Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-06-2012, n. 10617 Poteri e doveri del giudice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con atto di citazione notificato il 16 marzo 1989 l’Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Bari convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari la S.p.A. Toro Assicurazioni, deducendo di avere affidato alla Pierino Profeta & C. S.r.l. l’appalto dei lavori di costruzione di 128 alloggi con parcheggio in (OMISSIS), con contratto stipulato il 17 luglio 1987, per un importo di L. 3.100.000.000.

L’Istituto esponeva che, a garanzia dell’esecuzione dei lavori, era stata stipulata con la Toro Assicurazioni una polizza fideiussoria dell’importo di L. 155.000.000, corrispondente all’ammontare della cauzione; che, inoltre, aveva corrisposto alla Pierino Profeta & C. S.r.l., a titolo di anticipazione, la somma di L. 632.400.000, previa prestazione di altra polizza fideiussoria dell’importo di L. 664.020.000, stipulata sempre con la Toro Assicurazioni per l’eventualità che la ditta appaltatrice fosse tenuta alla restituzione. Premesso che il contratto di appalto era stato rescisso con delibera del 19 luglio 1988, l’Istituto attore chiese che la Toro Assicurazioni, in relazione alle polizze fideiussorie predette, fosse condannata al pagamento in suo favore delle somme di L. 155.000.000 e L. 632.400.000, con interessi e spese.

Si costituì in giudizio la società assicuratrice convenuta, eccependo, in primo luogo, l’insussistenza dell’obbligo di garanzia per l’insussistenza dell’obbligazione principale;

quindi, la decadenza dell’Istituto dalla garanzia fideiussoria ex art. 1957 cod. civ.; inoltre, contestò l’esistenza dell’inadempimento della ditta appaltatrice posto a fondamento della rescissione del contratto e chiese il rigetto delle domande, vinte le spese.

Nel corso del giudizio intervenne volontariamente la Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione, contestando di essersi resa inadempiente al contratto di appalto e sostenendo anzi di essere creditrice nei confronti dell’I.A.C.P. committente; chiese, quindi, il rigetto delle domande di quest’ultimo.

1.1.- Intanto, con separato giudizio, la S.p.A. Toro Assicurazioni agì in regresso nei confronti della Pierino Profeta & C. S.r.l., subordinando la domanda all’accoglimento delle domande di condanna spiegate nei suoi confronti dall’Istituto committente.

I due giudizi vennero riuniti con ordinanza del 15 marzo 1990.

1.2.- Il Tribunale di Bari, sezione stralcio, con sentenza n. 783 del 10 ottobre 2000, dichiarò che la ditta appaltatrice aveva sostenuto esborsi ed eseguito lavori per un importo complessivo di L. 436.553.280 e che, in ragione del pagamento di L. 280.000.C00 eseguito in sede di concordato preventivo della stessa ditta, questa aveva estinto ogni suo obbligo restitutorio; rigettò l’eccezione di decadenza proposta dalla Toro Assicurazioni ex art. 1957 cod. civ. e condannò quest’ultima, in qualità di fideiussore dell’impresa appaltatrice, a corrispondere, a titolo di residuo debito dell’appaltatrice nei confronti del committente, la somma di L. 70.846.720, oltre interessi legali dalla notifica dell’atto di citazione sino al soddisfo; compensò interamente tra le parti le spese del primo grado.

2.- Avverso la sentenza venne proposto appello da parte dell’Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Bari che lamentò che il proprio credito nei confronti della ditta appaltatrice ammontava alla somma di L. 384.400.000 per restituzioni, nonchè alla somma di L. 155.000.000 per la cauzione, oltre interessi legali e maggior danno sull’una e sull’altra (calcolati secondo quanto esposto in apposito motivo d’appello) e chiese la condanna della S.p.A. Toro Assicurazioni al pagamento in suo favore di tali somme, nonchè la condanna di entrambe le convenute appellate al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

2.1.- Si costituì in appello la Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione e chiese il rigetto del gravame avversario. Propose, a sua volta, appello incidentale lamentando che aveva errato il Tribunale nel non aver dichiarato inefficace il provvedimento di aggiudicazione della gara d’appalto, in mancanza dell’approvazione del Comitato Regionale di Controllo; che il contratto di appalto era nullo ab origine ex art. 1418 cod. civ., comma 2, e conseguentemente prive di effetto si sarebbero dovute ritenere le fideiussioni prestate dalla Toro Assicurazioni; che, comunque, vi era altra ragione di nullità del contratto di appalto, per illiceità dell’oggetto, essendo stato stipulato senza che fosse stata rilasciata la concessione edilizia per la realizzazione dell’opera, con conseguente invalidità delle prestate fideiussioni; in via subordinata, anche ove si fosse ritenuta la validità del contratto, che la sentenza di primo grado era errata per non aver valutato l’illegittimità del provvedimento di rescissione adottato dall’ente appaltante, ritenendo che avrebbe dovuto essere impugnato davanti al giudice amministrativo; che, quanto alla richiesta di restituzione dell’anticipazione contrattuale, il Tribunale aveva errato nel compensare le somme dovute dall’Istituto committente in favore della Pierino Profeta & C. S.r.l. come quantificate dalla CTU espletata in primo grado per esborsi e parziale esecuzione dei lavori con la somma richiesta dall’Istituto alla Toro Assicurazioni quale residuo del credito di restituzione dell’anticipazione contrattuale, avendo indebitamente beneficiato di tale compensazione la società assicuratrice.

L’appellante incidentale chiese pertanto la riforma della sentenza di primo grado con la pronuncia, in via riconvenzionale, sulle due domande proposte dall’I.A.C.P. nei confronti della S.p.A. Toro Assicurazioni e quindi il rigetto di quella relativa all’escussione della polizza avente ad oggetto la cauzione per l’illegittimità della rescissione del contratto ed il rigetto dell’eccezione di compensazione relativamente all’escussione della polizza avente ad oggetto la restituzione dell’anticipazione.

2.2.- Si costituì in giudizio anche la S.p.A. Toro Assicurazioni e chiese il rigetto dell’appello; spiegò appello incidentale per un primo motivo sostanzialmente coincidente con quello proposto con l’appello incidentale della ditta appaltatrice quanto all’asserita inefficacia del provvedimento di aggiudicazione ed alla conseguente nullità ab origine del contratto di appalto e quindi delle fideiussioni; in subordine, chiese la riforma della sentenza di primo grado che aveva rigettato l’eccezione di decadenza ex art. 1957 cod. civ., con riferimento alla polizza n. (OMISSIS) relativa alla cauzione di L. 155.000.000 per la buona esecuzione dei lavori; dedusse, in ulteriore subordine, che il contratto di appalto avrebbe dovuto essere considerato risolto non per fatto e colpa dell’appaltatrice, ma per fatto e colpa del committente e conseguentemente non sussistevano le obbligazioni per le quali la Toro Assicurazioni si era costituita fideiussore; da ultimo, contestò la pronuncia di compensazione delle spese.

L’appellante incidentale chiese pertanto che fosse dichiarato che il contratto di appalto era inesistente o, in subordine, nullo; in subordine, che fosse dato atto che l’I.A.C.P. era decaduto dal diritto di escutere le polizze fideiussorie ai sensi dell’art. 1957 cod. civ.; che, in caso di accoglimento dell’appello, l’Istituto fosse condannato a restituire quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado, vinte comunque le spese di entrambi i gradi.

2.3.- La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 10 ottobre 2006, ha accolto l’appello principale, dichiarando che nulla è dovuto dall’I.A.C.P. di Bari all’impresa Pierino Profeta & C. S.r.l. in forza del contratto di appalto del 17 luglio 1987 rescisso il 19 luglio 1988 e condannando la S.p.A. Toro Assicurazioni al pagamento delle somme di L. 384.400.000 per restituzioni e di L. 155.000.000 per cauzione, oltre interessi legali dalla costituzione in mora (11 ottobre 1998); ha condannato la Toro Assicurazioni al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

3.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello, la S.p.A. Toro Assicurazioni propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.

Resiste con controricorso l’I.A.C.P. che propone, a sua volta, ricorso incidentale affidato ad un motivo; a questo ricorso incidentale la S.p.A. Toro Assicurazioni resiste con controricorso.

La Pierino Profeta & C. s.r.l. in liquidazione propone controricorso, relativamente al settimo motivo del ricorso principale concernente la domanda di manleva della Toro Assicurazioni nei suoi confronti;

propone, inoltre, ricorso incidentale, affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso l’Istituto Autonomo Case Popolari.

La S.p.A. Toro Assicurazioni e l’I.A.C.P. hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

Preliminarmente, i ricorsi vanno riuniti.

1.- Il ricorso principale proposto dalla S.p.A. Toro Assicurazioni è basato su sette motivi: i primi tre sono relativi alla qualificazione delle polizze fideiussorie come contratti autonomi di garanzia, data per la prima volta dalla Corte d’Appello; il quarto è relativo alla pretesa inefficacia del contratto di appalto ed alla conseguente ritenuta nullità delle fideiussioni; il quinto è relativo all’eccezione di decadenza ex art. 1957 cod. civ.; il sesto alla legittimità del provvedimento di rescissione adottato dall’Ente appaltante della L. n. 2248 del 1865, ex art. 340, all. F); il settimo alla omessa pronuncia sulla domanda di manleva proposta dalla S.p.A. Toro Assicurazioni nei confronti della ditta appaltatrice.

Appresso vengono esaminati i primi tre motivi; a seguire sarà trattato il quarto, che andrà esaminato congiuntamente al primo motivo del ricorso incidentale della Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione, essendo coincidenti le questioni giuridiche e di fatto da affrontare; la decisione sui restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale, nonchè sul ricorso incidentale dell’I.A.C.P., sarà consequenziale.

2.- Col primo motivo del ricorso principale è dedotta violazione degli artt. 2909 cod. civ., 112, 329, 342, 345, 346 cod. civ., per avere la Corte d’Appello qualificato le polizze fideiussorie come garanzie autonome, tali da precludere al garante la possibilità di sollevare eccezioni scaturenti dal rapporto principale. Deduce la ricorrente che durante il primo grado di giudizio nessuna delle parti avrebbe posto in dubbio (tempestivamente) che le polizze de quibus fossero delle vere e proprie fideiussioni tipiche, tanto è vero che su questo presupposto la Toro Assicurazioni aveva basato le proprie difese e l’I.A.C.P. non aveva contestato la circostanza, ma anzi l’aveva data sostanzialmente per acquisita; che il Tribunale aveva deciso la causa, non solo qualificando espressamente come nascenti da fideiussione gli obblighi della Toro Assicurazioni, ma anche e soprattutto emettendo una pronuncia che, secondo la ricorrente, sarebbe in ogni suo aspetto incompatibile con la ricostruzione della volontà dei contraenti in termini di garanzia autonoma; che pertanto, da parte del giudice d’appello, si sarebbe dovuta considerare tardiva, perchè preclusa dal giudicato ed in ogni caso dalla decadenza ex art. 346 cod. proc. civ., l’affermazione dello I.A.C.P., formulata soltanto con la comparsa conclusionale del secondo grado di giudizio, secondo cui le polizze avrebbero dato origine a garanzie autonome, anzichè a semplici fideiussioni; che, così decidendo, la Corte d’Appello aveva consentito all’I.A.C.P. di introdurre anche un diverso fatto costitutivo della pretesa (cioè un nuovo e diverso contenuto della volontà negoziale espresso nelle polizze), non tempestivamente addotto nel grado precedente, quindi in violazione (anche) dell’art. 345 cod. proc. civ., ed il giudice d’appello aveva diversamente interpretato la volontà contrattuale delle parti senza che fosse stato formulato alcun motivo d’appello da parte dell’Istituto, così incorrendo in violazione del giudicato.

2.1.- Il motivo è fondato.

La questione posta dalla ricorrente non è (soltanto) quella della qualificazione del contratto su cui è fondata la pretesa dell’I.A.C.P., attore in primo grado, come sostenuto da quest’ultimo sia nel controricorso che nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Ed invero, l’Istituto resistente, pur non contestando i presupposti fattuali del motivo di ricorso (vale a dire che in primo grado non si fosse dibattuto il tema dell’autonomia o meno delle garanzie prestate dalla Toro Assicurazioni, che la sentenza di primo grado le avesse qualificate come fideiussioni tipiche e che sul punto non vi fosse alcun motivo d’appello da parte dell’appellante principale), sostiene che la Corte d’Appello si sarebbe limitata a qualificare diversamente quello stesso contratto che l’Istituto aveva posto a fondamento delle proprie domande di condanna della Compagnia assicuratrice, attribuendo ad esso un diverso significato giuridico, e che tale operazione sarebbe stata consentita al giudice d’appello perchè la qualificazione delle polizze, lungi dal costituire l’oggetto principale della controversia avrebbe costituito soltanto una premessa logica della decisione.

2.2.- Ritiene il Collegio che, nel caso di specie, non si tratti tanto (o soltanto) della diversa qualificazione giuridica dei medesimi patti contrattuali intercorsi tra le parti, quanto della diversa ricostruzione della volontà delle parti e dei diversi effetti che da tali patti – così come diversamente interpretati, e quindi qualificati – il giudice d’appello ha tratto in termini di eccezioni proponibili dalla convenuta a fronte della pretesa avanzata dall’attore sulla base di quei patti: in primo grado, le eccezioni della Toro Assicurazioni relative alla validità del contratto di appalto ed alla legittimità della rescissione per inadempimento, nonchè alla decadenza del committente dalla garanzia per non avere tempestivamente rivolto le proprie istanze nei confronti della ditta appaltatrice, sono state ritenute proponibili, in applicazione degli artt. 1945 e 1957 cod. civ., e, quindi, rigettate nel merito, previa qualificazione dei contratti come di fideiussione; l’I.A.C.P. appellante, vittorioso in punto di rigetto nel merito delle eccezioni, non ha (ri)proposto tempestivamente al giudice d’appello la questione della proponibilità da parte del fideiussore delle eccezioni spettanti al debitore e dell’eccezione ex art. 1957 cod. civ., nè la questione dell’autonomia della garanzia, se non con la comparsa conclusionale di secondo grado.

2.3.- Riguardo alla qualificazione giuridica del contratto sul quale è fondata la domanda di adempimento avanzata dall’I.A.C.P., il Collegio non intende affatto discostarsi dal principio richiamato dal resistente, per il quale il giudice d’appello è libero di dare al rapporto controverso una qualificazione giuridica difforme da quella data dal primo giudice con riferimento all’individuazione della causa petendi, poichè gli si deve riconoscere il potere-dovere di definire l’esatta natura del rapporto dedotto in giudizio, onde precisarne il contenuto e gli effetti in relazione alle norme applicabili.

Va, tuttavia, aggiunto e precisato che detto potere incontra il limite di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al suo esame (cfr. Cass. n. 12471/01, n. 26999/05, n. 7620/06) e di non immutare l’effetto giuridico che la parte ha inteso conseguire (cfr. Cass. n. 21484/07, n. 15383/10);

esso incontra gli ulteriori limiti nascenti dal sistema delle impugnazioni, in quanto il nuovo inquadramento giuridico deve avvenire nell’ambito delle questioni oggetto del gravame e rimanendo inalterati il petitum e la causa petendi (cfr. Cass. n. 19090/07).

Nel caso di specie, la qualificazione giuridica dei contratti di garanzia, così come operata dal giudice d’appello, presuppone una nuova attività interpretativa delle polizze, che si è avvalsa di clausole contrattuali non considerate dal giudice di primo grado al fine di desumerne la previsione contrattuale dell’autonomia della garanzia; pertanto, pur essendo l’attività di qualificazione dell’uno e dell’altro giudice riferita ai medesimi contratti, il secondo giudice ha esteso il proprio campo di accertamento di merito a clausole contrattuali non considerate dal primo: così operando, nel compimento della prima delle fasi di cui si compone il procedimento di qualificazione giuridica del contratto, ed esattamente nel compimento dell’unica fase – deputata alla ricerca ed alla ricostruzione della comune volontà dei contraenti – nella quale si colloca l’accertamento di fatto riservato al giudice di merito (cfr. Cass. n. 620/06, tra le altre), la Corte territoriale ha valutato nuovi elementi fattuali ed è pervenuta perciò ad una diversa ricostruzione della volontà dei contraenti. La peculiarità della fattispecie non sta tanto nel fatto che il giudice di secondo grado abbia attribuito una diversa qualificazione giuridica alla comune intenzione dei contraenti, così come ricostruita dal giudice di primo grado, nè nel fatto che abbia effettuato nuovamente l’operazione ermeneutica della ricostruzione della volontà dei contraenti, quanto piuttosto nel fatto che si sia avvalso di clausole contrattuali rimaste estranee al campo d’indagine del Tribunale ed al contraddittorio tra le parti. Essendo mutati gli elementi di fatto oggetto di delibazione, ne è risultata la possibilità di riferirli allo schema di un diverso contratto, per di più atipico, e, di conseguenza, ne è risultata anche l’individuazione di implicazioni effettuali diverse da quelle raggiunte dal giudice nel primo grado di giudizio, in particolare quanto al regime delle eccezioni proponibili dal garante.

2.4.- In conclusione, si è trattato di una modificazione del fatto costitutivo della pretesa di pagamento avanzata dall’IACP, in quanto presupponente l’autonomia della garanzia, elemento estraneo al contratto tipico di fideiussione azionato in primo grado; essa ha comportato, quanto alla posizione dell’appellante, una mutatio libelli, inammissibile in grado d’appello (cfr. Cass. n. 2420/11), e, quanto ai poteri del giudice di secondo grado, il superamento dei limiti che – per quanto detto sopra – quest’ultimo incontra nell’attività di (ri) qualificazione della domanda e/o del rapporto controverso.

Il primo motivo del ricorso della S.p.A. Toro Assicurazioni va perciò accolto.

3.- All’accoglimento del primo motivo, consegue l’assorbimento del secondo (che attiene al vizio di violazione dei canoni legali di interpretazione del contratto ed al vizio di motivazione, nei quali la Corte d’Appello sarebbe incorsa nel compiere l’attività interpretativa di cui sopra) e del terzo (che attiene al vizio di violazione di legge ed al vizio di motivazione, nei quali la Corte d’Appello sarebbe incorsa nel ritenere preclusa nei confronti del garante, in quanto obbligato in forza di un contratto autonomo di garanzia, l’eccezione di inesistenza dell’obbligazione principale).

4.- Come anticipato, vanno trattati congiuntamente il primo motivo del ricorso incidentale della Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione ed il quarto motivo del ricorso della S.p.A. Toro Assicurazioni.

Entrambi sono relativi al rigetto da parte della Corte d’Appello dei motivi di appello incidentale proposti dall’una e dall’altra, secondo cui la dichiarazione di improcedibilità (per sopravvenuto difetto di interesse) del ricorso al TAR avverso il provvedimento di annullamento del verbale di aggiudicazione da parte del CO.RE.CO., avrebbe comportato la nullità originaria del contratto di appalto per carenza dell’elemento essenziale della manifestazione di volontà negoziale da parte dell’ente appaltante (poichè il provvedimento di aggiudicazione non avrebbe mai conseguito efficacia, non essendo stato approvato dall’organo di controllo) ovvero, secondo altra prospettazione, l’inefficacia del contratto di appalto, e, quindi, l’invalidità delle garanzie fideiussorie.

Giova precisare che i dati di fatto rilevanti, non contestati, sono i seguenti: l’IACP, a seguito di appalto-concorso, aggiudicò la gara alla Pierino Profeta & C. S.r.l. con delibera del 22 dicembre 1986;

il CO.RE.CO. annullò la delibera con ordinanza del 3 febbraio 1987;

l’IACP impugnò dinanzi al TAR Puglia quest’ultima ordinanza ed il giudice amministrativo concesse la sospensiva in data 26 marzo 1987;

il contratto di appalto venne stipulato in data 17 luglio 1987; le due polizze fideiussorie vennero emesse il 23 giugno 1987 (per la regolare esecuzione dell’appalto) ed il 27 luglio 1987 (per l’eventuale restituzione dell’anticipazione corrisposta dall’ente appaltante alla ditta appaltatrice); l’IACP deliberò di rescindere il contratto in data 19 luglio 1988; il TAR Puglia, con sentenza del 16 dicembre 1994, dichiarò che il ricorso proposto dall’Istituto avverso l’ordinanza del CO.RE.CO. era improcedibile per difetto di interesse.

4.1.- Col quarto motivo del ricorso principale si denuncia il vizio di violazione della L. n. 62 del 1953, artt. 55, 59 e 60, della L.R. Puglia n. 25 del 1985, artt. 4, 12, 29, 44, della L. n. 1034 del 1971, art. 26, della L. n. 642 del 1907, della L. n. 2248 del 1865, artt. 336-337, all. F), nonchè degli artt. 1353, 1357, 1360, 1936, 1938, 1939, 1941 cod. civ., ed il vizio di omessa, e comunque insufficiente, motivazione su un punto decisivo della controversia.

Quanto al contratto di appalto, la ricorrente, premesso che l’approvazione da parte dell’organo di controllo è atto integrativo di efficacia del provvedimento di aggiudicazione, sostiene che, essendo questa stata negata, l’aggiudicazione sarebbe rimasta priva di effetti tra le parti sin dall’origine; infatti, la dichiarazione di improcedibilità del ricorso da parte del TAR sarebbe equiparabile alla pronuncia di rigetto, idonea quindi a travolgere la sospensiva concessa medio tempore; ne sarebbe seguita la definitiva inefficacia dell’aggiudicazione e quindi anche del contratto di appalto.

Quanto alle fideiussioni della Toro Assicurazioni, questa ne assume la nullità per difetto di causa, in quanto, essendo inefficace il contratto di appalto, non sussisterebbero le obbligazioni il cui adempimento sarebbe stato garantito con le polizze fideiussorie.

4.2.- Col primo motivo del ricorso incidentale la Pierino Profeta &

C. S.r.l. denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1939 e 1418 cod. civ., in relazione al disposto degli artt. 1325, 1353, 1346, 1362/1371 e 1945, nonchè del R.D. n. 2440 del 1923, art. 19 e della L. n. 2248 del 1865, artt. 336-337, all. F), ed il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La ricorrente incidentale, date le stesse premesse della ricorrente principale, muta parzialmente la prospettazione, sostenendo che il contratto di appalto, oltre a non avere mai acquistato efficacia tra le parti per la mancata approvazione del provvedimento di aggiudicazione da parte dell’organo di controllo, sarebbe nullo ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., sia per mancanza del requisito di cui all’art. 1325 cod. civ., n. 1, sia per contrarietà a norme imperative ed illiceità dell’oggetto, stante la mancata previa acquisizione della concessione edilizia.

Quanto al primo profilo di nullità del contratto di appalto, sostiene la ricorrente incidentale che nè il provvedimento di aggiudicazione nè lo stesso contratto avrebbero avuto l’approvazione dell’organo tutorio; che il primo, anche a seguito della sospensiva concessa dal TAR, non aveva comunque conseguito quell’efficacia che avrebbe potuto essere attribuita soltanto dall’approvazione da parte del CO.RE.CO. e comunque, essendo stato travolto il provvedimento di sospensiva dalla pronuncia di improcedibilità, si sarebbe avuta una riespansione degli effetti dell’atto di annullamento del CO.RE.CO. con efficacia ex tunc; che il contratto di appalto non sarebbe mai stato approvato dall’organo di controllo.

Del secondo profilo di nullità del contratto di appalto dedotto dalla ricorrente incidentale, si dirà appresso (sub 6).

5.- Ritiene il Collegio che, così come sostenuto sia dalla ricorrente principale che dalla ricorrente incidentale, vada dato seguito alla giurisprudenza di questa Corte relativa agli effetti sul contratto di appalto dell’annullamento del provvedimento di aggiudicazione.

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dall’IACP nel controricorso e nella memoria, la situazione qui considerata non è caratterizzata da vizi attinenti alla fase negoziale e quindi all’espressione della capacità negoziale della pubblica amministrazione: l’annullamento, in sede giurisdizionale o in via di autotutela, del verbale di aggiudicazione di un contratto stipulato con il sistema dell’asta pubblica o della licitazione privata (alla quale ultima è assimilabile l’appalto-concorso, che si è avuto nel caso di specie) è un evento che, attenendo alla fase pubblicistica che costituisce presupposto necessario del contratto, "pone nel nulla l’intero effetto-vicenda derivato dall’aggiudicazione, a cominciare quindi dal contratto di appalto che vi è insito o che, ove stipulato in successivo momento, non ha di regola alcuna autonomia propria e non costituisce la fonte dei diritti ed obblighi tra le parti ma, assumendo il valore di mero atto formale e riproduttivo, è destinato a subire gli effetti del vizio che affligge il provvedimento cui è inscindibilmente collegato e a restare automaticamente e immediatamente caducato, senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione, in conseguenza della pronunciata inefficacia del provvedimento amministrativo ex tunc travolto dall’atto giurisdizionale" (Cass. n. 12629/2006, n. 7481/2007, n. 9906/2008). Coerenti con tale impostazione della questione, sono i precedenti di questa Corte che hanno affermato che l’annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto, intervenuto in sede giurisdizionale, con effetto retroattivo, comporta che il contratto di appalto debba considerarsi come mai venuto ad esistenza (cfr. Cass. n. 17673/04, n. 3185/08, n. 24438/11).

5.1.- La fattispecie oggetto del presente ricorso è caratterizzata dal fatto che il provvedimento di aggiudicazione è stato annullato da parte dell’organo tutorio, e non in sede giurisdizionale.

A tale annullamento, tuttavia, non può non conseguire la definitiva inoperatività del provvedimento di aggiudicazione: l’annullamento dell’aggiudicazione da parte dell’organo tutorio è perciò equiparabile, quanto alle conseguenze che ne vanno tratte in punto di sanzione civilistica applicabile al contratto, all’annullamento giurisdizionale.

5.2.- Nel caso di specie, si è avuto che il TAR ebbe a sospendere l’atto di annullamento: una volta sospeso il provvedimento negativo dell’organo di controllo, il provvedimento di aggiudicazione, cioè l’atto controllato, acquisì provvisoria esecutorietà.

Il contratto di appalto venne allora stipulato quando il provvedimento di aggiudicazione era dotato di esecutività: essendo stato sospeso il provvedimento negativo, veniva in rilievo il silenzio-assenso di cui alla L. n. 62 del 1953, artt. 59 e 60, richiamati dalla L.R. Puglia n. 25 del 1985, art. 28.

Tuttavia si trattava di un effetto del tutto provvisorio.

Ed, invero, quanto alla provvisorietà del provvedimento di sospensiva pronunciato dal giudice amministrativo, il Collegio non può che ribadire che il provvedimento di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo ha natura strumentale e funzione cautelativa del tutto provvisoria, in quanto volto ad evitare che la futura pronuncia del giudice possa restare pregiudicata nel tempo necessario per ottenerla; ne consegue che la disposta sospensione – che non fa venir meno l’atto sospeso e nemmeno la sua validità, nè esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente, ma soltanto impedisce temporaneamente, e con efficacia ex nunc, la possibilità di portare l’atto ad ulteriore esecuzione – è destinata a perdere ogni efficacia e vigore a seguito della decisione con cui si conclude il giudizio di fronte al giudice amministrativo, nella quale essa rimane assorbita e caducata con l’esaurimento della funzione cautelare che la caratterizza (Cass. n. 2499/01, n. 12051/03, n. 24305/11).

5.3.- Si tratta allora di delibare l’affermazione del giudice a quo secondo cui sarebbe rilevante che, nel caso di specie, il T.A.R. "non abbia provveduto ad annullare alcunchè o a rigettare ricorsi proposti dallo I.A.C.P. posto che ha dichiarato solo l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse".

Orbene, l’affermazione sarebbe decisiva se all’improcedibilità del ricorso amministrativo seguisse il consolidamento del provvedimento cautelare di sospensione. Ma così non è, proprio in ragione del carattere strumentale di quest’ultimo, tale che, venuta meno la possibilità di pronuncia nel merito del ricorso, quindi venuta meno la possibilità del suo accoglimento, viene meno il provvedimento cautelare, adottato al solo scopo di evitare che la futura pronuncia del giudice possa restare pregiudicata dagli effetti medio tempore prodotti dall’atto impugnato.

La declaratoria di improcedibilità ha travolto il provvedimento cautelare con effetto ex tunc, vale a dire che la sospensione degli effetti del provvedimento di annullamento da parte del CO.RE.CO. è come se non avesse mai operato (cfr. Cass. n. 2499/01 cit.); la decisione del TAR Puglia ha comportato la riespansione degli effetti dell’atto di annullamento del CO.RE.CO., sin dal momento della sua adozione, e quindi il venir meno, in via definitiva, del provvedimento di aggiudicazione, perchè annullato dall’organo tutorio, a far data appunto dall’annullamento.

Le conseguenze sono quelle delineate al precedente punto 5, vale a dire la caducazione del contratto di appalto rispetto al quale il provvedimento di aggiudicazione è presupposto indefettibile.

In conclusione, va affermato che nei contratti di appalto stipulati dalla P.A., nel vigore delle norme di cui alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva da parte dell’organo di controllo comporta, per un verso, che nessun effetto può essere riconosciuto al provvedimento annullato, fin dal momento del suo venire in essere, e, per altro verso, che esso pone nel nulla l’intero effetto-vicenda derivato dall’aggiudicazione, a cominciare quindi dal contratto di appalto, che è destinato a subire gli effetti del vizio che inficia il provvedimento cui è inscindibilmente collegato ed a restare automaticamente ed immediatamente caducato, senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione; questo effetto si produce anche nel caso in cui il contratto di appalto sia stato stipulato dopo l’impugnazione davanti al giudice amministrativo del provvedimento di annullamento e la sua sospensione da parte dello stesso giudice, qualora, a seguito della sopravvenuta improcedibilità del ricorso davanti al TAR, il provvedimento di annullamento torni efficace ex tunc. La sentenza impugnata va quindi cassata, accogliendosi il primo motivo del ricorso incidentale, limitatamente al primo dei dedotti profili di invalidità del contratto di appalto.

L’accoglimento del motivo di ricorso concernente la caducazione del contratto di appalto, comporta che il giudice di rinvio dovrà occuparsi nuovamente dei rapporti di dare-avere tra le parti del contratto, in ragione della caducazione di questo.

6.- Resta assorbito il secondo profilo dello stesso primo motivo del ricorso incidentale, col quale la Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione ha impugnato il rigetto, da parte del giudice d’appello, dell’eccezione di nullità del contratto di appalto per illiceità dell’oggetto, sollevata dall’impresa appaltatrice perchè il contratto sarebbe stato stipulato senza che la stazione appaltante avesse ottenuto le concessioni edilizie, pur essendovi tenuta – a dire della ricorrente, sul punto peraltro smentita dal giudice a quo.

6.1. – Restano assorbiti anche il secondo motivo del ricorso incidentale (relativo alla violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 340, all. F, per avere la Corte d’Appello rigettato il motivo di appello incidentale concernente l’illegittimità del provvedimento di rescissione del contratto di appalto disposto dall’IACP ai sensi di detta norma, con la motivazione che il detto provvedimento fosse sindacabile soltanto dal giudice amministrativo), nonchè il terzo (relativo alla violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 340 e 345, all. F, nonchè al vizio di motivazione, per avere la Corte d’Appello, accogliendo l’impugnazione principale dell’IACP, riformato la decisione di primo grado dichiarando che nulla era dovuto alla Pierino Profeta & C. S.r.l. da parte dell’I.A.C.P., in quanto le spese per partecipare alla gara di appalto non rientravano tra le opere inerenti all’esecuzione del contratto mentre la rescissione non consentiva il riconoscimento del mancato utile sulle opere non eseguite ed il corrispettivo sulle opere eseguite).

Si tratta infatti di statuizioni che presuppongono la validità del contratto di appalto, quindi la sua assoggettabilita al rimedio della rescissione ai sensi del citato art. 340 ed alle relative conseguenze, da escludersi, invece, in ragione dell’accoglimento del primo motivo.

7.- Col quarto motivo del ricorso principale la S.p.A. Toro Assicurazioni sostiene che la caducazione del contratto di appalto comporterebbe la nullità per difetto di causa delle fideiussioni prestate per la esatta esecuzione dei lavori e per la restituzione delle anticipazioni. Si tratta di garanzie che trovano la loro fonte in due diverse polizze, l’una stipulata per la somma di L. 155.000.000, quale cauzione per l’esatta esecuzione dell’opera appaltata; l’altra per la somma di L. 664.020.000 "sostitutiva della cauzione dovuta per le anticipazioni".

Va rimesso al giudice del rinvio l’accertamento delle conseguenze sulle polizze assicurative della caducazione del contratto di appalto, dovendosi distinguere tra l’una e l’altra delle due garanzie, apprezzando il contenuto dei rispettivi contratti, con accertamento che, involgendo l’interpretazione degli stessi, spetta al giudice di merito. In particolare, va demandato a quest’ultimo l’accertamento della permanenza dell’obbligo del fideiussore, che ha garantito la restituzione dell’anticipazione, di rimborsare all’ente appaltante la somma anticipata: questione che, risolta già in senso positivo da questa Corte (cfr. Cass. n. 17673/04, n. 10658/08, n. 9046/10), necessita tuttavia di riscontro nel caso concreto.

8.- Restano assorbiti il quinto motivo del ricorso della S.p.A. Toro Assicurazioni (col quale si denunciano il vizio di violazione degli artt. 1936, 1957, 1362, 1363 cod. civ., ed il vizio di motivazione, relativamente al rigetto, da parte della Corte d’Appello, del motivo d’appello incidentale concernente il rigetto dell’eccezione di decadenza sollevata dalla Toro Assicurazioni ai sensi dell’art. 1957 cod. civ., soltanto con riferimento alla prima delle due polizze predette) ed il sesto motivo (col quale si denunciano il vizio di violazione di legge e di omessa, e comunque insufficiente, motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte d’Appello pronunciato sul motivo di appello incidentale che la Toro Assicurazioni avrebbe proposto relativamente all’illegittimità del provvedimento di rescissione del contratto).

9.- Il settimo motivo del ricorso della S.p.A. Toro Assicurazioni ha come controparte la Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione, poichè concerne l’omessa pronuncia sul motivo di appello incidentale riguardante l’omesso esame, da parte del Tribunale, della domanda di rivalsa proposta dalla Compagnia assicuratrice nei confronti della propria assicurata; domanda, avanzata con autonomo giudizio, riunito a quello introdotto dall’I.A.C.P. già nel corso del primo grado, per evidenti ragioni di connessione.

Il motivo è fondato e va accolto, atteso che la sentenza non contiene nemmeno un cenno a detta domanda di rivalsa, ed al connesso motivo di appello incidentale, come riconosciuto anche dalla ditta appaltatrice resistente.

Le ulteriori considerazioni svolte nel controricorso relativamente all’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di manleva esulano dal presente ricorso, essendo relative al merito della pretesa. Il giudice di rinvio dovrà pronunciarsi sulla domanda di rivalsa, adottando le statuizioni che, relativamente a questa, sono consequenziali a quelle che saranno adottate sulla persistenza degli obblighi del garante nei confronti della stazione appaltante ed, in caso positivo, sul loro attuale contenuto.

10.- Quanto appena detto comporta l’assorbimento dell’unico motivo del ricorso incidentale proposto dall’I.A.C.P. nei confronti della S.p.A. Toro Assicurazioni, relativo al calcolo degli interessi e del maggior danno sulle somme dovute da quest’ultima in forza delle polizze fideiussorie di cui sopra.

10.1.- Resta assorbito, perchè dipendente dagli accertamenti demandati dal giudice di rinvio in merito ai rapporti di dare-avere tra le parti contrattuali ed alla permanenza ed al contenuto degli obblighi della società garante, anche il quarto motivo del ricorso incidentale della Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione, relativo alla compensazione operata dal giudice di merito tra le somme riconosciute come dovute dall’IACP in favore dell’impresa appaltatrice e le somme riconosciute come dovute dalla S.p.A. Toro Assicurazioni in favore dell’istituto appaltante.

Va rimessa al giudice di rinvio anche la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo, il quarto ed il settimo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo, il terzo, il quinto ed il sesto. Accoglie il primo motivo del ricorso incidentale della Pierino Profeta & C. S.r.l. in liquidazione, assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto. Dichiara assorbito il ricorso incidentale dell’Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Bari. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2012

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