T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 10-01-2012, n. 14 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso giurisdizionale notificato in data 31 marzo 2011, le società Il Sole di F.A. & C. s.a.s e Il Sole di Mezzanotte s.r.l. (rispettivamente gestore dell’omonimo centro di abbronzatura, il primo e produttore-fornitore delle apparecchiature impiegate, il secondo) impugnano per l’annullamento dell’ordinanza Sindacale contingibile ed urgente n. 61/2011 emanata in data 24/1/2011 notificata in data 26/1/2011 con la quale la società Il Sole s.a.s. è stata diffidata dall’utilizzare due docce solari, in quanto non classificabili nella ed. Tipologia 2 "prevista dalla normativa di riferimento"; la Nota dell’A.S.L. prot. 5159/A/346 Sisp/ A con la quale il Sindaco del Comune di Arona veniva invitato ad adottare la succitata Ordinanza n. 61/2011; la Nota dell’ARPA Piemonte prot. 0134344/SC21 afferente le misurazioni tecniche effettuate sulle predette

apparecchiature nonché le Norme Italiane Cei En 60335-2-27/A1:2008-10 e 60335- 2-27/A2:2008-10 nonché ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso.

Contestualmente alla domanda di annullamento si chiede il risarcimento del danno conseguente alla sospensione dell’attività economica.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Arona deduceva l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso in via preliminare e la sua infondatezza nel merito.

L’ordine impartito tramite l’Ordinanza Sindacale n. 61/2011 impugnata è stato eseguito dalla parte ricorrente.

In data 25/3/2011, con nota protocollata dal Comune di Arona in pari data al n. 0012412, e perciò precedente alla richiesta di notifica del ricorso risalente al giorno successivo 26/3/2011, la società ricorrente Il Sole s.a.s. ha comunicato di aver ottemperato al contenuto inibitorio e prescrittivo dell’ordinanza impugnata.

All’udienza camerale del 4 maggio 2011, la parte ricorrente desisteva dal discutere l’istanza cautelare, domandandone il rinvio al merito, che veniva fissato per l’udienza pubblica del 14 dicembre 2011.

A detta pubblica udienza la causa passava in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato (si omette, pertanto, l’esame delle eccezioni in rito).

La società S.a.s. Il Sole di F.A. e C. e la s.r.l. Il Sole di Mezzanotte impugnano:

l’ordinanza contingibile ed urgente n. 61/2011 emanata dal Sindaco del Comune di Arona in data 24/1/2011 e notificata in data 26/1/2011, con la quale la società Il Sole s.a.s. è stata diffidata dall’utilizzare due docce solari, in quanto non classificabili nella cd. Tipologia 2 "prevista dalla normativa di riferimento"; e con la quale si è ordinato alla medesima società di provvedere ad una serie di adempimenti meglio precisati nell’ordinanza medesima; la nota dell’ASL – Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Novara in data 5/1/2011 (n. prot. 5159/N346 SISP/A), con la quale si invita il Sindaco del Comune di Arona ad emanare l’Ordinanza contingibile ed urgente sopra impugnata; la nota ARPA Piemonte – Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente in data 3/12/2010 (N. Prot. 0134344/SC21), afferente le misurazioni tecniche effettuate sulle predette apparecchiature; la nonna Italiana CEI EN 60335-2-27/A1:2008-10 avente ad oggetto l’aggiornamenti della norma di cui sopra; la norma Italiana CEI EN 60335-2-27/A2:2008-10.

Parte ricorrente, premessa l’asserzione di conformità delle lampade agli standard produttivi, deduce di essersi vista notificare il 26/1/2011, senza alcuna previa comunicazione di avvio del relativo procedimento, l’ordinanza sindacale impugnata (n. 61/2011), per un verso inibitoria dell’utilizzo di due docce solari sino all’adeguamento ai limiti di emissione stabilite dalla normativa vigente e per altro verso prescrittiva di adempimenti stabiliti con apposita nota ASL, emanata ad integrale recepimento delle risultanze del sopralluogo effettuato in data 23/11/2011 dall’ARPA con cui è stato rilevato il mancato rispetto del limite massimo di irradianza 0,3 w/mq consentito dalla regola "CEI EN 60335-2-27.

Parte ricorrente deduce che la normativa invocata da ASL e ARPA, confluita nell’ordinanza sindacale impugnata, non avrebbe natura giuridica, costituendo una mera ‘proposta’ con libera facoltà di adesione dei destinatari e che sarebbe comunque inapplicabile nello specifico poiché i macchinari sono stati fabbricati anteriormente all’aggiornamento A/1 del marzo 2009 cui si riferisce la normativa richiamata, per cui l’inibizione all’utilizzo delle apparecchiature abbronzanti sarebbe avvenuta in mancanza di una concreta verifica di pericolosità.

Le censure non meritano accoglimento.

Quanto alla violazione delle norme in materia di partecipazione al procedimento va rilevato che già in data 12/07/2010 la società ricorrente Sole di F.A. & C. s.a.s. fu destinataria dell’ordinanza tutela della salute pubblica emanata dal Sindaco al n. 30, prot. n. 25420, notificata in data 13/07/2010, relativamente al cui contenuto (anticipatorio di quello dell’ordinanza n. 61/2011 impugnata con il ricorso.

Nella stessa si faceva riferimento alla nota prot. 276197SISP/a del 1/07/2010 della Regione Piemonte – Azienda Sanitaria Locale n. 13 – Dipartimento di Prevenzione S.C. Servizio Igiene e Sanità Pubblica pervenuta al Comune di Arona in data 8/07/2010 prot. n. 25025 con la quale si comunicava che a seguito di due sopralluoghi effettuati presso il suddetto esercizio dagli operatori del Servizio SISP dell’ASL No congiuntamente al personale tecnico dell’Arpa di Ivrea nei giorni 25/3/2010 e 14/5/2010", essendo emerso che "doccia solare a bassa pressione marca Il Sole di Mezzanotte …. doccia solare… lettino solare sono dotati di emettitori a raggi ultravioletti…le cui radiazioni non sono classificabili nella gamma relativa alla tipologia dichiarata (tipo 2) né in alcuna altra tipologia prevista dalla norma tecnica di riferimento; presentano dei valori di irradianza efficace eritemale sensibilmente superiori a quelli dichiarati; non rispettano i limiti di dose sia riferiti alla prima esposizione, sia riferiti a quella annuale (espressi in J/mq) con riferimento alla norme CEI EN 60335-2-27; 200310 e CEI EN 60335-2-27/A1:2008-10. …diffidava con effetto immediato dalla notifica" la società ricorrente "dall’utilizzo delle succitate apparecchiature impiegate nell’esercizio… fintantoché le stesse non vengano adeguate ai limiti di emissione proposti dalle norme di buona tecnica attualmente vigenti. Dell’avvenuto adeguamento delle apparecchiature dovrà essere data immediata comunicazione al Servizio SISP dell’ASL.

Infondate sono le censure con le quali si lamentano vizi procedimentali relativi alla partecipazione, nonché al difetto dei presupposti dell’astratta adottabilità dell’ordinanza contingibile ed urgente.

In detta materia, per la specificità dell’oggetto (tutela della salute pubblica) non trova applicazione l’art. 7 della L. n. 241 del 1990 che prescrive la comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che sussistono le ragioni di tutela della salute pubblica.

Rileva inoltre il Collegio che la violazione delle regole del contraddittorio procedimentale, e in particolare il vizio di omessa comunicazione del procedimento, deve escludersi in presenza di un provvedimento la cui adozione sia caratterizzata da ragioni di urgenza (nella fattispecie giustificata da ragioni di tutela della salute pubblica (Consiglio Stato , sez. VI, 21 marzo 2011 , n. 1712).

In ogni caso non è consentito l’annullamento dei provvedimenti amministrativi, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ex art. 21 octies, L. n. 241 del 1990, come integrata dalla L. n. 15 del 2005; sicché in detti casi, l’adempimento di cui all’art. 10 bis della medesima legge sul procedimento può non ritenersi obbligatorio, come più volte riconosciuto dalla giurisprudenza in presenza di atti vincolati (Consiglio Stato , sez. VI, 18 marzo 2011 , n. 1673).

Non è fondata la censura con la quale si lamenta violazioni della L. n. 186 del 1968; violazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di motivazione, violazione del procedimento, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e di ponderazione, illogicità, ingiustizia grave e manifesta; dal momento che non apparirebbero significative – alla luce della rilevanza comunitaria del parametro normativo assunto a fondamento dei controlli effettuati – e costituito dalla normativa CEI EN, gli assunti per cui il Sindaco si sarebbe limitato a recepire acriticamente i risultati delle misurazioni dell’Arpa associandoli altrettanto acriticamente ai limiti di irradiazione introdotti dalle norme CEI, che avrebbero efficacia puramente indicativa, senza verificarne la pericolosità concreta.

Rileva il Collegio che l’ARPA ha redatto l’apposita relazione, poi richiamata nell’ordinanza impugnata, previo sopralluoghi del 14/5/2010 e del 30/11/2010 volta ad accertare, su sollecitazione dell’ASL concreti profili di illegalità o nocività delle apparecchiature in uso al centro ricorrente, al fine di verificare sia la dismissione che la messa a norma delle apparecchiature sanzionate con la precedente ordinanza sindacale n. 30/2010 e la conformità delle altre rinvenute all’interno del centro.

L’ARPA ha così concluso: "Dai dati riportati risulta evidente che le emissioni misurate per le 2 docce non rientrano né nella tipologia dichiarata né in nessuna delle altre 4 tipologie previste dalla nonna di riferimento. Si sono quindi confrontati i valori di irradianza efficace misurati con quelli dichiarati sui manuali. Occorre evidenziare che in questi manuali è unicamente dichiarata la conformità delle lampade alla CEI EN 60335-2-27 e non all’aggiornamento Al (marzo 2009) a cui gli apparecchi sono antecedenti… nelle due docce il valore di irradianza misurato è superiore rispetto a quello dichiarato. Nessun apparecchio rispetta il limite di 0,3 W/mq, raccomandato dall’aggiornamento CEI EN 60335-227/A1".

Legittimamente il Sindaco dando rilievo a detto accertamento, ha emanato l’ordinanza impugnata facendo applicazione del "principio di precauzione".

Il c.d. "principio di precauzione", sancito dal Trattato Cee, all’art. 174, par. 2, come riformulato dal trattato di Maastricht del 1992, sia pure espresso nella "sedes materiae" della tutela dell’ambiente, è stato interpretato estensivamente dalla giurisprudenza e dalla Commissione delle Comunità Europee come incidente "sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante" (v. Comunicazione 2 febbraio 2000 della Commissione Cee).

Dal principio di precauzione discende che, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. L’applicazione corretta del principio di precauzione presuppone, in primo luogo, l’individuazione delle conseguenze potenzialmente negative per la salute derivanti dall’uso della sostanza attiva in questione, nonché la valutazione complessiva del rischio per la salute basata sui dati scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale (Corte giustizia CE, sez. II, 22 dicembre 2010 , n. 77, Corte giustizia CE, sez. IV, 08 luglio 2010 , n. 343).

La scelta di ricorrere al principio di precauzione si correla strettamente al livello di protezione scelto dall’autorità competente nell’esercizio del suo potere discrezionale. La statuizione che sia in concreto adottata implica un’elevata responsabilità sul piano istituzionale, dovendosi stabilire, previo un serio approfondimento del danno occorso, quale sia sul piano nazionale il grado di rischio di volta in volta tollerabile, il che necessariamente rientra nell’ambito di un potere discrezionale rimesso alle autorità competenti, che ne assumono conseguentemente la responsabilità di fronte alla collettività interessata (T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 08 luglio 2010 , n. 171).

Nella fattispecie il Sindaco ha fatto corretta applicazione del predetto "principio di precauzione", ancorando il contenuto dispositivo dell’ordinanza impugnata alla disciplina tecnica di settore volta a tutelare la salute pubblica.

Con riferimento alla normativa CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) EN (territorialmente applicata in tutta Europa in forza di regolamento comunitario operativo per effetto della semplice pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea) n. 60335-2-27, essa costituisce il vigente parametro normativo assunto nella relazione prodotta a cura dell’Arpa ed al contempo nel provvedimento impugnato (ordinanza sindacale n. 61/2011; prodotta agli atti) a fondamento della contestata inosservanza, nello specifico caso, delle regole tecniche operanti in tema di apparecchiature abbronzanti indoor.

Infondata è la censura con la quale si lamenta che la normativa CEI richiamata andrebbe qualificata come norma non cogente ossia di applicazione puramente facoltativa.

Rileva il Collegio, infatti, che essa integra una normativa armonizzata "di buona tecnica" posta a superamento della L. n. 186 del 1968 ("tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte" (art. 1). "I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme del comitato elettrotecnico italiano si considerano costruiti a regola d’arte" (art. 2), con l’ovvia conseguenza, senza revoca in dubbio, che non potrà reputarsi realizzata o costruita a regola d’arte quell’apparecchiatura (come le due docce ed il lettino solare in uso al centro abbronzante ricorrente) non conformi alle prescrizioni Cei En come concretamente verificato.

Non incide sulla legittimità degli atti impugnati la sopravvenienza del D.M. n. 1107 del 2011 di recepimento delle Norme Cei (assunte a parametro normativo di riferimento nell’adozione dei provvedimenti impugnati). Detta disciplina si limita ad attribuire rilevanza conoscitiva ad una disciplina tecnica di tutela della salute pubblica.

Infondati sono il secondo e sul terzo motivo di censura derivata in considerazione della cogenza della normativa CEI EN.

Infondato è il quarto motivo di censura con il quale si lamenta il mancato rispetto dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990 (asserito difetto motivazionale del provvedimento impugnato).

La motivazione dell’ordinanza sindacale n. 6/2011 del 24/1/2011 rinvia sufficientemente ai rilievi tecnici emersi dalla relazione ARPA e comunque diffusamente riportati nel provvedimento impugnato in cui la spiegata sussistenza del pregiudizio arrecato alla salute pubblica legittima l’emanazione del provvedimento nella forma adottata.

Ai sensi dell’art. 3 comma 3, L. 7 agosto 1990, n. 241 la motivazione del provvedimento amministrativo può risultare anche da altro atto dell’Amministrazione in esso richiamato, purché comunicato e reso disponibile insieme con il provvedimento finale che ad esso si richiama (Consiglio Stato , sez. IV, 28 marzo 2011 , n. 1879).

Va rigettata la domanda di risarcimento danni ove affetta da genericità oltre che non supportata da alcuna prova.

Infatti, ai sensi della L. 21 luglio 2000, n. 205, ai fini dell’ammissibilità dell’azione per risarcimento danni davanti al giudice amministrativo, l’accertamento dell’illegittimità dell’atto emanato, da cui dipende la lesione dell’interesse legittimo, è presupposto necessario ma non sufficiente per la configurazione della responsabilità aquiliana a carico dell’Amministrazione.

A tale fine, è necessario che il ricorrente alleghi e provi, quantomeno per via presuntiva, la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c. (condotta, evento, nesso di causalità, elemento psicologico, ingiustizia del danno ed entità dello stesso) (nel caso di specie, parte ricorrente si è invece limitata a richiedere il risarcimento, nei termini generici descritti in punto di fatto, senza tuttavia allegare né provare i presupposti costitutivi della fattispecie di responsabilità aquiliana).

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

In considerazione della novità delle questioni giuridiche trattate sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione tra le parti di spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente, Estensore

Ofelia Fratamico, Referendario

Manuela Sinigoi, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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