Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-06-2012, n. 10623 Responsabilità precontrattuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione ritualmente notificata il Comune di Ravenusa conveniva in giudizio S.G. chiedendone la condanna alla restituzione della somma di L. 25.346.000 corrispondente all’importo di tre canoni mensili che le erano stati anticipati in funzione della stipula di un contratto di locazione, successivamente non concluso.

Nel giudizio, si costituiva la convenuta ed interveniva suo figlio, B.G., i quali chiedevano ed ottenevano di chiamare in causa il Sindaco del Comune, F.S., e spiegavano domanda riconvenzionale volta alla condanna del Comune al risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale o precontrattuale ovvero, in subordine, del sindaco, in proprio, per responsabilità contrattuale. In esito, con sentenza del 25-27 marzo 2003 il Tribunale di Agrigento accoglieva la domanda proposta dal Comune di Ravenusa e rigettava la riconvenzionale.

Avverso tale decisione proponevano appello i soccombenti ed, in esito al giudizio, in cui si costituivano sia il Comune sia il F., la Corte di Appello di Palermo con sentenza depositata in data 27 febbraio 2007 rigettava l’impugnazione. Avverso la detta sentenza i soccombenti hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo, illustrato da memoria. Resistono con controricorso sia il Comune di Ravenusa sia il F..

Motivi della decisione

Con unica doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1337 c.c., nonchè la motivazione insufficiente, i ricorrenti lamentano che la Corte di Appello non avrebbe minimamente preso in considerazione la lettera del 5 luglio 1999 con cui il Comune, e per esso il Sindaco, replicando alla originaria proposta del B., "controproponeva riguardo a talune condizioni contrattuali ma assentiva riguardo ad altre (la corresponsione al locatore di due annualità anticipate e la sufficiente durata del contratto) e richiedeva alla controparte l’effettuazione, in attesa della semplice formalizzazione del contratto, dei lavori di adeguamento dell’immobile oggetto della stipulanda locazione, ingenerando perciò nella controparte il legittimo affidamento sul consenso del Comune riguardo a quelle condizioni contrattuali;

affidamento confermato anche dal fatto che i lavori erano effettuati a cura degli odierni ricorrenti sulle richieste e sotto la sorveglianza del Sindaco e di esponenti dell’amministrazione comunale, come attestato da tre deposizioni testimoniali (circostanza questa e testimonianze in ordine alle quali la sentenza impugnata ha altresì omesso ogni e qualsiasi considerazione); di guisa che la successiva delibera del 5 agosto 1999 comunicata al B., ove quelle condizioni erano totalmente ribaltate, costituiva non già la prima replica, in fase di trattative, alla originaria proposta del B., bensì un non altrimenti giustificato (e perciò contrario al principio di buona fede) voltafaccia rispetto ad atteggiamento del Comune manifestato un mese prima ed al legittimo affidamento a seguito di esso ingeneratosi" (così, nel momento di sintesi). Ha concluso quindi la dedotta violazione di legge con il seguente quesito di diritto: "se costituisca condotta contraria alla buona fede nelle trattative precontrattuali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1337 c.c., non solo quella di chi abbandoni ingiustificatamente le trattative, ma anche quella di chi dapprima induca la controparte nel legittimo affidamento circa la sostanziale accettazione di alcune condizioni contrattuali (nella specie quella relativa alla corresponsione anticipata al locatore di due annualità di canone di locazione e quella relativa ad una sufficiente durata del contratto di locazione) e poi smentisca senza giustificazione l’assenso inizialmente prestato a dette condizioni (in particolare negando la corresponsione delle due annualità anticipate e prevedendo il recesso ad nutum del conduttore) e renda perciò inaccettabile l’assetto contrattuale alla controparte".

La censura in entrambi i suoi profili è infondata e non merita di essere accolta.

All’uopo, mette conto di evidenziare che il percorso argomentativo della Corte di merito ha preso le mosse dalle seguenti circostanze di fatto:

1) in data 17 giugno 1999 il Sindaco di Ravenusa rendeva nota alla cittadinanza l’esigenza di prendere in locazione immobili da adibire ad aule scolastiche. Pochi giorni dopo, con lettera del 25.6.1999, il B. dichiarava la propria disponibilità a concedere in locazione una sua costruzione, ancora allo stato grezzo, con l’impegno di provvedere a proprie spese ai lavori per renderla funzionante all’uso, per il canone di L. 110 milioni annuo, con caparra anticipata di due annualità da corrispondersi alla stipula del contratto e per una durata non inferiore a 10 anni.

2) in data 5.7.1999, dopo un sopralluogo di un funzionario dell’U.T.C. che indicava i lavori necessari per rendere l’immobile idoneo all’uso e fissava il canone nella somma di L. 101.384.000, il Sindaco inviava al B. una lettera in cui comunicava la disponibilità a prendere in locazione i locali al prezzo e nei termini previsti nella relazione del funzionario ed invitava il B. a procedere nei modi concordati; quindi il 5 agosto 1999, la G.M. deliberava di prendere in locazione i locali per il canone indicato dal tecnico, da corrispondersi in quattro rate anticipate trimestrali, con facoltà di recesso, in qualsiasi momento, per il conduttore, con preavviso al locatore; il successivo 9 agosto la stessa Giunta deliberava il versamento alla madre del B. dell’anticipo di L. 25.346.000, corrispondente al canone relativo al quarto trimestre 1999.

3)il 13.9.1999 il legale degli appellanti comunicava al Sindaco che l’autorizzazione alla stipula del contratto, deliberata dalla G.M., si discostava dalle condizioni pattuite, relativamente alla durata minima del rapporto, al diritto di recesso che non era stato previsto ed alla mancata disposizione relativa alle due annualità anticipate, affermando che tali condizioni dovevano ritenersi essenziali per i locatori mentre quelle proposte dall’Amministrazione erano assolutamente inaccettabili 4) Dopo che una conferenza di servizi svoltasi nella casa comunale non aveva sortito esito positivo, in ordine all’eliminazione del diritto di recesso ed alla corresponsione delle due annualità, il Comune notificava la richiesta di restituzione delle somme che aveva anticipato alla S..

Tutto ciò premesso, la Corte di merito ha quindi concluso che la rottura delle trattative era intervenuta per il mancato accordo sui punti relativi all’eliminazione della facoltà di recesso del conduttore e sul versamento anticipato delle due annualità, accordo non raggiunto benchè entrambe le questioni fossero state dibattute nella conferenza di servizi, in cui fu anche sondata la possibilità tecnica di procedere allo storno di fondi, come era emerso dalle prove testimoniali raccolte in prime cure, relative alla conferenza di servizi tenutasi il 15.9.1999. Con la conseguenza – questa, in sintesi la conclusione della Corte – che la mancata stipulazione della locazione non poteva essere ricondotta alla violazione dei doveri di correttezza e buona fede da parte del Comune. Ora, la conclusione cui è pervenuta la Corte è in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità e merita di essere condivisa. Ed invero,perchè possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. (cfr. Cass. n. 7768/2007, n. 11438/2004).

In effetti, la responsabilità precontrattuale è configurabile qualora nel corso delle trattative una delle parti abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede. Non è necessaria però la malafede, essendo invece sufficiente il comportamento non intenzionale o meramente colposo della parte. Deve essere però assolutamente fermo – ed è questo l’elemento decisivo ai fini della configurabilità della responsabilità contrattuale, elemento invece escluso dalla Corte di merito nel caso di specie – che l’interruzione delle trattative sia stata priva di ogni ragionevole giustificazione, tenuto conto del modo, della durata e dello stato delle trattative, cosi che risultino con tutta evidenza tradite le ragionevoli aspettative della controparte, la quale, confidando nella logica conclusione del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o abbia rinunciato ad occasioni più favorevoli. Giova aggiungere che costituisce principio consolidato di questa Corte, quello secondo cui la verifica della ricorrenza di tutti i suddetti elementi, risolvendosi in un accertamento di fatto, è demandato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato (ex multis, Cass. n. 7768/2007, n. 4856/07, n. 11438/2004).

Ed è appena il caso di sottolineare come nel caso di specie la Corte abbia argomentato con una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione,ponendo in evidenza innanzitutto che la rottura delle trattative fu riconducibile all’iniziativa del locatore, tramite il suo legale, e non già del Comune investito dalla domanda risarcitoria; in secondo luogo, che essa intervenne per il mancato accordo sui punti relativi all’eliminazione della facoltà di recesso ad nutum del conduttore e sul versamento, anticipato di due annualità di canone.

Ora, la lettera del 5.7.1999, cui si riferisce il ricorrente nella sua doglianza, contrariamente al suo assunto, fu ben tenuta presente dai giudici di seconde cure, i quali nel sottolineare che la missiva non conteneva il minimo accenno in relazione alla pretesa di concedere le due annualità anticipate – clausola che fu definita irrinunciabile dal locatore in seno alla diffida del 13.9.1999 – evidenziarono altresì, sia pure implicitamente, la rilevanza, invero di per sè non decisiva, della lettera stessa ai fini dell’intervenuta rottura delle trattative, riguardando essa – peraltro, neppure in termini chiari e diretti – una sola delle due distinte ragioni che indussero il locatore a ritenere assolutamente inaccettabili le proposte dell’Amministrazione.

Ne deriva l’infondatezza della doglianza in esame.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente B.G., alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente B. G., in proprio e nella qualità di erede di S.G., alla rifusione delle spese processuali, che liquida in favore di ciascuno dei controricorrenti, in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *