Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-06-2012, n. 10625

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.E., titolare della ditta immobiliare Panorama, convenne, dinanzi al Tribunale di Varese, C.L. per ottenere il pagamento di provvigioni per l’attività di mediazione svolta in una compravendita immobiliare nella quale la stessa C. era acquirente.

Quest’ultima contestava la domanda attrice chiedendone il rigetto.

Il Tribunale di Varese, con sentenza depositata il 16 gennaio 2003, n. 55 condannò la C. a corrispondere all’attore la complessiva somma di L. 15.000.0000 (Euro 7.746,85), oltre accessori.

Sosteneva il Tribunale che, a fronte della conferma della lettera di incarico e del compenso pattuito, nulla risultava essere provato dalle molteplici circostanze addotte dalla convenuta.

Avverso tale sentenza proponeva appello C.L. sostenendo che, pur avendo il titolare della Panorama svolto l’attività di mediazione di cui sopra, lo stesso aveva rinunciato al corrispettivo "dopo averlo ricevuto, in misura sovrabbondante probabilmente in nero, da parte del venditore".

Aggiungeva l’appellante che il F. aveva espressamente rinunciato al compenso nella prospettiva di concludere con la C. altro affare per l’acquisto di un appartamento in (OMISSIS). Al riguardo il F. avrebbe restituito l’originale della lettera d’incarico, sbarrato in segno di annullamento.

L’appellato F.E. deduceva l’infondatezza dei motivi addotti a sostegno del proposto gravame e concludeva per il rigetto dello stesso.

La Corte d’Appello di Milano ha respinto la domanda proposta da F.E. nei confronti di C.L..

Propone ricorso per cassazione F.E. con due motivi.

Resiste con controricorso C.L..

Motivi della decisione

Preliminarmente il controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso ex art. 366 c.p.c., n. 4. Sostiene in particolare che i motivi mancano dei requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata.

L’eccezione è infondata in quanto i quesiti sono correttamente formulati.

Con il primo motivo del ricorso F.E. denuncia "Violazione dell’art. 2697 c.c. (onere della prova) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3".

Sostiene il ricorrente che la C. non ha provato il fatto su cui si fonda la sua eccezione, ossia la rinuncia, da parte dello stesso F., alla provvigione pattuita, rinuncia che risulterebbe dalla consegna dell’originale della proposta sottoscritta dalla medesima C. e barrata.

Che il possesso di tale proposta barrata, prosegue il ricorrente, costituisca prova della rinuncia alla provvigione è ipotesi opinabile che non trova conferma in altri fatti concludenti.

Il motivo è infondato.

A norma dell’art. 2697 c.c., ciascuna delle parti ha l’onere di provare i fatti che allega e dai quali pretende che derivino conseguenze giuridiche a suo favore. Spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere fra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti costituitivi della domanda, dare prevalenza all’uno od all’altro mezzo di prova, rientrando ciò nel suo potere discrezionale ai sensi dell’art. 116 c.p.c..

Nel caso in esame l’impugnata sentenza ha ritenuto acquisita agli atti la prova non solo della esibizione dell’originale del documento, ma anche del fatto che lo stesso documento risultava essere stato barrato a penna. Inoltre le testimonianze di S. e C. confermavano l’intervenuta rinuncia da parte del F. alla provvigione per la mediazione.

D’altra parte l’interpretazione del comportamento del F. come rinuncia alla mediazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.

Nè con il ricorso il ricorrente offre una diversa interpretazione.

Con il secondo motivo del ricorso si denuncia "violazione degli artt. 1236 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4".

Secondo parte ricorrente la Corte d’Appello ha violato il disposto dell’art. 1236 c.c., che esige una manifestazione di volontà da parte del creditore in punto di remissione del debito.

Ha inoltre accolto acriticamente le argomentazioni contraddittorie della C. a giustificazione del mancato pagamento.

Il motivo è infondato.

Nel caso in esame non è configurabile una remissione del debito ma si ha soltanto la restituzione dell’originale dell’impegno irrevocabile d’acquisto, barrato, da considerare come prova della rinuncia all’incarico.

Il motivo è peraltro inammissibile in quanto il problema della remissione del debito è stato sollevato per la prima volta in cassazione.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con compensazione delle spese del giudizio di cassazione in considerazione del diverso esito delle pronunce in primo e in secondo grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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