Cons. Stato Sez. V, Sent., 10-01-2012, n. 41 Sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza n. 1130/2002 il Tar per la Liguria ha respinto il ricorso proposto dalla De.Pe.Ti. s.r.l. avverso la deliberazione del consiglio comunale di La Spezia 13 maggio 1999 n. 27, avente ad oggetto la revoca della deliberazione 7 gennaio 1999 n. 1 di approvazione dell’acquisto da parte del comune dell’area in località Monte Montada, già oggetto di stoccaggio di rifiuti solidi urbani, una volta sistemata secondo le opere di ripristino approvate dalla Provincia.

Con la stessa sentenza il Tar ha respinto la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, proposta dal comune di La Spezia per i pregiudizi asseritamente subiti per la gestione dell’area di stoccaggio, a seguito del ritrovamento di materiali pericolosi, della chiusura dello stoccaggio e dell’avvio dei procedimenti penali.

Tale sentenza è stata impugnata dalla società De.Pe.Ti. con il ricorso R.G. n. 83/2004 e dal Comune di La Spezia nel presente giudizio per i motivi che saranno di seguito esaminati.

La società De.Pe.Ti. si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del presente giudizio è limitato all’esame della domanda proposta dal Comune di La Spezia per il risarcimento dei danni subiti per effetto del non autorizzato smaltimento di rifiuti da parte della società De.Pe.Ti. in un area di sua proprietà sita in località Monte Montada, già oggetto di stoccaggio provvisorio di rifiuti solidi urbani.

La domanda è stata proposta in via riconvenzionale nel giudizio di primo grado, instaurato dalla predetta società per l’annullamento dell’atto con cui il Comune aveva revocato la precedente decisione di procedere all’acquisto dell’area.

La revoca è stata determinata dall’emersione (in sede di indagini penali) di alcuni fatti inerenti il rinvenimento di materiali classificati come rifiuti speciali in parte pericolosi, conferiti nel sito in maniera non conforme al progetto di ripristino approvato dalla Provincia.

Il ricorso avverso il provvedimento di revoca è stato respinto dal Tar con la sentenza qui impugnata, ma il relativo ricorso in appello proposto dalla società De.Pe.Ti. non è stato fissato all’odierna udienza.

La definizione di tale ricorso (R.G. n. 83/2004) non assume carattere pregiudiziale, in quanto, benché proposto avverso la medesima sentenza qui impugnata, per tale ricorso sono maturati i presupposti per l’estinzione a seguito della c.d. perenzione ultraquinquennale.

In fatti, a seguito di espressa domanda posta dal Collegio, il difensore della società De.Pe.Ti. ha dichiarato di aver ricevuto dalla segreteria di questa Sezione l’avviso di perenzione ai sensi dell’art. 9, comma 2, della L. n. 205 del 2000 e di non aver presentato nei termini nuova istanza di fissazione, essendo in tal modo maturati i presupposti per la estinzione per avvenuta perenzione, pur non essendo stata ancora dichiarata.

La presenza di altro ricorso in appello proposto avverso la medesima sentenza non è, pertanto, ostativa alla definizione del presente giudizio.

3. Venendo al merito del giudizio, il giudice di primo grado ha respinto la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, rilevando che "la natura e la consistenza dei danni subiti dal Comune di La Spezia deve ancora essere definitivamente accertata: non è poi ancora certo che al Comune debbano conseguire perdite economiche delle quali essere risarcito" e che "il Comune, quale titolare del potere di vigilanza in materia, doveva tra l’altro anche sorvegliare la situazione della discarica e lo stesso Comune non ha dimostrato, anche ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., di aver operato con la diligenza sufficiente ad evitare i danni asseritamente subiti".

Il Comune contesta tale statuizione, deducendo che il fatto che i danni non fossero ancora definitivamente accertati non preclude la proposizione di una domanda risarcitoria, potendo gli ulteriori danni essere dimostrati in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c.; che il Comune ha comunque dimostrato la sussistenza di perdite economiche derivanti dalla condotta della controparte e consistenti nei costi sostenuti per la gestione dell’area; che alcuna violazione degli obblighi di vigilanza può essere imputata all’amministrazione.

Il Comune ha quantificato il danno subito in Euro 463.606,71, aggiornando tale dato in corso di giudizio fino a un totale di Euro 1.197.188.98.

Non si pone il problema del riparto di giurisdizione, essendosi formato il giudicato implicito in ordine alla statuizione del Tar, con cui la domanda è stata esaminata nel merito.

I motivi del ricorso in appello, che possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di fondamento, anche se sulla base di considerazioni diverse da quelle espresse dal Tar.

In primo luogo, si rileva che la domanda qui proposta non può essere qualificata come richiesta di risarcimento del danno ambientale, non essendo stata formulata in tal senso e peraltro non potendo essere formulata in questa sede dal comune (dovendo seguirsi le modalità prescritte in passato dall’art. 18 della L. n. 349 del 1986 e, oggi, dagli artt. 299 e ss. del D.Lgs. n. 152 del 2006).

Chiarito ciò, si rileva che il danno lamentato dal Comune è costituito dalle spese sostenute in relazione all’area inquinata di proprietà della società De.Pe.Ti., compresi i canoni mensilmente corrisposti ad Acam per la gestione dell’area sequestrata dal marzo del 1999 al settembre 2011 (periodo in cui il Comune è stato incaricato della custodia giudiziaria dell’area sottoposta a sequestro preventivo).

Si osserva che il rimborso di tali spese non può assumere natura risarcitoria ed essere, quindi, invocato in questa sede.

Le spese sostenute per la custodia giudiziaria dell’area sottoposta a sequestro penale devono, infatti, essere regolate nell’ambito di quel procedimento e comunque dal giudice penale; anche volendo ritenere che le spese di gestione del bene sequestrato non siano assimilabili alle spese di custodia, tali spese vanno poste a carico dei beni custoditi e gestiti, e quindi a carico di chi ha diritto alla loro restituzione (Cass. pen., IV, n. 20112/05). Tale imputazione non assume natura risarcitoria.

Le ulteriori spese sostenute per la realizzazione di varie opere di messa in sicurezza dell’area costituiscono i costi degli interventi realizzati dal Comune d’ufficio in caso di mancato assolvimento degli obblighi che gravano sul proprietario dell’area e sul responsabile dell’inquinamento (art. 17, commi 9, 10, 11 e 11-bis del D.Lgs. n. 22 del 1997, vigente all’epoca dei fatti e poi sostituito dagli artt. 250 e 253 del D.Lgs. n. 152 del 2006).

Si tratta, pertanto, di una obbligazione di carattere non risarcitorio, diretta alla ripetizione delle spese sostenute in luogo del soggetto inadempiente, che può essere attivata direttamente in via amministrativa dall’amministrazione e non può, quindi, costituire oggetto di una domanda di risarcimento del danno.

Anche se di dovesse seguire la tesi della parte appellata, secondo cui si tratta di una fattispecie di abbandono di rifiuti, e non di gestione non autorizzata di discarica, non muterebbe la natura non risarcitoria della pretesa e la possibilità di agire in via amministrativa (art 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997 e oggi art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006).

La reiezione della domanda risarcitoria va, quindi, confermata, benché sulla base di considerazioni diverse da quelle poste a fondamento della sentenza impugnata e non assumono rilievo le ulteriori circostanze dedotte dalle parti con riferimento al controverso esito dei giudizi penali e agli effetti della costituzione di parte civile in tali giudizi.

4. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto.

Tenuto conto della peculiarità in fatto della vicenda, ricorrono i presupposti per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore

Francesca Quadri, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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