Cass. civ. Sez. VI – 3, Sent., 27-06-2012, n. 10723

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Proposta da F.F. nei confronti dell’Officina Artigiana dell’auto di Bolletti Dante & C. s.n.c. (di seguito, brevemente, Officina Bolletti) domanda di risoluzione del contratto stipulato inter partes per la riparazione di un’autovettura e di risarcimento del danno, con sentenza depositata in data 16.02.2006 n. 325 il giudice di pace di Perugia accoglieva la domanda di risarcimento e condannava la convenuta al pagamento delle spese processuali.

Proposto appello da parte della Officina Bolletti, il Tribunale di Perugia accoglieva l’appello, condannando il F. al pagamento delle spese dei due gradi.

Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione F. F. formulando tre motivi.

L’Officina Bolletti ha resistito con controricorso, chiedendo la condanna della controparte ex art. 96 cod. proc. civ..

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5): ciò in quanto il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello, sollevata perchè trattavasi di decisione secondo equità e, comunque, per un valore (di Euro 1.000,00) che ne escludeva l’appellabilità.

1.1. Il motivo è inammissibile, innanzitutto per l’erronea individuazione della tipologia di vizio.

Invero la denuncia di omessa considerazione di una eccezione, così come prospettata, è configurabile come error in procedendo per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, e non come vizio di motivazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5 e neppure come error in indicando a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 (v. ex plurimis Cass. n. 375 del 2005; n. 14003 del 2004; n. 604 del 2003; n. 9707 del 2003; n. 11260 del 2000).

L’odierno ricorrente avrebbe, dunque, dovuto dedurre la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonchè dell’art. 339 nel testo ante D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (trattandosi di sentenza emessa da giudice di pace prima della data del 02.03.2006 di entrata in vigore del testo novellato) ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, solo in tal modo attivandosi il potere-dovere della Corte di Cassazione, quale giudice del "fatto processuale", di verifica degli atti.

Non appare superfluo aggiungere che, in base al prioritario criterio della domanda e alla luce delle conclusioni riferite dallo stesso ricorrente – secondo cui il cumulo delle domande proposte, aventi ad oggetto la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno o, in subordine la riduzione del prezzo, era contenuto "entro i limiti di competenza dell’adito Giudice" (pag. 2 del ricorso) – deve, comunque, escludersi che si trattasse di sentenza inappellabile.

Inoltre – avuto riguardo alla genericità delle deduzioni di parte ricorrente circa l’avvenuta pronuncia secondo equità – non è neppure prospettabile l’applicabilità del diverso criterio dell’apparenza, che sarebbe risultato rilevante, ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione, nel caso che il giudice di pace avesse dichiarato che la decisione era emessa secondo equità.

2. Con il secondo motivo si deduce insufficiente motivazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, circa un fatto controverso e decisivo della sentenza. A tal riguardo parte ricorrente deduce che il giudice di appello si è limitato ad accogliere "l’eccezione di tardività dell’eccezione di decadenza per la denuncia dei vizi", senza motivazione; l’argomento sarebbe poi in contraddizione con la decisione.

2.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, atteso che il giudice di Tribunale ha accolto un’eccezione dell’odierno ricorrente; peraltro, contrariamente a quanto addotto da parte ricorrente, vi è una pur succinta motivazione sulla tardività dell’eccezione di decadenza ("in quanto proposta all’udienza di precisazione delle conclusioni").

Neppure vi si ravvisa un contrasto con il decisum (fondato sul rilievo della carenza di prova dei fatti costitutivi della domanda);

semplicemente la statuizione in oggetto è svincolata dallo stesso decisum, senza che ciò comporti alcuna contraddittorietà interna alla motivazione.

3. Con il terzo motivo si denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della sentenza (art. 360 cod. proc. civ., n. 5). Secondo il ricorrente il Tribunale – affermando che "l’istruttoria espletata in primo grado conferma la mancanza di causalità tra il danno e la responsabilità dell’Officina dell’auto di Bolletti Dante" – ha fornito una motivazione carente, recependo le conclusioni errate del c.tu. che, raffrontate con le conclusioni del proprio c.t.p. e con i risultati della prova orale, conducevano, invece, a diverso risultato, come, del resto, aveva fatto il giudice di pace.

3.1. Il motivo risulta carente sotto il profilo dell’autosufficienza e, comunque, va rigettato.

Si rammenta che non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca "per relationem" le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito; ed è ciò che ha fatto, nella specie il giudice di appello, rilevando che quello di primo grado era giunto a conclusioni contraddittorie rispetto alla motivazione e osservando che l’istruttoria espletata (id est le risultanze della c.t.u., per come chiarito di seguito) confermavano la mancanza di causalità tra il danno e la responsabilità dell’officina. Pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione era necessario che la parte allegasse le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 4 maggio 2009, n. 10222).

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Non si ravvisano i presupposti di cui all’art. 96 cod. proc. civ..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 800,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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