Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-11-2011) 06-12-2011, n. 45434

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 10.3.2011 il gip del Tribunale di Milano, in veste di giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza di applicazione del regime del reato continuato, avanzata nell’interesse di S.A., relativamente ai fatti di cui alle sentenze Corte d’appello Napoli 5.11.2001 e, a quelli di cui alla sentenza gip tribunale di Napoli 4.3.2002 e Quelli già unificati tra loro con ordinanza gip tribunale di Milano dott. V. in data 18.1.2005, sul presupposto che con la prima sentenza era stata esclusa la continuazione con i fatti giudicati con le pronunce precedentemente emesse nei confronti del menzionato e che il fatto di cui alla sentenza 4.3.2002 aveva avuto riguardo ad omicidio commesso dallo S., a suo dire per vendicare un amico, fatto di sangue che andava tenuto quindi distinto dagli altri 23 omicidi per cui il prevenuto fu condannato, che erano stati considerati unificabili tra loro sotto il vincolo della continuazione. Respingeva le altre richieste presupponenti il riconoscimento del vincolo della continuazione.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell’istante,per dedurre:

2.1 violazione ed erronea applicazione del combinato disposto dell’art. 663, comma 1, art. 78, comma 1, art. 442 cod. proc. pen., comma 2: la difesa faceva presente di aver avanzato ben tre istanze per conseguire: 1) il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati di cui a ben nove sentenze di condanna elencate; 2) il calcolo della diminuzione di pena per effetto dell’attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 8 dopo gli aumenti di pena effettuati ai sensi dell’art. 81 cod. pen.; 3) la rideterminazione della pena seguendo il criterio secondo cui le riduzioni di sanzione per i riti alternativi, avrebbero dovuto essere proporzionalmente operate sui trenta anni di reclusione che seguono all’applicazione del cumulo giuridico, di talchè la pena da espiare avrebbe dovuto essere inferiore a trenta anni. Secondo la difesa, anche in ipotesi di reiezione dell’istanza sul riconoscimento del vincolo della continuazione, doveva essere corretto il computo della pena da espiare, non avendo il gip presso il tribunale di Milano detratto in misura proporzionale le riduzioni relative alle otto sentenze indicate dalla difesa, emesse all’esito di giudizio abbreviato.

2.2 manifesta illogicità della motivazione laddove è stato scritto che il calcolo della pena era subordinato al riconoscimento della continuazione, laddove il provvedimento di unificazione di pene concorrenti è sindacabile in ragione della sua natura amministrativa, attraverso il procedimento di incidente di esecuzione ad esito del quale il giudice procede alla verifica della sua correttezza.

2.3 Illogicità della motivazione e travisamento del fatto, in relazione all’art. 606 cod. proc. pen., lett. e): rileva la difesa che è errato l’aver sostenuto che la sentenza 5.11.2001 della corte d’appello di Napoli avesse escluso la continuazione con i fatti giudicati con sentenze precedentemente emesse nei confronti dello S., tra cui quelle indicate nel provvedimento di cumulo in data 8.7.2002, perchè ad es. la sentenza elencata sub n. 7 divenne definitiva dopo la sentenza della corte d’appello di Napoli e perchè la sentenza Tribunale di Milano 25.2.2003 era inserita in quel gruppo unitario di sentenze unificate sotto il vincolo della continuazione, a cui si chiedeva di riunire anche quella del 5.11.2001.

Sotto altro profilo poi viene contestato che l’omicidio E. sia stato considerato un fatto a sè, laddove dallo stesso capo di imputazione si sarebbe dovuto evincere che il fatto di sangue rientrava nella logica di controllo del territorio e di consolidamento della organizzazione criminale, a cui S. apparteneva; era del resto risultato dagli atti del processo che l’omicidio era insorto nell’ambito delle rivalità criminali, sfociate nella guerra tra gruppi e nella serie interminabile di omicidi che seguirono. Lo stesso S. aveva confessato di essersi portato a Milano per confrontarsi con T.F., sul progetto di esecuzione dell’omicidio, il che dava conto della natura mafiosa dell’omicidio, del tutto sottovalutata dal giudice a quo.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di annullare l’ordinanza con rinvio, atteso che è stato erroneamente ritenuto che la sentenza 5.11.2001 fosse divenuta definitiva per ultima.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La motivazione posta a base del provvedimento impugnato è corretta, poichè in linea con il dettato normativo e poichè non sconta alcun deficit di logicità. Il giudice dell’esecuzione ha correttamente opinato nel senso che l’istanza volta a fare ritenere i fatti di cui alla sentenza Corte d’Appello di Napoli 5.11.2001, irrevocabile il 21.3.2002, in continuazione con i reati già ritenuti unificati con ordinanza Tribunale di Milano 18.1.2005, fosse preclusa dalla valutazione già espressa in sede di merito: si legge infatti nella sentenza corte Appello Napoli, a pag. 95 "quanto alla richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti qui in esame e quelli giudicato con altre sentenze pronunciate contro lo S., osserva la corte che le differenze fattuali e cronologiche tra gli episodi non consentono di accedere alla richiesta in questione" f. Allorquando venne opinato in tale senso (5.11.2001) erano diventate definitive le condanne Tribunale Milano 12.1.1990, Corte d’appello Milano 28.5.1993, corte Appello Brescia 3.9.1994, corte assise d’Appello Milano 25.1.1999 e 31.5.2000, sentenze di condanna per reati che furono poi unificati tra loro con ordinanza della Corte d’assise Appello Milano, in data 21.10.2002 e poi ancora accorpati con ordinanza Tribunale di Milano, il 18.1.2005 con quelli di cui alle condanne inflitta con sentenze Gip Tribunale Torino 14.11.2003 e Gip tribunale Milano 25.2.2003. Correttamente il giudice a quo ha ritenuto ostativa all’unificazione la pronuncia della corte d’appello di Napoli 5.11.2001 che ebbe ad escludere la valutazione unitaria dei fatti giudicati in materia di armi, con i fatti pregressi commessi dallo S. e giudicati con precedenti sentenze. L’art. 671 cod. proc. pen. condiziona e circoscrive il potere del giudice dell’esecuzione in subiecta materia stabilendo la cd. clausola di salvezza dell’intervenuta esclusione della continuazione nella fase del giudizio. La valutazione all’epoca operata non può essere oggi modificata solo in ragione del fatto che i reati con cui venne ilio tempore esclusa la continuazione siano stati a loro volta unificati con altri, atteso che il disconoscimento in sede di cognizione della continuazione impedisce oggi di riconoscere – in sede di esecuzione- detto vincolo tra il reato in oggetto ed altri fatti a loro volta uniti con quelli pei quali fu esclusa la valutazione unitaria, poichè è insuperabile la deliberazione operata dal giudice della cognizione, come esattamente rilevato dal giudice a quo, seppure i reati commessi dallo S. ante anno 2001 siano oggi da valutare nella più ampia ottica delle già riconosciute unificazioni. Per questo non è condivisibile il parere espresso dal Procuratore Generale sul punto, che tra l’altro ha errato nel ritenere che la sentenza 25.1.1999 (definitiva il 19.10.2000) sia passata in giudicato in epoca successiva a quella della corte d’appello di Napoli 5.11.2001 (definitiva il 21.3.2002). E’ infatti principio già affermato da questa Corte, a cui si ritiene di dare continuità, quello secondo il quale l’accertamento negativo della continuazione non vale solo rebus sic stantibus, ma opera in maniera assoluta e non è superato dalla considerazione di nuovi elementi non valutati in precedenza. E’ stato aggiunto che la proprietà transitiva della relazione della continuazione comporta la negativa implicazione che se la continuazione non ricorre tra due o più reati, necessariamente neppure è configurabile tra i gruppi dei reati connessi in continuazione con quelli pei quali il vincolo venne escluso (Sez. 1^ 30.3.2010, n. 16235).

Quanto poi al reato giudicato con sentenza gip Tribunale di Napoli 4.3.2002, il giudice a quo non è incorso in alcuna illogicità, avendo ritenuto trattarsi di omicidio commesso al di fuori della logica mafiosa che animò lo S. negli altri 23 omicidi di cui si rese responsabile, avendosi riguardo ad azione isolata, commessa dal prevenuto, da solo e con mezzi autonomi, per vendicare un amico, azione per la quale non venne riconosciuta la diminuente di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8, che invece venne ravvisata per gli altri episodi di sangue per cui fu giudicato. La valutazione operata è assolutamente corretta, fa presa sulle emergenze disponibili, correttamente recepite dalla sentenza di condanna, è rispettosa del parametro normativo di riferimento e quindi non si espone alle censure avanzate dalla difesa che invero, sotto l’apparenza di vizi di legittimità, tendono a provocare una rivisitazione della valutazione di merito che è preclusa in detta sede.

Altrettanto corretta è stata la decisione di non decidere sulle istanze di rideterminazione della pena, stante la reiezione della richiesta di applicazione del regime del reato continuato. L’istanza presentata dalla difesa, intestata come "ricorso ex art. 671 c.p.p.", mirava alla richiesta di ridetemi inazione della pena complessiva a seguito di riconoscimento della continuazione; la determinazione della pena da espiare, operata dapprima con ordinanze Corte Assise appello Milano 21.10.2002 e gip tribunale di Milano 18.1.2005 non può essere rimessa in discussione, ben avendo potuto essere i due provvedimenti oggetto di impugnazione, così come poteva essere impugnato il provvedimento di cumulo in data 18.4.2008, che stabilì in anni ventidue e mesi quattro la pena all’epoca residua da espiare.

Il profilo, una volta non modificato l’assetto della continuazione, non poteva essere oggetto di rivalutazione.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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