Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-11-2011) 05-12-2011, n. 45055

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 10 marzo 2011, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania ha applicato, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., nei confronti di C.C. la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa quale imputato di rapina.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale genericamente lamenta vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen..

Il ricorso è manifestamente inammissibile. Costituisce, infatti, principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui la sentenza che applica la pena su richiesta si fonda sulla concorde volontà delle parti negozialmente espressa e che il giudice è tenuto a compiere, da un lato, l’accertamento positivo in ordine alla validità del consenso prestato, alla corretta qualificazione giuridica del fatto, alla applicazione ed alla comparazione di eventuali circostanze, alla congruità della pena ed alla concedibilità dei benefici – ove a questi l’applicazione della pena sia subordinata – e, successivamente, deve accertare la non ricorrenza delle cause di non punibilità, non procedibilità o estinzione del reato, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.. Tale accertamento, peraltro, attesa la connotazione negativa che esso assume nel panorama della specifica e peculiare delibazione devoluta al giudice chiamato a definire il procedimento speciale, non comporta l’obbligo di una specifica ed analitica motivazione, soprattutto quando le ragioni del proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., non siano allegate dall’imputato o non siano desumibili ex actis, essendo sufficiente che il giudice enunci l’esito negativo della indagine senza ulteriormente diffondersi sulla ricerca degli elementi di colpevolezza dell’imputato, sottesi al consenso prestato ed alla rinuncia dello stesso a contestare mediante la richiesta di applicazione della pena la fondatezza dell’accusa.

Quanto, poi, alle circostanze ed alla loro comparazione è parimenti sufficiente che il giudice ritenga la correttezza della loro applicazione e prospettazione, mentre per ciò che attiene alla pena, l’obbligo di motivazione è soddisfatto dall’esplicito giudizio circa la relativa congruità. Pertanto, ogni censura attinente al merito del consenso, alla fondatezza della accusa ed all’accertamento positivo degli altri elementi dianzi specificati (qualificazione del fatto, applicazione e comparazione delle circostanze, congruità della pena e benefici) rimane preclusa; sicchè, il ricorso per cassazione con il quale l’imputato si dolga del mancato proscioglimento, della contestazione delle circostanze, del giudizio di comparazione, del trattamento sanzionatorio unicamente per il profilo del difetto di motivazione della sentenza – quando il giudice abbia effettuato, come nel caso di specie, gli accertamenti positivi e negativi richiesti dalla legge – deve essere dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza del motivo.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.500,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *