Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-06-2012, n. 10507 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 3 marzo 2010 la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 16 marzo 2006, ha condannato C.R. al pagamento in favore di I.D. della somma di Euro 4.179,28 a titolo di trattamento di fine rapporto. Per quanto rileva in questa sede la Corte territoriale ha motivato tale pronuncia considerando che, costituendosi nel giudizio di primo grado, il C. non aveva contestato il trattamento di fine rapporto dovuto allo I., mentre il giudice di primo grado, nell’accogliere parzialmente la domanda del lavoratore, aveva omesso di pronunciarsi sul trattamento di fine rapporto stesso.

Il C. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi.

Resiste con controricorso lo I..

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ. per ultra petita sul punto della condanna del C. al pagamento del trattamento di fine rapporto. In particolare si deduce che l’appellante non aveva lamentato la mancata pronuncia in punto di trattamento di fine rapporto o, comunque, il rigetto della relativa domanda, dolendosi intendere repressione "rigetta ogni altra domanda" contenuta nel dispositivo della sentenza di primo grado, quale rigetto della domanda anche sul punto; pertanto la Corte d’appello non avrebbe potuto pronunciarsi su un punto della domanda sulla quale non era stata investita.

Con il secondo motivo si assume omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia con riferimento all’affermazione per cui il datore di lavoro non avrebbe contestato il trattamento di fine rapporto. Si deduce che, in realtà, nella memoria di costituzione del giudizio di primo grado non era stato contestato l’an, ma il quantum del TFR. Con il terzo motivo si lamenta contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia con riferimento all’ammontare della somma riconosciuta a titolo di TFR in quanto la cifra riconosciuta corrisponderebbe all’ammontare dovuto nel caso di accoglimento totale della domanda, mentre, essendo stata accolta la domanda del lavoratore solo parzialmente, il relativo TFR ammonterebbe alla limitata somma di Euro 757,31 risultante dall’ultima busta paga e sola effettivamente riconosciuta.

Il primo motivo è infondato. L’interpretazione dell’atto di appello è istituzionalmente demandato al giudice del merito ed è insindacabile in cassazione se congruamente motivato (Cass. 20 ottobre 2003, n. 15643; Cass. 16 ottobre 2005 n. 19513); nel caso in esame la Corte territoriale ha interpretato l’atto di appello quale comprensivo implicitamente della domanda di TFR con giudizio logico che sfugge ad ogni censura di legittimità.

Parimente infondato è il secondo motivo in quanto la Corte d’Appello ha dato atto che il C. non ha contestato l’obbligo di pagare il TFR in sede di costituzione nel giudizio di primo grado; d’altra parte lo stesso ricorrente ammette che in contestazione è solo il quantum del TFR in questione, tanto da avere messo a disposizione del lavoratore la relativa somma limitata nel suo ammontare.

Infondato è anche il terzo motivo avente ad oggetto l’ammontare del TFR riconosciuto. Poichè la Corte territoriale, come detto, ha considerato riconosciuto e non contestato il TFR conformemente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, sebbene questo non abbia esplicitato nel dispositivo la relativa statuizione, l’ammontare del medesimo TFR non ha fatto oggetto del giudizio di merito e la relativa questione non può essere sollevata in sede di legittimità.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *