Cons. Stato Sez. V, Sent., 10-01-2012, n. 57 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Il Sindaco di Iesi, con ordinanza protocollo n. 23082/89 del 20 settembre 1991 notificata a B.U., R.B. e M.S., ingiungeva la demolizione di un capannone in muratura realizzato in via Montesacco senza titolo; successivamente, con altra ordinanza protocollo n. 13684 del 20 settembre 1991, notificata anche alla società T.G. & c. s.n.c., ingiungeva la demolizione di un muro di contenimento e di una piattaforma in cemento armato perché edificati senza la prescritta concessione edilizia.

2.- M.S. e gli altri destinatari delle ordinanze, con ricorso al TAR Marche ne chiedevano l’annullamento per i seguenti motivi:

1) eccesso di potere per difetto di motivazione, con riguardo alla disposta, immotivata, integrale demolizione del capannone, malgrado fosse stato in precedenza oggetto di sanatoria su istanza del 1 aprile 1986 di B.U. e R.B., che avevano anche versato l’intera somma dovuta a titolo di oneri;

2) violazione di legge, art. 12, co. 2, L. n. 47 del 1985, in quanto le modifiche apportate da M.S. al capannone consisterebbero in semplici modifiche ristrutturali che potrebbero dar luogo alla sanzione pecuniaria ma giammai alla demolizione dell’intero manufatto in base alla norma citata che stabilisce per l’appunto che allorché la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità alle disposizioni vigenti, si fa luogo al pagamento di una sanzione pecuniaria;

3) violazione dell’art. 10, 1 comma, della L. n. 47 del 1985, in quanto le opere di ristrutturazione del muro di contenimento e della piattaforma richiederebbero solo l’autorizzazione e non la concessione edilizia sulla base delle norme regolamentari del Comune di Iesi.

3.- Il TAR Marche respingeva il ricorso affermando che le ordinanze di demolizione erano state adottate molto tempo prima della presentazione da parte del responsabile degli abusi M.S. dell’istanza di sanatoria edilizia, avvenuta in data 3 novembre 1994.

Quanto alla realizzazione del muro di contenimento, secondo il TAR, era necessaria la concessione edilizia, atteso che l’art. 2, lett. h) del regolamento edilizio del Comune di Iesi richiede il rilascio di concessione edilizia per la costruzione di opere di consolidamento a sostegno dei terreni.

4. – I ricorrenti hanno impugnato la suddetta sentenza di cui chiedono la riforma perché erronea in fatto e diritto.

Essi assumono che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente fatto rientrare nel vizio di violazione di legge, dedotto in relazione alle opere di contenimento del muro e di ristrutturazione della piattaforma, anche la realizzazione del capannone, rispetto al quale era stato, invece, dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione dell’art. 12 della L. n. 47 del 1985.

Gli appellanti hanno, poi, riproposto le censure dedotte in primo grado; hanno successivamente illustrato le censure con riferimenti giurisprudenziali e, alla pubblica udienza del 2 dicembre 2011, nell’assenza delle parti, il giudizio è stato assunto in decisione.

5.- L’appello è infondato e va rigettato.

6. – I ricorrenti assumono che il giudice di primo grado abbia erroneamente assemblato le censure da essi dedotte con riferimento ai singoli abusi.

L’assunto è privo di pregio, rientrando nelle discrezionalità del giudice l’ordine di esame delle censure e l’eventuale trattazione congiunta dei motivi di ricorso, in disparte l’irrilevanza di un tale rilievo al fine di dimostrare l’erroneità della sentenza, che, comunque, contrariamente a quanto assumono gli appellanti, considera distintamente i singoli abusi.

7. – Con i primi due motivi di appello, i ricorrenti ripropongono le censure di difetto di motivazione e di violazione dell’art. 12, comma 2, L. n. 47 del 1985, in relazione al capannone.

In sostanza, con queste censure, essi assumono che il capannone era stato oggetto di sanatoria, perfezionatasi per decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione dell’istanza, sicché i successivi interventi su detto fabbricato non potevano comportarne la demolizione integrale, in base al disposto dell’art. 12, comma 2, della L. n. 47 del 1985 ("Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il Sindaco applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione…").

Le argomentazione degli appellanti muovono da un presupposto inesistente, cioè che il capannone fosse stato oggetto di sanatoria accolta per silenzio dell’amministrazione, essendo stata presentata istanza di condono in data 1 aprile 1986 a cura di B.U. e R.B. e non essendo intervenuto alcun provvedimento dell’amministrazione nel termine di 24 mesi dalla istanza.

L’assunto è privo di pregio.

Ostava, infatti, alla formazione dell’assenso tacito la circostanza che il manufatto era a distanza dalla strada comunale inferiore a quella fissata dal D.M. n. del 1968.

L’art. 35 della L. n. 47 del 1985, invocata dagli appellanti, al comma 13 stabilisce, infatti, che nelle ipotesi previste dall’art. 32 (aree sottoposte a vincoli diversi da quelli dell’art. 33), qual’è quella in questione caratterizzata da vincolo stradale, il termine di 24 mesi per la formazione del silenzio assenso ("la domanda si intende accolta") decorre non dalla data di presentazione della domanda di condono, bensì dall’emissione del parere di cui all’art. 32, comma 1, cioè dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

Tale parere non risulta che sia stato chiesto dall’amministrazione sull’istanza di condono del 1986, sicché su quella istanza di condono non si è formato il provvedimento tacito di assenso.

Risulta, invece, che quel procedimento si è concluso con Provv. n. del 1989 di archiviazione per la presenza del vincolo stradale.

Solamente sull’istanza di sanatoria presentata nel 1994 da M.S. ai sensi della L. n. 724 del 1994, risultano acquisiti i pareri favorevoli della Polizia municipale del 21 febbraio 1997 e l’autorizzazione paesistica in data 14 maggio 1998.

Sembrerebbe, invero, che il procedimento di sanatoria sull’istanza del 1994 si sia concluso positivamente per i ricorrenti, il che fa dubitare della permanenza dell’interesse alla decisione di un giudizio che ha ad oggetto ordinanze di demolizione che non sono mai state eseguite e, allo stato, hanno esaurito la loro efficacia.

Ad ogni buon conto, in mancanza di una dichiarazione in tal senso delle parti interessate, attesa la natura novativa della dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse, non è possibile dichiarare il giudizio improcedibile, non sapendo quale interesse sia ad esso sotteso e potendo, in astratto, configurarsi il permanere di un interesse risarcitorio relativo alla dedotta illegittimità dell’atto impugnato in prime cure sul presupposto (qui escluso nel merito) della formazione del silenzio-assenso sulla prima istanza di sanatoria.

7.1 – Quanto sopra esposto evidenzia l’infondatezza dell’asserita violazione dell’art. 12, comma 2, L. n. 47 del 1985, perché l’applicazione dell’art. 12 presuppone un intervento su un immobile assentito dall’amministrazione comunale, mentre un tale assenso è mancato sia in forma espressa che tacita, sicché non può parlarsi di "parte eseguita in conformità", presupposto dell’applicazione della norma citata.

Evidente a tal punto l’infondatezza delle censure dedotte e l’inversione procedimentale prospettata dai ricorrenti.

7.2- Fermo tanto, non può che ribadirsi la correttezza della sentenza del TAR che ha evidenziato che l’ordinanza di demolizione non subiva preclusione alcuna da istanze di sanatoria, poiché essendo stata adottata nel 1991, a tale data non v’era alcuna istanza di sanatoria.

Effettivamente, a tale data, l’istanza di condono edilizio del capannone ex L. 28 febbraio 1985, n. 47, presentata da B. e R. nel 1986, era stata respinta con Provv. n. del 1989 dal Comune e il relativo provvedimento non risulta nemmeno impugnato.

Quanto all’istanza di sanatoria presentata da M.S., essa è successiva all’ordinanza di demolizione, essendo stata presentata in data 3 novembre 1994.

Va da sé che è del tutto in conferente la giurisprudenza citata dai ricorrenti a sostegno della tesi difensiva, incentrata sulla preclusione all’amministrazione di emettere ordinanza di demolizione in pendenza di istanza di sanatoria.

8. – Del pari infondata è la censura articolata dai ricorrenti, in relazione all’ordinanza di demolizione del muro di contenimento e del piazzale piattaforma.

Secondo i ricorrenti, queste opere non rientrerebbero nell’art. 2 del regolamento, come ha affermato il TAR, bensì negli artt. 3 lett. b) e c), riferiti alle opere di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo dell’esistente. Ne conseguirebbe che l’esecuzione senza titolo non potrebbe essere sanzionata con la demolizione.

Vero che tali interventi, ove qualificabili come opere di ristrutturazione, sarebbero assentibili con autorizzazione alla stregua dell’art. 3 del Regolamento edilizio e Regolamento edilizio tipo della Regione Marche.

Tuttavia non v’è prova in atti che l’intervento sia consistito effettivamente nella manutenzione del muro di contenimento, in precedenza, asseritamente, assentito con procedura formale, che manifestava pericolo di cedimento con conseguente frana e smottamento e nella manutenzione della piazzola, che realizzata con malta e cemento, era fatiscente e cadeva al transito degli automezzi.

In mancanza di prova sull’originale provvedimento autorizzatorio, ed a fronte di un provvedimento di demolizione dell’amministrazione, non può che ritenersi che tali interventi integrassero una nuova opera, con conseguente obbligo di munirsi della concessione edilizia ai sensi dell’art. 2, lettera h) del Regolamento edilizio al tempo vigente nel Comune di Iesi.

Quanto al vizio di carenza di motivazione, è sufficiente rammentare che ove l’atto afflittivo sia conseguente alla violazione di una precisa norma di legge, il richiamo della norma violata integra idonea motivazione.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.

9.- Nessuna statuizione va presa in ordine alle spese di giudizio, essendo rimasta contumace l’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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