Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-06-2011) 05-12-2011, n. 45273 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Gup del Tribunale di Bari, con sentenza 1/12/2009, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava – tra l’altro – L.R., D.S., D.G., H.E., H.R. e Da.Ak. colpevoli di vari episodi di importazione, detenzione e commercializzazione di sostanze stupefacenti (eroina e cocaina) per così come rispettivamente ascritti ai capi sub 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, commessi tra l’aprile e l’ottobre 2006, e H. R. anche di concorso nella violazione della normativa sulle armi (capo sub 10, reato commesso il (OMISSIS)) e, ritenuti gli illeciti in tema di stupefacenti unificati dal vincolo della continuazione, li condannava a pene ritenute rispettivamente di giustizia.

2. A seguito di gravame degli imputati, la Corte d’Appello di Bari, con sentenza 1/10/2010, in parziale riforma della decisione di primo grado, che confermava nel resto, riduceva la misura della pena ai predetti inflitta, contenendola entro limiti ritenuti più equi.

Il Giudice distrettuale evidenziava, in via generale, che la vicenda andava inquadrata in un articolato narcotraffico internazionale, con prevalente componente soggettiva di origine albanese e con una triangolazione territoriale tra Albania, Olanda e Italia, Paese quest’ultimo di destinazione finale e di collocazione sul mercato della droga. Sottolineava che la prova della responsabilità degli imputati era offerta essenzialmente dagli esiti delle conversazioni telefoniche intercettate, il cui significato, apparentemente criptico, era reso esplicito dagli accertamenti espletati dalla Polizia nel corso di servizi di osservazione, pedinamento e controllo, dai sequestri di alcune partite di droga e dall’arresto in flagranza di persone comunque coinvolte nell’illecito traffico e in posizione strettamente collegata a quella degli imputati. Procedeva, quindi, all’analisi e alla valutazione dei singoli capi d’imputazione, ponendo in luce i corrispondenti dati probatori di supporto anche con riferimento alle ravvisate aggravanti o al diniego delle sollecitate attenuanti, nonchè all’ascrivibilità soggettiva degli illeciti.

3. Hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori, gli imputati, deducendo motivi di censura alla sentenza d’appello sotto vari profili, che verranno dettagliatamente illustrati nei punti che seguono.

Nell’interesse di L.R. è stata depositata anche, in data 26/5/2011, memoria difensiva.

4. Sono fondati, nei limiti di seguito precisati, i ricorsi di L. R., D.S., D.G. e H.R., mentre sono inidonei ad attivare il sollecitato sindacato di legittimità i ricorsi di H.E. e Da.Ak..

5. Al L. si addebitano due distinti episodi di traffico illecito di eroina;

– capo sub 2: importazione, detenzione, trasporto e commercializzazione di kg. 2 di eroina, ceduti, in data 8/4/2006, a D.S., affiancato nella circostanza da K.G.;

– capo sub 3: detenzione e cessione, in data (OMISSIS), di kg. 4,5 di eroina, ritenuti ingente quantità, a D.S., affiancato, anche in questa circostanza, dal K. con funzione di corriere.

La sentenza in verifica ritiene che la prova della colpevolezza dell’imputato è integrata, quanto al capo sub 2, essenzialmente dagli esiti dell’attività di captazione delle conversazioni telefoniche intercorse, nella circostanza, tra il L. e il D., che avevano concordato, facendo ricorso ad un linguaggio criptico ma chiaramente interpretabile nella sua consequenzialità logica, la transazione illecita e dato esecuzione alla medesima, nonchè dai tracciamenti effettuati sul tabulato relativo all’utenza mobile in uso al K., che indicavano la presenza di costui, la sera dell'(OMISSIS), lungo la strada (OMISSIS), percorso effettuato per raggiungere il luogo concordato (Barletta) per la consegna della sostanza stupefacente. Il capo sub 3 è provato, secondo la Corte di merito, oltre che dagli esiti delle conversazioni telefoniche intercettate e intercorse tra il L. e il D., per pianificare l’illecita operazione e per commentare successivamente il fallimento della stessa, anche dal servizio di osservazione espletato dalla D.I.A. di Bari e dall’arresto in flagranza di reato del complice K., sorpreso nel mentre col carico di droga a bordo della propria vettura aveva intrapreso il viaggio di ritorno verso Lecce, seguito dal D. a bordo di altra autovettura.

Quanto all’identificazione degli interlocutori delle conversazioni intercettate, si fa leva sulla individuazione degli utilizzatoli delle corrispondenti utenze, sulla esplicita indicazione dei nomi dei conversanti, sulla percezione del timbro di voce di costoro da parte degli organi di p.g. addetti all’ascolto.

La sentenza impugnata, inoltre, nel dare atto, sulla base della consulenza tecnica espletata nel procedimento a carico del K. e acquisita agli atti del presente procedimento, che l’eroina di cui alla cessione in data (OMISSIS) (capo 3) aveva un peso lordo di kg.

4,430, con principio attivo del 5,30%, corrispondente a circa gr. 235 di sostanza pura, ravvisa in tale dato ponderale l’aggravante dell’ingente quantità, perchè notevolmente "superiore…al limite massimo detenibile" (gr. 0,25) e idoneo a "ricavare un numero elevatissimo di dosi pari a più di 9.391 dosi medie singole".

Ritiene, infine, correttamente contestata la recidiva reiterata, la cui operatività è obbligatoria ex art. 99 c.p., comma 5, proprio in ragione della ravvisata aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, e non meritevole l’imputato, data la sua negativa personalità, delle invocate attenuanti generiche.

5.1. Il L., con un primo motivo, lamenta la violazione della legge penale e di quella processuale, con riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, artt. 23-bis e 603 cod. proc. pen., nonchè il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta aggravante dell’ingente quantità per la cessione di eroina del (OMISSIS) (capo sub 3): non poteva essere utilizzata la consulenza tossicologica espletata in altro procedimento al quale l’imputato era rimasto estraneo e, in ogni caso, il dato ponderale riferito alla sostanza stupefacente pura non era compatibile con la detta aggravante. La doglianza è fondata.

Sono dati pacifici (cfr. pg. 2 del ricorso) la quantità lorda della sostanza stupefacente caduta in sequestro (kg. 4,430) e la percentuale di principio attivo in essa riscontrata (gr. 235 circa).

La consulenza tecnica espletata in diverso procedimento e acquisita al fascicolo del presente procedimento è utilizzabile, considerato che il consenso all’utilizzazione discende implicitamente dalla richiesta e dalla conseguente ammissione del giudizio abbreviato, rimanendo logicamente salva la possibilità per la parte interessata di contestare il merito dell’indagine tecnica. Il ricorrente, al riguardo, si limita a non condividere "il criterio adottato dal consulente del P.M. nell’altro processo ai fini dell’individuazione del numero delle dosi" (cfr. pg. 3 della memoria depositata il 26/5/2011), circostanza questa che, però, concretamente non incide, come si preciserà, sui termini della questione sollevata. Osserva la Corte che, in tema di reati concernenti il traffico illecito di sostanze stupefacenti, la circostanza aggravante della quantità "ingente" di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, è ravvisabile nell’ipotesi in cui il dato ponderale sia oggettivamente di carattere straordinario e comunque tale da superare, con carattere di eccezionalità, il quantitativo abitualmente trattato per tale tipo di transazioni nell’ambito di un determinato contesto territoriale, senza trascurare di prendere in considerazione la quantità di principio attivo contenuto nella sostanza, dato questo che assume rilievo determinante per l’individuazione del fatto in termini di grave pericolosità sociale e di notevole allarme per la tutela della salute pubblica. La determinazione della quantità "ingente", che si colloca ad uno dei livelli più alti della immaginaria scala delle quantità, non può prescindere da una valutazione ponderata del quantitativo della sostanza, da apprezzarsi con riferimento soprattutto al principio attivo in essa presente e senza trascurarne la qualità, con riguardo agli effetti negativi che ne derivano all’integrità della salute dei potenziali consumatori.

Non può essere, peraltro, sottaciuto che l’ipotesi base di traffico illecito di droga ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1) è punita con una pena edittale che spazia da un minimo di sei anni di reclusione ed Euro 26.000,00 di multa a un massimo di venti anni di reclusione ed Euro 260.000,00 di multa, previsione questa che consente di modulare la sanzione in relazione alla minore o maggiore gravità del fatto, da individuare anche nella più o meno elevata, anche se non "ingente", quantità di droga oggetto di addebito.

L’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, che prevede un ulteriore e notevole aumento di pena (dalla metà ai due terzi), non può che essere riferita ad ipotesi di traffico illecito di "eccezionale dimensione" rispetto alle usuali e più diffuse transazioni del mercato clandestino. Ciò posto, non può certo ravvisarsi nel dato fattuale accertato in sede di merito la circostanza aggravante di cui si discute, soltanto perchè, come si legge nella sentenza in verifica, la quantità è notevolmente superiore al limite massimo detenibile e consente di ricavare un numero elevato di dosi medie singole, circostanze queste certamente idonee a escludere la destinazione della sostanza ad un uso esclusivamente personale, ma non anche a superare i confini del reato base D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 1 e a integrare l’ipotesi aggravata di cui al successivo art. 80, comma 2.

Il quantitativo di eroina oggetto dell’illecita transazione, tenuto conto del principio attivo (pari a gr. 235 circa) presente nella sostanza, non può oggettivamente ritenersi "ingente", con l’effetto che deve essere esclusa la contestata aggravante.

5.2. Con un secondo motivo, il L. deduce la violazione della legge penale, con riferimento all’art. 99 c.p., commi 2 e 5, e il vizio di motivazione, sotto il profilo che la recidiva doveva essere esclusa, sia perchè le precedenti condanne erano risalenti nel tempo e di scarsa rilevanza, sia perchè l’obbligatorietà della recidiva ex art. 99 c.p., comma 5 non era stata espressamente contestata, al di là del rilievo che, una volta esclusa l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, l’operatività della recidiva non era più necessitata.

La doglianza, in quanto strettamente connessa al primo motivo innanzi esaminato e ritenuto fondato, merita accoglimento, nel senso che la recidiva, così come precisata dalla Corte territoriale, una volta escluso che il delitto di cui al capo sub 3 dell’imputazione rientri tra quelli indicati nell’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), non è più obbligatoria ex art. 99 c.p., comma 5, ma è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, che deve apprezzare il concreto significato dei nuovi episodi delittuosi in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei fatti delittuosi di cui alle precedenti condanne, sulla base dei parametri tipizzatoli di cui all’art. 133 cod. pen. (C. Cost. sentenza n. 192/2007, ordinanza n. 33/2008).

5.3. Con un terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in relazione alla denegata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La doglianza è inammissibile, in quanto si risolve in una non consentita censura in fatto agli argomenti, immuni da vizi logici, sui quali fa leva la sentenza di merito per negare all’imputato le invocate attenuanti generiche.

5.4. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di L.R., limitatamente alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, contestata al capo sub 3 dell’imputazione, aggravante che deve essere esclusa, con conseguente rinvio degli atti ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari, che dovrà rideterminare il trattamento sanzionatorio, tenendo conto anche di quanto precisato in tema di recidiva al punto sub 5.2. 6. A D.S. si addebitano gli stessi reati di cui è chiamato a rispondere il L. (capi sub 2 e 3), nonchè altri due episodi di traffico illecito di sostanze stupefacenti: avere ricevuto, in data (OMISSIS), un campione di sostanza stupefacente in prospettiva dell’acquisto di un imprecisato quantitativo della stessa sostanza (capo sub 4); avere concorso, in data (OMISSIS), nell’importazione, detenzione e trasporto di gr. 500 di eroina (capo sub 5).

La sentenza impugnata ritiene provata la colpevolezza dell’imputato in relazione agli anzidetti reati e da conto, con motivazione adeguata e logica, delle ragioni a sostegno di tale convincimento.

6.1. L’imputato, con il ricorso, denuncia soltanto la violazione della legge penale con riferimento alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, contestata in relazione all’episodio di concorso nella detenzione e trasporto, in data (OMISSIS), del quantitativo di eroina cedutogli dal L. (capo sub 3).

6.2. Il ricorso, per le stesse ragioni esposte nell’esaminare la posizione processuale del L., è fondato e deve essere accolto.

Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di D.S. nella sola parte relativa alla detta circostanza aggravante, con eliminazione del corrispondente aumento di pena, che, come si evince dalla stessa sentenza (pg. 85), è pari a un anno, mesi sei, giorni venti di reclusione ed Euro 6.665,00 di multa (a. 2, m. 4, Euro 10.000,00 – 1/3 per il rito abbreviato).

7. A D.G., madre di D.S., si addebita di avere concorso nel reato di detenzione, importazione e trasporto dall’Albania in Italia, tramite il corriere F.A., di una confezione di gr. 500 di eroina, da consegnare al figlio in Brindisi (capo sub 5). La sentenza impugnata ritiene provata la colpevolezza dell’imputata: a) dagli esiti delle intercettazioni di conversazioni telefoniche intercorse, il 7/7/2006, tra D.S., tale E. e D.G., nel corso delle quali il primo aveva incaricato il secondo di recarsi a casa della terza per prelevare una confezione ovoidale di eroina (linguaggio criptico "un pallone"), affidarla al corriere F., che da (OMISSIS) doveva trasportarla a (OMISSIS); b) dal ruolo attivo svolto dalla donna nella custodia della sostanza stupefacente e nel dare esecuzione alla richiesta del figlio; c) nell’arresto in flagranza di reato del corriere F. al suo arrivo al porto di Brindisi, dove era ad attenderlo D. S.. La sentenza di merito, avuto riguardo al ruolo di primo piano ricoperto nell’operazione illecita in esame dall’imputato, ritiene la medesima non meritevole delle invocate attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 114 cod. pen..

7.1. Con il ricorso, la D. deduce: 1) manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sua identificazione come interlocutrice delle conversazioni telefoniche intercettate, il cui contenuto si presta a non univoca interpretazione; 2) mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine al formulato giudizio di responsabilità a suo carico, considerato che ella non aveva avuto alcun ruolo attivo nella vicenda, tanto che, al momento del prelievo in casa della sostanza stupefacente da parte dell’ E., costui era stato guidato telefonicamente, nella ricerca, da D.S. (telefonata progressivo n. 1123 delle ore 14.25 del 7/7/2006); 3) erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione sulla ritenuta capacità drogante della sostanza sequestrata, non sottoposta ad alcun approfondito accertamento tecnico; 4) vizio di motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche; 5) vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dello stato di connivenza non punibile o, in subordine, dell’attenuante di cui all’art. 114 cod pen..

7.2. Il ricorso, con riferimento al secondo motivo in esso articolato, è fondato deve essere accolto.

Va premesso che la sentenza impugnata non è censurabile nella parte in cui identifica nella imputata la interlocutrice della telefonata delle ore 13,25 del 7/7/2006 (prog. 1120) e ritiene oggetto dell’illecita operazione il quantitativo di gr. 500 di eroina, considerato che, in relazione a tali specifici aspetti, la motivazione su cui riposa la decisione è adeguata e immune da vizi logici.

In particolare, ingiustificate sono le riserve della ricorrente circa la natura della sostanza sequestrata, che, analizzata tramite narcotest immediatamente dopo l’arresto del corriere, risultò essere eroina, dato questo – peraltro – mai contestato dal principale imputato D.S..

Osserva, però, la Corte che la sentenza in verifica non risolve, al di là di ogni ragionevole dubbio, il problema relativo alla reale portata della condotta tenuta, nella circostanza, dalla imputata, se cioè costei si sia venuta a trovare in uno stato di mera connivenza o abbia concorso, con efficienza causale, nell’illecito traffico della sostanza stupefacente.

Ed invero, dalle due sentenze di merito emerge che i contatti più frequenti per dare corso all’operazione d’importazione dall’Albania in Italia della partita di droga erano intercorsi tra D.S. e il non meglio identificato E.. E’ vero che il primo aveva contattato telefonicamente anche la madre, alla quale aveva riferito che E. sarebbe andato a trovarla a casa, per prelevare una "di quelle palle… lo sa lui..", da consegnare in (OMISSIS) ad altra persona ben individuata, ma la circostanza non è decisiva per affermare il sicuro e consapevole coinvolgimento della donna nell’illecita operazione.

La sentenza in verifica omette, in verità, di prendere in considerazione il contenuto della ulteriore conversazione telefonica tra D.S. e l’ E., della quale v’è traccia a pg. 40 della sentenza di primo grado.

Nel corso di tale telefonata (ore 14.25 del 7/7/2006), che sembra essere avvenuta al momento del prelievo della droga in casa della ricorrente, l’ E. era stato guidato nella ricerca di quanto interessava dalle precise e dettagliate indicazioni fornitegli da D.S., circostanza questa che – almeno in apparenza – mal si concilia con la posizione della padrona di casa, la quale, se consapevole di quanto stava accadendo, avrebbe provveduto a consegnare direttamente all’ E. la partita di droga. Tale emergenza processuale non può essere disinvoltamente ignorata e ne deve, invece, essere chiarita la valenza e la conseguente incidenza che spiega sul quadro probatorio complessivo.

7.3. La riscontrata carenza di motivazione, quanto alla posizione processuale di D.G., della sentenza impugnata ne impone l’annullamento con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari, che dovrà tenere conto dei rilievi di cui innanzi e motivare in modo esaustivo e immune da vizi logici la decisione che andrà ad adottare, nella più ampia libertà di valutazione.

8. A H.R. si addebitano i seguenti reati:

– capo sub 9: per avere concordato e concluso telefonicamente con Da.Ak. la transazione di un chilogrammo di cocaina, facente parte del maggiore quantitativo importato poco prima dall’Olanda (reato commesso il (OMISSIS));

– capo sub 10: per avere concorso nella detenzione abusiva di un’arma comune da sparo e del relativo munizionamento, che aveva procurato a tali G.F. ed G.E. (reato commesso il (OMISSIS));

– capo sub 11: per avere concorso con altri nell’importazione dall’Olanda, nella detenzione e nel trasporto di kg. 1,430 di cocaina (in data prossima al (OMISSIS)).

La sentenza impugnata ritiene provata la colpevolezza dell’imputato essenzialmente dagli esiti delle intercettazioni di conversazioni telefoniche intercorse tra l’imputato e le altre persone coinvolte nei singoli illeciti e analizza nel dettaglio i vari dialoghi, evidenziando, nel solco di un percorso argomentativo immune da vizi logici, la coerenza dei corrispondenti contenuti con le ipotesi accusatorie. Sottolinea, inoltre, quanto al fatto rubricato sub 9, che lo stesso integra l’ipotesi del reato consumato, essendo stata perfezionata la transazione della partita di droga tra l’imputato e il Da., a nulla rilevando l’intervenuto sequestro della sostanza stupefacente prima della materiale consegna della medesima all’acquirente. Con riferimento alla violazione della normativa sulle armi, precisa che il giudice di primo grado aveva tenuto implicitamente conto della previsione di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 7 nella modulazione della misura della pena, pur non avendone esplicitato il calcolo, con l’effetto che infondata era la doglianza difensiva circa la mancata incidenza della detta previsione sul trattamento sanzionatorio. Ritiene, infine, di non accordare le invocate attenuanti generiche all’imputato, in quanto non meritevole per la sua negativa personalità e per la gravità dei fatti ascrittigli.

8.1. Con un primo motivo, il ricorrente deduce l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine al formulato giudizio di responsabilità per il reato di cui al capo sub 9 e, in subordine, in relazione alla qualificazione giuridica del fatto, che andava inquadrato nel paradigma del tentativo.

Le doglianze sono in parte inammissibili e in parte infondate.

Non può essere posta in discussione, in questa sede, la valutazione che la Corte di merito fa degli esiti dell’attività captativa delle conversazioni telefoniche, risolvendosi tale operazione, che si muove nella prospettiva di accreditare una diversa e alternativa interpretazione di tali esiti, in una non consentita, e quindi inammissibile, rivalutazione del fatto a fronte di un apparato argomentativo, adeguato e immune da vizi logici, della sentenza in verifica.

Infondata è la doglianza relativa alla qualificazione giuridica del fatto.

La transazione della partita di droga, invero, una volta perfezionata con il raggiungimento dell’accordo tra le parti contraenti in ordine alla quantità, alla qualità della sostanza effettivamente disponibile e al relativo corrispettivo, integra il reato consumato di traffico illecito di stupefacenti, non occorrendo l’effettiva traditio della sostanza medesima dal venditore all’acquirente (Sez. 6 n. 20050 del 24/4/2009; Sez. 4 n. 38222 del 19/5/2009; Sez. 5 n. 39644 del 29/9/20109).

Nel caso in esame, la sentenza impugnata, nell’interpretare e valutare il contenuto della conversazione telefonica intercorsa tra l’imputato (acquirente) e il Da. (venditore) in data (OMISSIS) ore 12,39, argomenta diffusamente e senza incorrere in vizi logici sull’accordo raggiunto dai due in relazione all’acquisto da parte del primo di un kg. Di cocaina, facente parte della più grossa partita di Kg. 8 appena importata dall’Olanda e già a disposizione del secondo.

8.2. Con un secondo motivo, il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione sul formulato giudizio di responsabilità per il reato in materia di armi (capo sub 10) e, in ogni caso, sull’omessa riduzione della pena, per tale illecito, L. n. 895 del 1967, ex art. 7.

La prima parte della doglianza è inammissibile, risolvendosi in una non consentita censura in fatto all’iter argomentativo su cui riposa la sentenza di merito, che da conto, sulla base di una interpretazione adeguata e logica del contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene, avallata peraltro dal dato oggettivo del sequestro dell’arma.

E’ fondata la doglianza nella parte in cui censura il percorso seguito dalla sentenza di merito nel determinare il trattamento sanzionatorio riferibile all’illecito in esame.

Rileva la Corte che l’imputato, diversamente da quanto previsto nella richiesta di rinvio a giudizio, nella quale si faceva espresso riferimento alla L. n. 895 del 1967, artt. 1, 2 e 4 in relazione alla L. n. 110 del 1975, art. 23 (cessione, detenzione e porto abusivi di arma clandestina e relative munizioni), risulta essere stato dichiarato colpevole del solo reato di detenzione abusiva di arma comune da sparo, come si evince dall’esplicito riferimento alla L. n. 895 del 1967, soli artt. 2 e 7 contenuto nel dispositivo della sentenza di primo grado. Così cristallizzato l’addebito a carico dell’imputato (sul punto, non v’è stata impugnazione del P.M.), è di tutta evidenza che entrambe le sentenze di merito omettono di dare conto delle ragioni poste a base della corrispondente scelta sanzionatoria, attestatasi, almeno per quanto concerne la pena detentiva, su un livello piuttosto elevato (pena base anni tre di reclusione), ove si consideri che la pena edittale prevista dalla l. n. 895 del 1967, richiamati artt. 2 e 7 va da un minimo di otto mesi a un massimo di cinque anni e quattro mesi di reclusione. Sussiste, pertanto, in relazione a questo specifico punto, il denunciato vizio di motivazione.

8.3. Con un ulteriore motivo, deduce il vizio di motivazione in ordine al diniego delle invocate circostanze attenuanti generiche.

La doglianza non può trovare spazio in questa sede, perchè urta contro una scelta discrezionale del giudice di merito, adeguatamente e logicamente motivata, che si sottrae a qualunque censura di legittimità. 8.4. Alla luce di quanto sin qui argomentato, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di H.R., nella sola parte relativa alla determinazione della pena per il reato di detenzione abusiva di arma comune da sparo di cui al capo sub 10 dell’imputazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari per nuovo giudizio sul punto. Il ricorso del predetto deve essere rigettato nel resto.

9. A H.E. e Da.Ak. si addebitano i seguenti reati:

– capo sub 7: per avere concorso, unitamente ad altre persone, nell’importazione dall’Olanda di un imprecisato quantitativo di droga, che veniva ceduto a tale A.F., che, a sua volta, versava la somma di Euro 9.500 a titolo di parziale corrispettivo (reato commesso il (OMISSIS));

– capo sub 9: per avere concorso, unitamente ad altre persone, nell’importazione dall’Olanda, nella detenzione, nel trasporto e nella commercializzazione di kg. 8 di cocaina (reato commesso il (OMISSIS));

al Da. si addebitano gli ulteriori reati:

– capo sub 8: per avere concorso, unitamente ad altri, nell’importazione, nella detenzione, nel trasporto e nella commercializzazione di gr. 800 di cocaina (reato commesso il 7///2006);

– capo sub 11: per avere concorso con altri nell’importazione dall’Olanda, nella detenzione e nel trasporto di kg. 1,430 di cocaina (reato commesso in epoca prossima al 30/10/2006). Secondo la sentenza impugnata (cfr. pgg. da 37 a 54), anche la prova di tali reati e della loro ascrivibilità soggettiva è integrata: a) dai contenuti delle conversazioni telefoniche e degli SMS, di inequivoco significato, tra le persone coinvolte nelle diverse attività di importazione dall’Olanda delle varie partite di sostanza stupefacente, persone identificate, sulla base di dati oggetti vi o comunque di chiaro significato, negli imputati; b) dai servizi di osservazione e controllo espletati dalla polizia giudiziaria; c) dall’arresto in flagranza di reato di una delle concorrenti nel reato sub 9 e dal sequestro della partita di droga di cui allo stesso capo d’imputazione. La sentenza di merito ritiene, inoltre, utilizzabili sia gli esiti delle intercettazioni di utenze telefoniche straniere, considerato che l’attività captativa, regolarmente autorizzata, era avvenuta attraverso la tecnica del cd. istradamento, sia gli esiti delle intercettazioni di conversazioni avvenute attraverso l’utilizzo da parte di uno degli interlocutori di telefoni pubblici, considerato che era stata comunque regolarmente autorizzata l’intercettazione dell’utenza privata, riferibile all’altro interlocutore, sulla quale pervenivano le chiamate dalla cabina pubblica.

9.1. I ricorrenti lamentano: 1) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità (artt. 267 e ss., 727 e 729 cod. proc. pen.), con riferimento alle espletate intercettazioni di utenze telefoniche mobili straniere, senza l’attivazione di una regolare rogatoria, e di posti telefonici pubblici italiani; 2) mancanza e illogicità della motivazione in relazione all’identificazione, come interlocutore di alcune delle telefonate intercettate, di Da.Ak.; 3) mancanza e illogicità della motivazione sulla interpretazione del riferimento fatto, in una delle conversazioni intercettate, ad una autovettura in riparazione;

4) mancanza e illogicità della motivazione sul significato attribuito al contenuto dei dialoghi intercettati.

9.2. I ricorsi sono inammissibili.

Il primo motivo di ricorso, riproponendo le stesse ragioni già discusse in sede di appello e ritenute infondate dal giudice del gravame (cfr. pg. 53 della sentenza), deve ritenersi non specifico.

Il difetto di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzato non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento del ricorso, non potendo questo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità.

Deve quindi ribadirsi il principio che è legittima l’utilizzazione della tecnica del cosiddetto "istradamento", che comporta la destinazione ad uno specifico "nodo" telefonico delle telefonate estere provenienti da una determinata zona, senza che venga promossa una apposita rogatoria internazionale, posto che l’intera attività di captazione e di registrazione si svolge sul territorio dello Stato italiano (Sez. 6 n. 7258 del 2/11/2004, dep. 24/2/2005). Ne consegue che le intercettazioni delle conversazioni telefoniche transitate su utenze straniere (in arrivo o in partenza) sono utilizzabili.

Non diversa deve essere la conclusione per quelle intercettazioni che vedono coinvolta una postazione telefonica pubblica, considerato che l’autorizzazione all’attività captativa ha comunque ad oggetto una ben individuata utenza privata venuta in contatto con la prima. Gli altri motivi di ricorso si risolvono in generiche e non consentite censure in fatto all’apparato argomentativo su cui riposa la sentenza impugnata, che, in stretta aderenza alle emergenze processuali, interpretate e valutate secondo logica, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene.

9.3. Alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti H.E. e Da.Ak. al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che stimasi equa, di Euro 1.000,00 ciascuno.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di L.R. limitatamente alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, con riferimento al capo sub 3, aggravante che esclude, e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari per la determinazione della pena; rigetta nel resto il ricorso.

Annulla la stessa sentenza nei confronti di D.G. e di H.R., limitatamente per quest’ultimo alla determinazione della pena per il reato di cui al capo 10, e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso di H.R..

Annulla senza rinvio la stessa sentenza nei confronti di D. S. limitatamente alla circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, ed elimina la relativa pena di un anno, sei mesi e venti giorni di reclusione ed Euro 6.665,00 di multa.

Dichiara inammissibili i ricorsi di H.E. e di D. A., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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