Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 02-12-2011, n. 44981

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di annullamento, ad opera della Corte di Cassazione, di una precedente ordinanza di rigetto, il Tribunale distrettuale di Milano è stato nuovamente investito, quale giudice di rinvio, dell’appello proposto da B.D. avverso il provvedimento del locale giudice dell’udienza preliminare reiettivo dell’istanza da lui presentata per l’applicazione dell’art. 297 c.p.p., comma 3.

Raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare, quale indagato per i reati di cessione di sostanze stupefacenti continuata e di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di droga, il B. aveva segnalato la connessione di tali reati con quello per il quale era già stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con provvedimento del 18 maggio 2008; aveva quindi chiesto la retrodatazione del secondo provvedimento, in base ai principi che presiedono alla c.d. contestazione a catena, facendone conseguire la perdita di efficacia della misura cautelare per avvenuta maturazione del termine di fase.

Con ordinanza datata 31 gennaio 2011 il Tribunale ha disatteso l’istanza, rilevando che nelle more era passata in giudicato la sentenza di condanna emessa a carico del B. per il reato oggetto di contestazione nella prima ordinanza di custodia cautelare:

sicchè, richiamandosi alla giurisprudenza di legittimità consolidatasi a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite n. 20780 in data 18 maggio 2009, ha escluso l’operatività dell’invocata retrodatazione.

Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del difensore, contestando che il principio affermato dalle Sezione Unite fosse applicabile anche nell’ipotesi in cui il giudicato di condanna si fosse formato, come nel caso di specie, successivamente all’emissione del secondo provvedimento cautelare; per il caso di interpretazione della norma in senso contrario alla propria linea difensiva, ha sollevato questione di legittimità costituzionale.

Vi è agli atti una memoria con motivi nuovi presentata nell’interesse del ricorrente, con cui si segnala che la Corte Costituzionale, con sentenza numero 233 in data 19 luglio 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 297 c.p.p., comma 3 nella parte in cui – con riferimento alle ordinanze che dispongono misure cautelari per fatti diversi – non prevede che la regola in tema di decorrenza dei termini in esso stabilita si applichi anche quando per i fatti contestati con la prima ordinanza l’imputato sia stato condannato con sentenza passata in giudicato anteriormente all’adozione della seconda misura.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

In termini ancor più radicali, rispetto alla questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente (e limitata all’ipotesi in cui il giudicato sulla responsabilità per i reati contestati inizialmente sia intervenuto solo dopo l’emissione della seconda ordinanza), con sentenza n. 233 in data 19 luglio 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 297 c.p.p., comma 3, nella parte in cui – con riferimento alle ordinanze che dispongono misure cautelari per fatti diversi – non prevede che la regola in tema di decorrenza dei termini in esso stabilita si applichi anche quando, per i fatti contestati con la prima ordinanza, l’imputato sia stato condannato con sentenza passata in giudicato anteriormente all’adozione della seconda misura: così escludendo, in definitiva, la possibilità che la pronuncia di una condanna irrevocabile possa scindere il rapporto di connessione qualificata fra i reati, che sta alla base della retrodatazione del secondo provvedimento custodiale.

Per effetto della caducazione – operante anche in via retroattiva, non essendosi formata nella specie alcuna preclusione – della norma posta dal Tribunale a fondamento del proprio deliberato, viene meno la ratio giustificatrice del provvedimento impugnato, il quale va conseguentemente annullato. Il giudice di rinvio, che si designa nello stesso Tribunale di Milano (in diversa composizione), sottoporrà a rinnovato esame l’appello proposto dal B. avverso il rigetto della sua istanza di cessazione della misura cautelare, dando corretta applicazione alla normativa di risulta.

Le ragioni dell’annullamento non comportano la rimessione in libertà dell’indagato. Conseguentemente la Cancelleria è chiamata a curare gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano per nuovo esame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *