Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-09-2011) 02-12-2011, n. 45014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Confermando la decisione del Tribunale, la Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza 17 febbraio 2010, ha ritenuto S. V. responsabile del reato previsto dall’art. 600 ter c.p., comma 3 e lo ha condannato alla pena di giustizia.

Per giungere a tale conclusione, la Corte ha ritenuto accertato, dalla compiuta istruttoria, che l’imputato, in data (OMISSIS) si fosse collegato per tre volte ad Internet in orari diversi utilizzando il programma files-sharing e captando immagini a contenuto pedopornografico che aveva messo in condivisione. In base a tale rilievo, i Giudici hanno scartato, per la ripetizione della condotta, la prospettazione difensiva secondo la quale l’imputato si era involontariamente imbattuto nei predetti files ed i collegamenti successivi al primo erano conseguiti ad un automatismo del computer.

Questa conclusione è censurata dal S. nei motivi di ricorso in Cassazione con i quali ha eccepito la sua non conoscenza del contenuto illecito delle immagini e del funzionamento dei programmi files-sharing e conseguente carenza di dolo.

La prova dello involontario collegamento automatico del computer lasciato acceso dopo la prima connessione derivava – secondo il ricorrente – dalla circostanza che sono state scaricate le stesse immagini e che la perquisizione domiciliare non aveva reperito materiale illecito.

Il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni. Nessuna incertezza presenta la materiale ricostruzione dei fatti posti alla base del processo, sulla quale convergono accusa e difesa; il ricorrente sostiene la non configurabilità della contestata fattispecie di reato per la mancanza di coscienza e volontà di divulgare materiale pedopornografico.

Ora, le censure ora al vaglio di legittimità erano già state sottoposte all’esame della Corte di Appello, prese della dovuta considerazione e confutate con articolata motivazione; di tale iter argomentativo, il ricorrente non tiene conto nella redazione delle sue critiche che, sotto tale profilo, sono prive della necessaria concretezza perchè non in sintonia con le ragioni giustificatrici del gravato provvedimento. Inoltre, le deduzioni del ricorrente non tengono conto del limite cognitivo del giudizio di legittimità in presenza di una motivazione che, come nel caso in esame, è congrua, completa, priva di vizi logici o giuridici; invero i Giudici, dopo una accurata ponderazione del compendio istruttorio, hanno focalizzato gli elementi e gli argomenti che hanno permesso di concludere per la sussistenza del dolo.

In tale contesto, il ricorrente chiede una rinnovata valutazione delle prove – alternativa a quello correttamente operata dai Giudici di merito – inammissibile in questa sede anche dopo la novazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, sub e) operata con la L. n. 46 del 2006, art. 8. La norma permette una indagine extratestuale oltre il limite del provvedimento impugnato, ma non ha alterato la funzione tipica della Cassazione per la rimane fermo il divieto – in presenza di una motivazione non carente e non manifestamente infondata- di una diverso valutazione delle emergenze agli atti.

Per invocare il nuovo vizio motivazionale, occorre che gli elementi probatori, che il ricorrente reputa trascurati o male interpretati, abbiano una pregnanza tale da disarticolare l’intero ragionamento del Giudice sì sa renderne illogica o contraddittoria la conclusione. A tale risultato non conducono le censure dell’imputato. Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma-che la Corte reputa equo fissare in Euro mille – alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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