Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 30-08-2011) 05-12-2011, n. 45058 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 5/7/2004 il Tribunale di Cagliari condannava S.F. per i delitti di partecipazione ad un’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti (capo A, fino al gennaio 1990) e per due episodi di acquisto di un kg. di eroina e cocaina (capo C tra l’aprile e l’ottobre 1988) e un kg. di eroina importata dall’Olanda (Capo D tra il marzo ed aprile 1989).

All’imputato, con le attenuanti generiche prevalenti, la continuazione e la diminuente del rito abbreviato, veniva irrogata la pena di anni quattro di reclusione.

Con sentenza del 29/6/2010 la Corte di Appello di Roma, dopo avere rigettato alcune eccezioni di natura processuale, confermava la pronuncia di condanna. Osservava la Corte distrettuale che la responsabilità dell’imputato emergeva dalle seguenti circostanze:

– i legami accertati tra il S. e gli organizzatori del traffico illecito, C.G.P. e A.A., nonchè con B.I., la sua disponibilità alla distribuzione della droga trafficata, al reperimento di luoghi ove occultare i veicoli che trasportavano la sostanza, ad interessarsi della liquidazione di beni degli associati al fine di acquisire liquidità onde reperire i mezzi economici per importare la sostanza, tutto ciò manifestava una adesione al programma criminale non occasionale, ma stabile, sebbene con il ruolo di mero partecipe.;

– quanto ai capi C) e D), l’attività di intercettazione aveva mostrato la piena partecipazione ai fatti delittuosi.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando:

2.1. la violazione della legge processuale per avere il giudice di merito motivato la condanna sulla base di intercettazioni inutilizzabili. Invero la L. 1 marzo 2001, n. 63 sul cd. "Giusto Processo", modificando l’art. 267 cod. proc. pen. ha previsto che la captazione delle conversazioni non può essere disposta motivando i decreti sulla base di fonti confidenziali. Nel caso di specie, proprio fonti confidenziali avevano indotta all’intercettazione dell’utenza del S..

2.2. La violazione della legge processuale per avere il giudice di merito motivato la condanna sulla base di intercettazioni inutilizzabili, in quanto captate sulla base di decreti autorizzativi e di proroga privi di motivazione, ma con meri richiami per relationem alle annotazioni di P.G. 2.3. il difetto di motivazione e la sua illogicità in relazione alla pronuncia di condanna, a) Invero il giudice di merito, dopo avere valutato l’attendibilità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia C.G., non lo aveva ritenuto credibile laddove aveva escluso il coinvolgimento del S. nell’attività di traffico di droga e lo aveva indicato come un suo mero dipendente nell’attività edile. Lo stesso collaboratore, illustrando l’elenco scritto dei debitori per forniture di droga, aveva precisato che l’annotazione "capo cantiere F." non era riferita al S., ma a tale D.F., b) nella ricostruzione accusatoria il coimputato M. era stato ritenuto un acquirente di droga dal S.. Il M. era stato però assolto, pertanto illogico era continuare a ritenere la responsabilità dell’attuale imputato.

Motivi della decisione

3. Il ricorso deve essere rigettato.

3.1. La prima doglianza formulata, di natura processuale, è infondata.

Nel disciplinare i presupposti per disporre le intercettazioni, il dell’art. 267 cod. proc. pen., comma 1 bis (inserito dalla L. n. 63 del 2001) prevede che per la valutazione dei gravi indizi di reato si applica l’art. 203 che inibisce l’utilizzo come fonti di prova delle fonti confidenziali di P.G..

Nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso il difensore dell’imputato ha allegato all’atto di impugnazione la richiesta di autorizzazione all’intercettazione avanzata dai Carabinieri di Cagliari alla locale Procura della Repubblica.

Si legge nella richiesta che "Nel corso dell’intercettazione sull’utenza telefonica n. (OMISSIS), intestata a s.a.s. VITA PAN MAGIC, ed in uso a C.G.P., …, la cui figura è emersa come ampiamente indicato nel precedente atto in seguito all’intercettazione dell’utenza n. (OMISSIS), in uso a S. F., … si è avuto conferma a livello sospetti della fondatezza della notizia confidenziale in merito al coinvolgimento del suddetto individuo nel traffico di sostanze stupefacenti. Il C., come accertato a livello informativo è pluripergiudicato …".

Orbene da tale atto non si evince assolutamente che l’intercettazione dell’utenza segnalata è stata effettuata sulla base di fonti confidenziali, bensì che le intercettazioni già in atto a carico del S. avevano confermato le informazioni confidenziali a carico del C.. In breve gli elementi acquisiti attraverso le intercettazioni avevano consentito di riscontare dei sospetti a del coinvolgimento del detto C..

Pertanto ciò che ha indotto all’intercettazione non è stata la fonte confidenziale, bensì gli esiti di altre captazioni già in corso di svolgimento. Peraltro, ad ulteriore supporto della utilizzabilità delle intercettazioni, va ricordato l’insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo il quale "Sono legittime le intercettazioni ambientali autorizzate, prima dell’entrata in vigore della L. 1 marzo 2001 n. 63 (cd. giusto processo), nell’ambito di indagini per delitti di criminalità organizzata, sulla sola base di informazioni confidenziali acquisite da organi di polizia giudiziaria, atteso che la nuova disciplina -secondo cui le dichiarazioni degli informatori sono inutilizzabili quali indizi idonei a legittimare le operazioni di intercettazioni finchè non si sia provveduto alla loro audizione ( art. 267 cod. proc. pen., comma 1 bis) – non può incidere, in mancanza di specifiche diverse indicazioni legislative, sulla loro utilizzazione, essendo la successione delle leggi processuali governata dal principio "tempus regit actum", che comporta la persistente validità ed efficacia degli atti compiuti nell’osservanza delle leggi all’epoca vigenti (Cass. Sez. u, sentenza n. 919 del 26/11/2003 Cc. (dep. 19/01/2004), Gatto, Rv. 226484; conf., Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27891 del 04/05/2004 Ud. (dep. 21/06/2004), Mucci, Rv. 229075).

3.2. Con una seconda censura di natura processuale la difesa dell’imputato ha lamentato la omessa declaratoria di inutilizzabilità delle intercettazione per difetto di motivazione dei relativi decreti autorizzativi, in quanto giustificati con richiamo per relationem alle annotazioni di P.G. Anche tale doglianza è infondata.

Va premesso che, con costante giurisprudenza, questa Corte ha affermato che il difetto di motivazione dei decreti è causa di inutilizzabilità delle intercettazioni (ex plurìmis, Cass. Sez. Un., sent 17 del 21-9-00 (ud. 21-6-00) rv. 216665) e che l’inutilizzabilità è rilevabile di ufficio anche nel rito abbreviato (sez. u, Sentenza n. 16 del 21/06/2000 Ud. (dep. 30/06/2000) Rv. 216246).

Nel caso di specie, i decreti autorizzativi sono stati emanati richiamando le relazioni di polizia giudiziaria e le richieste del P.M..

Va, pertanto, richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo la quale "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la motivazione "per relationem" dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia richiamo alle richieste del P.M. ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria, ponendo così in evidenza, per il fatto d’averle prese in esame e fatte proprie, l’"iter" cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del particolare mezzo di ricerca della prova. (Principio affermato, nella specie, relativamente ad intercettazioni disposte nell’ambito d’indagini sulla criminalità organizzata, per cui era richiesta la sola presenza di "sufficienti indizi di reato", ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 13, conv. con modif. in L. n. 203 del 1991) (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 46056 del 14/11/2008 Cc. (dep. 12/12/2008), Montella, Rv. 242233; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11525 del 03/02/2005 Cc. (dep. 22/03/2005), Gallace, Rv. 232261; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 42688 del 24/09/2008 Ud. (dep. 14/11/2008), Caridi, Rv. 242418).

Ne consegue per quanto detto la infondatezza della doglianza.

3.3. La difesa dell’imputato ha censurato la pronuncia di condanna per contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione a due specifici punti.

In primo luogo la valutata attendibilità della chiamata in correità del S. da parte del C.G..

Quest’ultimo, dopo avere nei vari interrogatori ricostruito la sua attività criminale nel campo del traffico di stupefacenti, aveva precisato di vantare crediti nei confronti di acquirenti di stupefacenti, tra i quali il S. e per tale motivo aveva dato incarico all’ A. di recuperare detti crediti.

Successivamente, in sede dibattimentale, aveva escluso il coinvolgimento del S. nell’attività di cessione di droga, riferendo che era un suo mero dipendente.

La corte di merito, nel valutare l’attendibilità della prima chiamata in correità, ha osservato come del coinvolgimento del S. nell’attività di traffico di droga erano stati acquisiti specifici elementi di prova e di riscontro, tra i quali:

– l’utilizzo di linguaggio criptico nelle intercettazioni;

– il rinvenimento presso la sua abitazione di 180 bustine di cellophane, di consueto usate per confezionare la droga;

– il rinvenimento di numerosi monili d’oro, tipico mezzo di pagamento delle dosi da parte dei tossicodipendenti acquirenti;

– il contenuto dell’intercettazione del 18/6/1988 in cui tale C. lo informa che un suo amico era interessato alle "mattonelle bianche" ed a tal fine organizzano un incontro. In riferimento al fatto che si trattasse di droga, si evince dalla circospezione e cautela con la quale il S. organizza l’incontro, incompatibile con la ordinaria vendita di materiale edile;

– dall’annotazione sull’agenda sequestrata a G.C., in cui era annotata la contabilità del clan, a fianco alla voce "capo cantiere F." della cifra di L. 20.000.000, a riscontro del credito vantato dal C. nei confronti di S.F..

Il giudice di merito, nel valutare la ritrattazione del C. (non era vero che S. spacciasse; l’annotazione sull’agenda era riferibile a tale D.F.), ha osservato come essa fosse inattendibile in ragione dei numerosi riscontri rinvenuti del suo coinvolgimento nella attività illecita e giustificata alla luce del fatto che il S., rispetto al altri coimputati ( A. e B.) aveva mantenuto durante la detenzione del C. un atteggiamento corretto, senza tentare di appropriarsi dei suoi beni.

Ciò detto, va ricordato che secondo gli insegnamenti di questa Corte, "la ritrattazione non costituisce elemento in grado di escludere l’attendibilità intrinseca del chiamante in correità, purchè il giudice di merito, con congrua motivazione, dia conto del mutamento della posizione del dichiarante ovvero allorchè risulti l’assoluta inattendibilità delle controdichiarazioni" (cass. Sez. 6, Sentenza n. 7627 del 31/01/1996 Ud. (dep. 30/07/1996), Alleruzzo, Rv.

206583; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8756 del 23/01/1991 Ud. (dep. 05/09/1991), Giaselli, Rv. 188117).

Nel caso di specie il giudice di merito, con adeguata motivazione, ha evidenziato come le originarie accuse del C. al S. avevano trovato riscontri nella attività di indagine e nelle intercettazioni e come la ritrattazione trovasse giustificazione in un sentimento di amicizia del propalante nei confronti dell’odierno imputato. La non manifesta illogicità della motivazione la rende insindacabile sul punto in sede di legittimità.

In secondo luogo la difesa dell’imputato ha lamentato la contraddittorietà della motivazione, laddove nella ricostruzione accusatoria il coimputato M. era stato ritenuto un acquirente di droga dal S.. Il M. era però stato assolto, pertanto illogico e contraddittorio era continuare a ritenere la responsabilità dell’attuale imputato.

Anche tale censura è infondata.

Invero i reati per i quali il S. è stato condannato non sono stati commessi in concorso con il M., pertanto l’assoluzione di quest’ultimo non è incompatibile con la condanna dell’attuale imputato. Inoltre la motivazione della assoluzione del M. non è stata basata sulla acquisizione di una di una piena prova di innocenza, bensì sulla presenza di "una prova insufficiente" e ciò rende coerente detta assoluzione con la condanna del S. in ordine al quale il giudice di merito ha richiamato i molteplici elementi di prova che rendevano fondata e riscontravano l’accusa.

Ne consegue che, nella sostanza, le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un mero dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

All’infondatezza dei motivi di impugnazione consegue il rigetto del ricorso e, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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