Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-06-2012, n. 10637

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Svolgimento del processo

V.A., titolare della omonima ditta individuale, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Alba a favore della s.r.l. Ferrero per la somma di Euro 16.861,11, oltre accessori, quale residuo importo dovuto per l’acquisto di autovetture ed accessori di cui alle fatture n. (OMISSIS).

L’opponente sosteneva di aver già pagato le prime quattro fatture con quattro assegni bancari e di non aver mai ricevuto la merce indicata nell’ultima delle indicate fatture n. (OMISSIS).

Chiedeva, perciò, la revoca del decreto opposto ed il risarcimento del danno ex art. 96 cod. proc. civ., reclamato nell’importo di Euro 7.000,00.

Si costituiva la Ferrero s.r.l., che dava atto dell’avvenuto incasso delle somme portate dai quattro assegni, ma assumeva che dette somme erano servite per estinguere pregressi suoi crediti per pagare precedenti fatture, con la conseguenza che residuava ancora a suo favore il credito corrispondente al rapporto negoziale indicato quale causa petendi del ricorso per ingiunzione, per cui chiedeva la conferma del decreto opposto.

Il tribunale rigettava l’opposizione.

La Corte d’appello di Torino revocava il decreto ingiuntivo, escludeva che fosse stata consegnata la merce indicata nella fattura n. (OMISSIS) e condannava la ditta V.A. a pagare alla Ferrerò s.r.l. la somma di Euro 16.244,64, oltre accessori.

Rilevavano, al riguardo, i giudici dell’appello che la società ricorrente per ingiunzione aveva dimostrato che il pagamento effettuato con i suddetti quattro assegni bancari era da imputare alla estinzione di pregressi suoi crediti nei confronti di V. A..

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso V. A. con tre motivi.

Resiste con controricorso la società Ferrerò s.r.l..

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso il ricorrente denuncia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 1193 c.c. e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè contraddittoria e/o insufficiente motivazione della sentenza sui punti decisivi della controversia per avere la Corte d’Appello erroneamente valutato le risultanze processuali relative alle deposizioni testimoniali".

Si assume che la sentenza sarebbe stata emessa in violazione dell’art. 1193 c.c., che attribuisce al debitore il diritto potestativo di indicare al momento del pagamento quale debito intende soddisfare.

Si aggiunge, poi, che sarebbe nulla per violazione del principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. e per insufficiente motivazione.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1193 e 2697 c.c., nonchè la contraddittoria ed insufficiente motivazione della sentenza su punti decisivi della controversia, perchè la Corte di merito avrebbe esaminato la documentazione contabile, prodotta dalla società Ferrero spa, che il tribunale aveva dichiarato inutilizzabile perchè tardivamente depositata.

Con il terzo motivo si denuncia che la Corte d’appello non avrebbe potuto estendere l’indagine a tutti i rapporti commerciali intercorsi fra le parti dal 1996 al 2003 al fine di stabilire se l’imputazione del pagamento dovesse o meno essere riferibile ad un debito più antico di quello comprovato dalle prodotte fatture.

Assume il ricorrente che il giudizio di merito introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo, proposto dalla ditta V., era volto ad accertare la pretesa delle quattro fatture e che la Corte d’appello e il tribunale avrebbero errato nell’estendere l’indagine a tutta la serie di rapporti commerciali intercorsi tra le parti al fine di stabilire se, nella sussistenza di debiti pregressi inadempiuti dal V., dovesse ad essi imputarsi il pagamento delle somme portate dagli assegni bancari in questione.

Il suddetto terzo motivo, il cui esame deve logicamente precedere quello delle altre censure, non è fondato.

Chi agisce in giudizio per il recupero di un credito può allegare ed ha il diritto di provare in corso di causa, senza con ciò dar luogo a mutamento della domanda, che il pagamento eccepito dal debitore si riferisce ed è imputabile, in base alle intercorse intese, ad un credito diverso da quello azionato. (Cass., n. 474/775; arg. da Cass., n. 26945/2008).

Nel caso in esame, pertanto, correttamente il giudice del merito ha esteso l’istruttoria al complesso dei rapporti di fornitura intercorsi fra le parti e durati una pluralità di anni per accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto e quindi accertare i fatti costitutivi del diritto in contestazione, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza che decide sull’opposizione.

Infondato è anche il primo motivo dell’impugnazione.

L’art. 1193 c.c., comma 1, attribuisce al debitore, che abbia più debiti verso il medesimo soggetto, la facoltà di indicare, al momento del pagamento, quale debito intende soddisfare e, se il debitore non si avvale di detta facoltà, l’imputazione del pagamento può essere fatta dal creditore, mentre i criteri legali, di cui alla predetta norma, hanno soltanto carattere suppletivo.

L’imputazione, tuttavia, deve avvenire al momento del pagamento e non è più valida se effettuata in un momento successivo, in difetto di adesione dei creditore.

E’ stato, quindi, già affermato che in tema di pagamento, allorchè una parte agisca per l’adempimento di un proprio credito e l’altra parte dimostri di aver pagato somme di denaro senza imputare il pagamento a quel credito, spetta al creditore, il quale intenda sostenere che quel pagamento doveva essere imputato ad altro credito già scaduto, dare la prova dell’esistenza di quest’ultimo (Cass., n. 8066/2007; Cass., n. 17102/2006; Cass., n. 1064/2005).

V.G., per riferire il pagamento che effettuava al rapporto controverso, avrebbe dovuto espressamente manifestare detta sua facoltà e richiedere una quietanza per la fornitura in questione.

Nel caso in esame – secondo quanto l’impugnata sentenza ha accertato sulla base anche di quel che i testi avevano riferito – non vi fu da parte del debitore alcuna sua imputazione preferenziale del pagamento; nè lo stesso pretese quietanza alcuna, essendosi limitato – a fronte della espressa pretesa della società creditrice di imputare il pagamento a pregressi suoi crediti – a dichiarare che avrebbe fatto eseguire dei controlli e che avrebbe pagato in occasione del prossimo acquisto.

Non può, infine, essere accolto neppure la censura di cui al secondo mezzo di doglianza.

Lamenta parte ricorrente che la Corte di merito ha esaminato la documentazione contabile prodotta dalla Ferrero e dichiarata dal Tribunale di Alba inutilizzabile perchè tardivamente depositata.

Dalla sentenza impugnata non risulta che la Corte abbia fondato la propria decisione sulla documentazione tardivamente prodotta nè il ricorrente indica di quali documenti il giudice del merito non avrebbe dovuto tenere conto e come sul preteso inammissibile esame di essi sia stata fondata la decisione assunta in secondo grado.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 1.800,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2012

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