Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-09-2011) 05-12-2011, n. 45275 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 25 novembre 2009, la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza emessa dal G.u.p. del Tribunale di Treviso, con la quale, all’esito di giudizio abbreviato, veniva dichiarato S.B.S. responsabile per i reati di cessione e detenzione illecite di eroina e condannato alla pena di giustizia.

L’imputato era stato arrestato il 29 dicembre 2006 in quanto trovato in possesso di tre involucri di eroina, di cui uno del peso di grammi 0,73 sulla sua persona e altri due del peso rispettivo di grammi 3,65 e 0,36 nel vano porta oggetti del ciclomotore, subito dopo aver ceduto una dose di eroina del peso lordo di grammi 0,090 a A. A.. Quest’ultimo aveva riferito di essersi rifornito di eroina dall’imputato sin dall’estate di quell’anno, nell’ordine complessivo di dieci-undici dosi. In un successivo verbale, A.A. indicava in circa 90 le dosi acquisite dall’imputato, a volte gratuitamente a volte al prezzo di 60 Euro, specificando di assumere dapprima un quartino poi mezzo grammo di eroina al giorno.

Secondo la Corte di appello, la prova della destinazione allo spaccio dell’eroina trovata in possesso dell’imputato era ricavabile univocamente dal suo frazionamento in tre involucri diversi, custoditi secondo modalità che ne rivelano la immediata disponibilità per la cessione a terzi, dal rinvenimento in possesso dell’imputato di strumentazione idonea al relativo dosaggio (bilancino di precisione), nonchè dalla cessione di eroina effettuata a A.A. immediatamente prima l’arresto dell’imputato.

2. Avverso la suddetta sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, con cui denuncia:

– la erronea interpretazione della legge penale e conseguente vizio di motivazione in relazione all’art. 73 t.u. stup., in quanto la condotta dell’imputato doveva essere ritenuta inoffensiva, in ordine al capo relativo alla eroina ceduta, posto che l’entità trovata in possesso dell’acquirente (gr. 0,058, con principio attivo pari a gr.

0,004) era inferiore alla dose drogante, tabellarmente determinata in gr. 0,025. Quanto alle pregresse cessioni riferite da A. A., considerata la quantità rivenuta in suo possesso, doveva ritenersi ragionevolmente che anche queste, fatte gratuitamente, non raggiungessero la dose drogante. Con riferimento all’eroina detenuta dall’imputato, il ricorrente lamenta la violazione del principio dell’onere della prova circa la destinazione all’uso non personale dello stupefacente. Lo stato di tossicopendenza giustificava infatti una scorta di sostanza, mentre l’imputazione del frazionamento all’imputato non risulterebbe suffragato dal rinvenimento della strumentazione necessaria. Ne poteva ritenersi probante la cessione fatta all’ A., visto che la stessa era priva di offensività.

– omessa e contraddittoria motivazione per violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., in quanto la sentenza impugnata, pur ritenendo attendibile il teste A.A. in ordine alle pregresse cessioni da ultimo nell’ordine di gr. 50, non giustifica il rinvenimento in possesso di questi di un quantitativo notevolmente inferiore. Inoltre, il mutamento di versione fatta dal teste nelle due dichiarazioni rilasciate alla P.G. doveva far ritenere inattendibile quanto da questi dichiarato in un secondo momento. A tal fine, il ricorrente richiama la documentazione allegata dalla difesa.

– illogicità della motivazione sulla quantificazione della pena inflitta, trattandosi di pena, che pur mitigata ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. stup., appare eccessivamente gravosa. La motivazione risulterebbe contraddittoria con quanto gli stessi Giudice dell’appello hanno affermato in ordine al numero di cessioni effettivamente effettuate ad A.A., che non è più di 90, come ritenuto dal primo Giudice, ma di un numero notevolmente inferiore.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Manifestamente infondato è il primo motivo di annullamento, quanto al capo a) (cessione continuata di eroina). E’ principio più volte affermato – e che questo Collegio intende ribadire – che il "il reato di cessione di sostanze stupefacenti è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006, con esclusione soltanto di quelle condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell’assetto nEuropsichico dell’utilizzatore" (tra le tante, 14 del 12/05/2010, Renna, Rv. 247478).

Il decreto ministeriale richiamato dalla difesa ha l’unica finalità di definire, ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1- bis, soglie quantitative che possono indurre a ritenere, eventualmente in accordo con altre acquisizioni, che la detenzione delle sostanze stupefacenti sia finalizzata ad uso esclusivamente personale. La disciplina si riferisce al contesto della detenzione e quindi ad una situazione fattuale diversa da quella in esame, che riguarda invece un atto di cessione. Inoltre, la disciplina ministeriale, attese le sue finalità, individua la dose "media" con riferimento al "principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente e psicotropo". Tale dose media costituisce a sua volta la base per la definizione della dose media giornaliera. La disciplina, dunque, essendo finalizzata ad individuare i "bisogni" medi di un soggetto assuefatto, non esclude affatto che dosi inferiori a quella "media" siano prive di rilievo penale. Si deve infatti considerare anche l’effetto drogante nei confronti di soggetti non dipendenti, che può essere evidentemente prodotto da dosi inferiori a quella media di cui si discute.

Quanto al capo B) (detenzione illecita di eroina), le deduzioni del ricorrente sono manifestamente infondate ed in parte si risolvono in censure non consentite in sede di legittimità. La sentenza impugnata, contrariamente all’assunto del ricorrente, non ha desunto la prova della destinazione allo spaccio della droga rinvenuta in possesso dell’imputato esclusivamente dal superamento dei limiti tabellari previsti dall’art. 73, comma 1-bis, cit, bensì ha considerato – come esposto in premessa – anche gli altri parametri indicati nella predetta disposizione normativa ("modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione").

A fronte di tale valutazione del Giudice del merito circa la destinazione dello stupefacente sequestrato, che è da ritenersi adeguata e priva di vizi logico-giuridici, le censure del ricorrente mirano ad una rivalutazione in fatto della vicenda, inammissibile in sede di legittimità. 3. Il secondo motivo è inammissibile perchè generico, in quanto le censure non sono altro che la mera ripetizione – anche grafica – di doglianze già esposte coi motivi d’appello e debitamente disattese dalla Corte di merito. In tal caso, i motivi di ricorso non assolvono la loro funzione tipica di critica, ma si risolvono in una mera apparenza.

4. Quanto al trattamento sanzionatorio, i rilievi del ricorrente sono manifestamente infondati, in quanto i Giudici di appello non hanno escluso, come si intende sostenere, che vi siano state 90 pregresse cessioni di droga, bensì hanno affermato che il dato certo ed attendibile, risultante dalle complessive dichiarazioni del teste A.A., era che – a prescindere dal numero preciso, frutto di un calcolo approssimativo – l’imputato avesse effettuato a costui una "pluralità" di cessioni di eroina nel tempo. Che tale quantità fosse "notevolmente inferiore" a quella indicata dai primi giudici è un’affermazione meramente assertiva del ricorrente, che non trova alcun riscontro nella motivazione della sentenza impugnata.

4. All’inammissibilità del ricorso, per le ragioni esposte, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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