Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 02-12-2011, n. 44935 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 20 gennaio 2011 la Corte d’Appello di Torino, sostanzialmente confermando (salvo moderazione della pena inflitta) la decisione assunta dal Tribunale di Casale Monferrato in composizione monocratica, ha riconosciuto O.C., R.F., O.M.P. e O.M. responsabili, in concorso fra loro, dei delitti di minaccia, lesione personale lievissima, violenza privata e ingiuria in danno di P.B.; ha quindi tenuto ferma la loro condanna, anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione gli imputati, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo i ricorrenti lamentano che i certificati medici prodotti dal pubblico ministero e dalla persona offesa, espunti in un primo tempo dal fascicolo dibattimentale con provvedimento motivato, siano stati nuovamente e immotivatamente acquisiti al giudizio in un secondo tempo, nonostante l’opposizione della difesa.

Col secondo motivo denunciano illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla ricostruzione del fatto, per errata valutazione delle emergenze probatorie, che sottopongono a rinnovata lettura.

I ricorsi dei quattro imputati, confluiti nell’atto di impugnazione congiunto, sono privi di fondamento e vanno, perciò, rigettati.

L’eccezione di carattere processuale che informa il primo motivo mostra di non tener conto del principio giuridico in base al quale le ordinanze emesse nel corso del dibattimento in materia di prove sono revocabili dallo stesso giudice che le ha emesse (v. art. 495 c.p.p., comma 4); alla stregua di tale regala iuris non è denunciabile come vizio di contraddittorietà il contrasto fra due ordinanze succedutesi nel tempo, prevalendo evidentemente l’ultima in forza della sua capacità di revoca della precedente.

Distinto problema è quello che riguarda la congruità di motivazione dell’ordinanza che abbia, espressamente o tacitamente, revocato altro analogo provvedimento. Peraltro, nel caso di specie, nell’attendere in concreto alla relativa valutazione occorre tener conto di due peculiari elementi, che emergono dalla stessa espositiva del ricorso:

1) l’eccentricità della motivazione – basata sul rilievo per cui si trattava di atti "non irripetibili" – addotta a sostegno della prima ordinanza, rispetto alla disciplina delle produzioni documentali, che prescinde dal requisito di irripetibilità (estraneo alle prove portate in dibattimento ed inapplicabile, per sua natura, alle prove precostituite); 2) l’avere la seconda ordinanza disposto il mero accesso materiale dei documenti al fascicolo del processo e lasciato in sospeso il giudizio sulla loro utilizzabilità: così avendo il giudice differito la decisione, di fatto, fino alla pronuncia della sentenza.

In base a quanto testè rilevato corre l’obbligo di osservare che l’acquisizione dei documenti al fascicolo dibattimentale era doverosa e non richiedeva alcuna motivazione, trattandosi di certificati medici alla cui produzione l’ordinamento processuale non poneva – come non pone – alcun divieto o limitazione; la contraria determinazione assunta in un primo momento dal giudice dell’epoca era totalmente estranea al quadro giuridico di riferimento, onde la sua revoca ben poteva tacitamente basarsi sulla corretta applicazione dell’art. 234 c.p.p.. Solo la rilevanza e la capacità dimostrativa dei documenti prodotti ne condizionavano l’utilizzo ai fini del decidere: e la relativa riserva è stata sciolta positivamente dal giudice di primo grado con la sentenza conclusiva, argomentatamente confermata sul punto dal collegio di seconda istanza.

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto esulante dal novero di quelli consentiti dall’art. 606 c.p.p..

Infatti le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di vizi della motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

La Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno indotta a ritenere provata la condotta illecita ascritta agli imputati; a tal fine ha valorizzato non soltanto le dichiarazioni della persona offesa, ma anche i riscontri rivenienti dal narrato dei carabinieri intervenuti sul posto, donde ha tratto la prova che, nella circostanza, la P. fosse stata circondata e insultata in gruppo dagli odierni ricorrenti, anche sotto gli occhi degli operanti: con ciò essendosi reso attendibile, ad avviso di quel collegio, anche il narrato della ragazza riguardante il pregresso impedimento, oppostole con violenza e minaccia, al transito attraverso il cortile; nonchè il contatto fisico produttivo delle lesioni e dello stato d’ansia da lei lamentato.

Della linea argomentativa così sviluppata i ricorrenti non segnalano alcuna caduta di consequenzialità, che emerga ictu oculi dal testo stesso del provvedimento; mentre il loro tentativo di accreditare una diversa lettura delle deposizioni testimoniali si risolve nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

Al riguardo non sarà inutile ricordare che, per consolidata giurisprudenza, pur dopo la modifica legislativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, al giudice di legittimità resta preclusa – in sede di controllo sulla motivazione – la rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. 15 marzo 2006 n. 10951); e il riferimento ivi contenuto anche agli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" non vale a mutare la natura del giudizio di legittimità come dianzi delimitato, rimanendovi comunque estraneo il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Cass. 22 marzo 2006 n. 12634).

Il rigetto dei ricorsi, che inevitabilmente consegue a quanto fin qui argomentato, comporta la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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