Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 02-12-2011, n. 44934 Falsità ideologica in atti pubblici commessa da privato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 19 ottobre 2010 la Corte d’Appello di Napoli, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Benevento, ha riconosciuto O.A. e R.M. responsabili, in concorso fra loro, del delitto di cui all’art. 483 c.p. per avere falsamente dichiarato al notaio Capone, durante la formazione di un rogito, che l’ O. aveva acquistato per usucapione la proprietà di un immobile intestato a B.R.. Ha ritenuto quel collegio che il compimento del termine ventennale fosse stato impedito dal riconoscimento del diritto di R.B., effettuato da O.A. con una lettera inviata al cognato contestualmente all’invio di una somma per compensarlo dell’occupazione dell’immobile.

Hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione gli imputati, affidandolo a un solo motivo. Con esso contestano, per un verso, l’attendibilità della persona offesa e, per altro verso, segnalano essere pendente un contenzioso civile nel quale è contestata l’autenticità della lettera di riconoscimento valorizzata dal giudice di merito. Si richiamano, da ultimo, alla significativa valenza dell’opposizione mossa da R.M. alla richiesta di liberazione dell’immobile, rivoltagli dal fratello nell’anno 2001.

Osserva la Corte che, prima ancora di verificare la fondatezza delle censure mosse dai ricorrenti alla sentenza impugnata, corre l’obbligo di interrogarsi sulla sussumibilità della fattispecie entro l’ipotesi criminosa di cui all’art. 483 c.p..

La risposta deve essere negativa.

Si imputa all’ O. e alla R. di avere falsamente dichiarato al notaio rogante, in sede di stipulazione di un atto pubblico di compravendita, l’avvenuta acquisizione della proprietà in capo al venditore per usucapione ultraventennale. Orbene, costituisce principio giuridico ormai acquisito, a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite n. 28/00 in data 15 dicembre 1999, quello per cui il delitto ex art. 483 c.p. è configurabile soltanto nei casi in cui una specifica norma giuridica extrapenale attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero. Siffatto obbligo non sussiste nell’ipotesi qui considerata, in quanto la funzione tipica dell’atto di compravendita è soltanto quella di formalizzare un trasferimento di proprietà fra i due contraenti ed è, quindi, del tutto diversa da quella di provare la veridicità dei fatti dichiarati dal venditore.

Questa sezione si è già espressa nel senso indicato con riferimento a una fattispecie del tutto analoga (riguardante un’ipotesi di donazione immobiliare), con sentenza n. 5365 in data 4 dicembre 2007.

Per di più si è osservato in quell’occasione che la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico riguarda le sole attestazioni del privato che il pubblico ufficiale abbia il dovere giuridico di documentare (Cass. 1 febbraio 1985 n. 3312), mentre il notaio non ha il dovere di documentare l’affermazione dell’alienante – in quel caso donatore – di aver posseduto uti dominus il bene negoziato: affermazione, tra l’altro, del tutto insufficiente a far ritenere verificatasi l’usucapione, essendo invece necessaria a tal fine una pronuncia giudiziale di accertamento.

Tali considerazioni sono del tutto condivisibili e vanno qui ribadite.

L’insussistenza del fatto-reato, che inevitabilmente consegue a quanto fin qui osservato, impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, restando conseguentemente assorbite le censure formulate con i motivi di ricorso.

P.Q.M.

la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata in quanto il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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