Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-10-2011) 05-12-2011, n. 45284

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. C.G. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 2 febbraio 2011, con cui è stata ribadita la affermazione, di cui alla sentenza emessa dal Tribunale in data 28 maggio 2008, di responsabilità per il delitto continuato di calunnia, consistito nell’avere falsamente accusato:

a) con denuncia del 24 maggio 2003 il direttore del servizio di medicina trasfusionale del nosocomio (OMISSIS), dott. M. ed i medici Co. Ca. e P. di essersi associati al fine di commettere una serie di reati di falso, riguardanti la formazione di un rapporto di non conformità ivi apponendovi la firma della C. e di seguito alterando un software interno per occultare la sostituzione illecita di sacche di plasma;

b) con denuncia del 30 maggio 2003, il detto M. per numerose ipotesi di omissioni di atto di ufficio e abuso, perchè aveva eluso richiesta avanzata in più occasioni dalla C. di accesso alla documentazione che la riguardava. La corte riduceva la pena.

2. Ricorre il difensore della C. e denuncia con il primo motivo violazione di legge in relazione all’art. 508 c.p.p., dato che in prime cure la sentenza era pronunziata, nonostante fosse in corso una perizia disposta dal tribunale per la trascrizione della ultima udienza, di fatto depositata dopo la decisione e contesta, che diversamente da quanto opinato dalla corte, la inosservanza denunciata ha leso i diritti della difesa.

Con il secondo motivo deduce in relazione al vizio di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e, la illogicità e la insufficienza della motivazione, sia nella valutazione della parte offesa e dei testi escussi, sia sull’elemento psicologico del reato, poichè nella prima denuncia i fatti denunciati erano veri, anche se espressi con enfasi inappropriata e nella seconda era certo che non le fosse stato consentito l’accesso alla documentazione interna e non già quale fosse l’esito dei provvedimenti adottati.

In ultimo eccepisce la prescrizione del reato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. E’ manifestamente infondato il primo motivo di ricorso, giacchè nessuna violazione di legge si è verifica in primo grado, per essere stata assunta in decisione la causa, nonostante alla stessa udienza di discussione fosse stato dato incarico ad un perito di trascrivere, la registrazione di un esame testimoniale raccolto in quella stessa udienza.

3. Infatti, la perizia, in questo caso, aveva lo scopo, su cui la stessa ricorrente concorda, di documentare la attività istruttoria, ossia era una attività successiva ed accessoria, come esattamente rilevato dalla corte, e non aveva incidenza alcuna su quella successiva di decisione della causa. Invero, la deduzione che a seguito del deposito dell’elaborato tecnico la difesa avrebbe potuto avere interesse a formulare dei quesiti, non tiene conto che nella specie si trattava di una mera riproduzione, per iscritto, della traccia fonica e che la difesa aveva avuto, con il controesame del teste, lo spazio per le domande e i chiarimenti, sicchè non poteva essere certo dilatato tale momento, in relazione ad un semplice adempimento tecnico.

4. Anche la successiva doglianza relativa alla individuazione del dolo nel delitto di calunnia non ha fondamento.

5. E’ infatti risaputo, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il dolo nel delitto di calunnia si realizza quando colui che formula la falsa accusa agisca intenzionalmente e con la certezza dell’innocenza dell’incolpato.

6. Pertanto l’intenzionalità dell’incolpazione e la sicura conoscenza dell’innocenza dell’incolpato sono due dati, che vanno tenuti concettualmente distinti e che devono entrambi ricorrere ai fini dell’elemento soggettivo del reato, il quale è integrato solo nel caso in cui vi sia esatta corrispondenza tra momento rappresentativo e momento volitivo.

7. Da ciò consegue che l’accertamento del dolo deve consistere nella considerazione e nella valutazione delle circostanze e delle modalità della condotta, che evidenziano la cosciente volontà dell’agente e sono indicative dell’esistenza di una rappresentazione del fatto: la motivazione relativa alla prova della consapevolezza che l’imputato è innocente si immedesima con l’accertamento delle predette circostanze (cfr. ex plurimis: Cass. Penale sez. 6 7389/2005, Rallo; Cass. pen. sez. 6, 11882/2003 Rv. 224125 Ferroni;Cass. pen. sez. 6, 10150/2000, Rv. 217876, D’Aleo; Cass. 5/12/02 Greco; 10/7/00 Contronei).

8. Nel caso in esame, la corte distrettuale ha escluso che nella plurima denuncia della C. fossero ravvisabili elementi di dubbio o di errore ragionevole, dato che costei nel denunciare la falsificazione della sua firma, attribuendo al ai suoi colleghi di lavoro, la detta alterazione, non aveva tenuto conto che costoro non la indicavano come autrice del rapporto, ma come la persona (il cui nome era indicato in stampatello) che aveva rilevato la discordanza dei dati – cartacei ed informatici – in ordine all’esatto numero di sacche di plasma in dotazione del servizio. Si era dunque al di fuori di una situazione che facesse anche solo sospettare, ragionevolmente, che fosse in corso ai suoi danni un delitto e che i suoi colleghi avessero costituito una sorta di societas scleleris per occultare la sostituzione di sacche di plasma, posto che al contrario essi stessi ne palesavano l’erroneo computo.

9. Altrettanto logicamente la corte ha messo in evidenza come la C. ha volutamente individuato nel comportamento del M. un profilo di plurime violazioni dell’art. 328 c.p., nonostante costui avesse espresso per iscritto i provvedimenti di rigetto delle istanze avanzate dall’imputata; costei, dunque, era ben consapevole che l’azione amministrativa dell’incolpato non le era stata occultata nè che era stato omesso l’accesso alla documentazione; nè in questa fase possono trovare ingresso le notazioni di mero fatto in ordine al mancato accesso ad altra documentazione, che il giudice di merito ha osservato essere inerenti ad una diversa procedura e non pertinenti all’oggetto della calunnia come cristallizzato nel capo di imputazione. E’ evidente infatti che tale deduzione concerne dati la cui valutazione di merito è inibita in questa fase.

10. Il ragionamento seguito dalla corte di appello è dunque adeguato alle emergenze processuali e privo di pecche logiche,emergendo dal profilo soggettivo la consapevolezza della consapevolezza dell’innocenza degli incolpati e l’orientamento della volontà a procurare nocumento alla retta amministrazione della giustizia.

11. Non può trovare neanche accoglimento la eccezione di estinzione del reato per prescrizione. Premesso che il regime applicabile è quello, più favorevole, introdotto dalla L. n. 251 del 2005 – poichè ricorre la condizione di cui all’art. 10, comma 3, citata novella – ed il tempo occorrente per la calunnia, reato punito con la pena massima di anni sei di reclusione è pari ad anni sette e mesi sei ai sensi degli artt. 157 e 161 c.p.; pertanto, tenuto conto delle distinte date del 24 e 30 maggio 2003, il termine si è maturato in data 24 e 30 novembre 2010, ossia nelle more tra il giudizio di primo grado e quello di appello.

12. Tuttavia la declaratoria di inammissibilità ne implica il rigetto: invero, in caso di motivi di ricorso affetti da vizi che ne comportano l’inammissibilità originaria (quale la manifesta infondatezza degli stessi) deve ritenersi che, nonostante la proposizione di siffatta impugnazione, la sentenza di merito sia passata in giudicato, con conseguente impossibilità di potere dichiarare, ex art. 129 c.p.p., l’intervenuta prescrizione del reato (cfr, Cass. 1693/2000, rv 216584).

13. In conclusione è da pronunciare la inammissibilità del ricorso ed in conseguenza il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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