta con i principi della menzionata norma costituzionale, che richiama i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, con quelli della anzidetta convenzione e con quelli elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea in tema di passaggio di personale tra diverse amministrazioni.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo a favore dell’INPS e del Ministero dello Sviluppo Economico.

Nessuna statuizione va emessa per le spese nei confronti dell’INPDAP, che non ha depositato controricorso limitandosi a svolgere difesa orale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida nei confronti dell’INPS in Euro 30,00 per esborsi, oltre Euro 3000,00 per onorari e nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico in Euro 30,00 per esborsi, oltre Euro 3000,00 per onorari, oltre accessori di legge per entrambi. Nulla per le spese nei confronti dell’INPDAP. Così deciso in Roma, il 29 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

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