Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-06-2012, n. 10508 Danno da infortunio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 26 maggio 2006, la Corte d’Appello di Catania accoglieva parzialmente il gravame principale svolto da L.I. A. contro la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto la domanda di risarcimento del danno per infortunio sul lavoro proposta nei confronti della Ferroedil di Marchese Lucia, la Carpentubi s.r.l. e la Fondiaria Assicurazioni s.p.a. e la Assicurazioni Generali s.p.a..

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– L.I.A., dipendente della Ferroedil di Marchese Lucia, chiedeva la condanna della predetta impresa al pagamento della somma di L. 612.098.000, a titolo di danno biologico e morale, previo accertamento delle modalità dell’infortunio occorsogli in data (OMISSIS) allorchè, svolgendo le mansioni cui era addetto e maneggiando, all’estremità del cavo sorretto da una gru, il bilancino utilizzato per il caricamento di fasci imbracati di tondini di ferro, veniva improvvisamente colpito da una fortissima scarica elettrica per aver il conducente della gru incautamente urtato una linea dell’alta tensione;

– la Ferroedil si costituiva sostenendo l’esclusiva responsabilità della Carpentubi s.r.l., società che eseguiva periodicamente il posizionamento dei fasci di tondini acquistati su un selezionatore alto circa un metro con l’utilizzo di mezzi e personale propri, attraverso l’uso di un bilancino, per cui il dipendente della Ferroedil aveva solo il compito di agganciare e sganciare, dal bilancino, i fasci di tondini, onde l’infortunio si era verificato esclusivamente per fatto e colpa del gruista della Carpentubi;

contestava la pretesa percentuale di invalidità ed il risarcimento richiesto e chiedeva chiamarsi in garanzia il titolare della Carpentubi s.r.l., quale unico responsabile dell’accaduto, e le Assicurazioni Generali s.p.a., con le quali aveva stipulato apposita polizza assicurativa e da cui intendeva essere mallevata in caso di condanna;

– autorizzata la chiamata in garanzia, si costituiva in giudizio la Carpentubi s.r.l. che deduceva che una brusca frenata cui era stato costretto il gruista aveva determinato il beccheggio del braccio della gru con avvicinamento ai cavi dell’alta tensione, senza alcun contatto con gli stessi e che L.I. sostava immotivatamente nei pressi della gru; chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda e chiamarsi in garanzia la Fondiaria Assicurazioni s.p.a.;

– le Assicurazioni Generali s.p.a. eccepivano la nullità della chiamata in causa, l’assenza di responsabilità in capo a M. L. ed evocavano i limiti di operatività della garanzia alla quale era estraneo il risarcimento del danno biologico;

– la Fondiaria Assicurazioni s.p.a. chiedeva la sospensione del procedimento, ex art. 295 c.p.c., l’inoperatività della garanzia assicurativa, l’insussistenza di responsabilità della Carpentubi e l’eccessività delle somme pretese;

il primo giudice condannava la Ferroedil di Marchese Lucia, la Carpentubi s.r.l. e la Fondiaria Assicurazioni s.p.a., in solido, alla corresponsione, in favore di L.I., a titolo di risarcimento del danno biologico permanente a seguito dell’infortunio, dell’importo di Euro 37.649,00 per invalidità permanente e di Euro 387,34 per invalidità temporanea parziale, e rigettava la domanda di garanzia proposta dalla Ferroedil nei confronti delle Assicurazioni Generali s.p.a.;

– proponeva appello principale L.I.A. nei confronti della Ferroedil di Marchese Lucia, della Carpentubi s.r.l. e della Fondiaria Assicurazioni s.p.a.; proponevano appello incidentale la Ferroedil, la Fondiaria SAI s.p.a. (già Fondiaria Assicurazioni s.p.a.); la Ferroedil di Marchese Lucia proponeva gravame in via principale ribadendo i motivi già proposti in via incidentale; le Assicurazioni Generali s.p.a. proponevano appello incidentale.

3. Riuniti i giudizi, a sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva:

– violato, da parte del datore di lavoro, l’obbligo di garantire la salute dei lavoratori, omettendo di adottare le misure che, nel caso concreto, apparivano necessarie in base alla peculiare attività lavorativa che prevedeva l’utilizzazione di un’autogrù il cui funzionamento poteva interferire con la presenza del cavo dell’alta tensione sovrastante il cantiere;

– sussistente il nesso causale tra la violazione delle norme antinfortunistiche e l’evento per aver consentito che il cantiere fosse sovrastato da un cavo dell’alta tensione;

– escluso che la condotta del lavoratore presentasse connotazioni di atipicità ed esorbitanza sì da potersi ritenere causa esclusiva dell’evento lesivo;

– il risarcimento del danno biologico da parte del datore di lavoro non limitabile alla parte del danno biologico non coperta dalle prestazioni erogate dall’INAIL, trattandosi di tipologie di danno inerenti a piani distinti;

– l’esclusione dell’obbligo di garanzia delle Assicurazioni Generali con riferimento al danno biologico lamentato dal lavoratore, posto che la copertura assicurativa concerneva solo il risarcimento commisurato ai riflessi dell’infortunio sull’attitudine al lavoro del dipendente e non anche il danno biologico e il danno morale;

– il diritto del danneggiato al risarcimento del danno morale, pur in assenza dello specifico accertamento in sede penale ed essendo configurabili gli elementi costitutivi del reato di lesioni colpose, con valutazione equitativa in misura pari ad un quarto del danno biologico;

– la liquidazione del danno biologico, alla stregua delle tabelle elaborate dal tribunale di Palermo nel 1997, attualizzata del calcolo rivalutativo relativo al periodo 1997-2002, tenuto conto della percentuale di invalidità (del 27%), del coefficiente di riferimento relativo all’età del lavoratore (23 anni al momento dell’infortunio);

– dovuta la maggiorazione per interessi per il ritardato adempimento sulla prestazione risarcitoria per il danno biologico (come richiesta dal lavoratore pari ad Euro 69.590,07 in luogo del maggior importo di Euro 69.640,61 accertata in giudizio) e per il danno morale (Euro 17.397,52);

sussistente la responsabilità concorrente della società Carpentubi, onde la condanna in solido con la Ferroedil al risarcimento del danno, e provata la responsabilità extracontrattuale della predetta Carpentubi in considerazione della manovra errata dell’operatore della gru che ebbe a provocare il contatto fra il braccio della gru e il cavo dell’alta tensione;

– infine, dovuto il risarcimento del danno per l’invalidità temporanea e permanente indipendentemente dalla circostanza che il dipendente avesse continuato a percepire, dal datore di lavoro, la retribuzione dal nel periodo di invalidità.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Ferroedil di Marchese Lucia ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c. L.I.A. ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso. Le Assicurazioni Generali s.p.a. hanno resistito con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.. Con ordinanza in data 12 aprile 2011 questa Corte disponeva la notifica del ricorso alla Fondiaria Assicurazioni s.p.a. la quale ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale fondato su due motivi cui ha resistito, con controricorso, L.I.A..

Motivi della decisione

5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perchè proposti avverso la medesima sentenza.

6. Con il primo motivo di ricorso, la Ferroedil di Marchese Lucia denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2087 e 2697 c.c.; art. 40 c.p., comma 1; D.P.R. n. 547 del 1955, art. 320, lett. a; D.P.R. n. 164 del 1956, art. 11 nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). La ricorrente, ricostruito il quadro normativo in tema di inadempimento del datore di lavoro all’obbligo di sicurezza e di ripartizione dell’onere della prova, si duole dell’insufficiente approfondimento, nell’iter logico della sentenza impugnata, della distanza di sicurezza tra il braccio operativo della gru e la linea elettrica assumendo essere risultata non provata, dal lavoratore, la distanza tra il braccio e la linea elettrica inferiore ai cinque metri, nè il nesso di causalità tra la presunta inosservanza della misura specifica nominata e il danno subito, con evidenti ricadute in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio, gravante sul lavoratore.

7. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 e 2049 c.c., nonchè omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si duole il ricorrente che, pur in presenza di una misura di sicurezza nominata, la corte territoriale abbia invocato l’art. 2087 c.c., errando di conseguenza anche sulla distribuzione dell’onere della prova, e non abbia in alcun modo argomentato sulla responsabilità dell’appaltatore per i danni cagionati dall’esecuzione dell’opera (sollevamento e posizionamento dei tondini) cui attendeva, in piena autonomia, l’operatore gruista.

8. Per entrambi i motivi i quesiti di diritto risultano formulati in calce al ricorso.

9. I due motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro logica connessione.

10. L’esame delle doglianze concernenti la ricostruzione fattuale della vicenda dedotta in giudizio, è logicamente prioritario.

11. Osserva al riguardo il Collegio che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie.

12. Per conseguenza il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano rinvenibili tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; per conseguenza le censure concernenti i vizi di motivazione devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorietà o illogicità che rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito e non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata nella sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass. 8718/2005 e numerose altre conformi).

13. Al contempo va considerato che, affinchè la motivazione adottata dal giudice di merito possa essere considerata adeguata e sufficiente, non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr., ex plurimis, Cass., n. 12121/2004).

14. Nel caso all’esame la sentenza impugnata ha esaminato tutte le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo, nei termini già indicati nello storico di lite, un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite (le deposizioni testimoniali dei dipendenti della Ferroedil; l’interrogatorio libero del gruista) e immune da contraddizioni e vizi logici; le valutazioni svolte e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano quindi un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole, espressione di una potestà propria del giudice del merito che non può essere sindacata nel suo esercizio.

15. In definitiva, quindi, le doglianze della parte ricorrente, che pur di suole della violazione di legge da parte della Corte territoriale, si sostanziano nell’esposizione di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella data dal giudice del gravame e nella richiesta di un riesame di merito del materiale probatorio, inammissibile in questa sede di legittimità.

16. E’, inoltre, inammissibile, per inadeguatezza della deduzione, la censura avverso la sentenza del Giudice del gravame, incentrata sulla mancanza di argomenti in ordine alla responsabilità dell’appaltatore per i danni cagionati dall’esecuzione dell’opera.

17. Invero, l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come, in genere, l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza, ritualmente introdotta in giudizio – risolvendosi nella violazione della i corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale, ex art. 360 c.p.c., n. 3, o del vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo – ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello.

18. Inoltre, in ipotesi di denuncia di un error in procedendo, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, cosicchè il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell’iter processuale, non solo ad enunciare le norme processuali violate, ma anche a specificare le ragioni della violazione, in coerenza a quanto prescritto dal dettato normativo, secondo l’interpretazione da lui prospettata (cfr, ex plurimis, Cass. 21621/2007).

19. Coerentemente, con riferimento all’ipotesi in cui sia stata denunciata l’omessa pronuncia da parte del giudice di secondo grado sulle doglianze mosse in appello, è stato affermato che non viene rispettato il principio di autosufficienza allorchè nel ricorso per cassazione non siano esposte quelle specifiche circostanze di merito che avrebbero portato all’accoglimento del gravame, non potendo ottemperarsi a tale principio mediante il mero richiamo ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (cfr., Cass., 26693/2006); più in generale, sempre con riferimento ai casi di denunzia del vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è stata reiteratamente affermata la necessità, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione (cfr., ex plurimis, Cass. 21226/2010; Cass. 23420/2011).

20. Tali oneri non sono stati ottemperati, nel caso di specie, dalla parte ricorrente che si è limitata a rappresentare l’oggetto della doglianza svolto nella precedente fase di merito riportandosi ad un mero sintetico richiamo.

21. Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., comma 1, degli artt. 1363, 1366 c.c., nonchè omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si duole la parte ricorrente che la corte di merito abbia escluso l’obbligo di garanzia della s.p.a. Assicurazioni Generali senza alcuna analisi della polizza di assicurazione e in violazione dei criteri ermeneutici.

22. Il motivo è inammissibile.

23. Secondo la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Corte, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., n. 6, oltre a richiedere la "specifica" indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 28547/2008;

Cass., n. 20535/2009).

24. La giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte ha ulteriormente ritenuto che la previsione di cui al ricordato art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve ritenersi soddisfatta, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale siano contenuti gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda, ferma in ogni caso l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr., Cass., SU, 22726/2011).

25. Il ricorrente non ha adempiuto a tali oneri, poichè ha bensì depositato il proprio fascicolo senza tuttavia fornire, nel ricorso, la specifica indicazione dei dati necessari al reperimento della polizza assicurativa su cui si fonda il ricorso e della quale, in conformità con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, è stato ivi solo riprodotto il contenuto; ne discende l’inammissibilità del motivo.

26. La Fondiaria SAI s.p.a. con ricorso incidentale denuncia, con il primo motivo di ricorso, violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059 e 2697 c.c., ed omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Assume la società che, vertendosi in tema di responsabilità della Ferroedil e della Carpentubi ex art. 2043 c.c., la domanda avanzata dal danneggiato nei confronti della Carpentubi è risultata priva di supporto probatorio nei gradi di merito conseguendone l’infondatezza del preteso risarcimento del danno morale per carenza di prova.

27. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è denunciata omessa insufficiente contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Assume la società, per il capo di sentenza relativo alla liquidazione del danno biologico, che la corte territoriale non aveva tenuto conto del recupero complessivo del lavoratore tale da non inibire lo svolgimento, da parte di questi, di attività ludiche e lavorative; e che, per il capo relativo alla liquidazione dell’invalidità temporanea (assoluta e relativa), la corte non aveva speso alcuna parola sulla circostanza che l’infortunato avesse continuato a percepire la retribuzione sicchè egli, a titolo di invalidità temporanea, non avrebbe dovuto percepire alcun altro importo per tutta la durata della malattia.

28. Il primo motivo, privo del quesito di diritto, è inammissibile ex art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009 (L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d e art. 58, comma 5,; ex multis, Cass. 7119/2010; Cass. 20323/2010).

29. Peraltro anche per le censure previste dall’art. 360 c.p.c., n. 5 non risulta assolto l’onere di indicare chiaramente il fatto controverso, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è reputata insufficiente, imposto dall’art. 366-bis c.p.c., onere che va adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009, 11094/2009, 8897/2008; SU 20603/2007).

30. Il ricorso incidentale è totalmente privo anche di tale indicazione, onde ne va dichiarata l’inammissibilità.

31. In definitiva, il ricorso principale va rigettato e l’incidentale dichiarato inammissibile.

32. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con distrazione, quanto alla condanna a carico della Fondiaria Assicurazioni s.p.a., a favore dell’Avv. Massimo Cannizzo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; condanna la Ferroedil di Marchese Lucia al pagamento a favore di /Lo Iacono/, delle spese di lite, che liquida in Euro 70,00 per esborsi, oltre Euro 4.000/00 per onorari ed oltre accessori di legge; compensa nei confronti delle altre parti intimate; condanna altresì la stessa Ferroedil al pagamento delle spese a favore delle Assicurazioni Generali s.p.a. che liquida in Euro 30,00 per esborsi, oltre Euro 2.000/00 per onorari ed oltre accessori di legge. Condanna la Fondiaria Ass.ni s.p.a. al pagamento delle spese a favore di /Lo Iacono/, che liquida in Euro 50,00 per esborsi, oltre Euro 3.000/00 per onorari ed oltre accessori di legge, con distrazione a favore dell’Avv. Massimo Cannizzo; nulla per le spese nei confronti delle altre parti intimate.

Così deciso in Roma, il 2 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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