Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-11-2011) 06-12-2011, n. 45393

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 12 ottobre 2010 il Tribunale di Rieti ha dichiarato T.M. responsabile della contravvenzione di cui all’art. 650 c.p., accertata a (OMISSIS), e allo stesso contestata nella sua qualità di Presidente dell’Associazione Comunità Alloggio "(OMISSIS)", per non avere ottemperato all’ordinanza sindacale, legittimamente emessa a tutela della incolumità e della salute, pubbliche e private, che gli imponeva di dotare l’immobile, sede della Comunità, di idoneo sistema per il superamento delle barriere architettoniche e di non superare la capacità ricettiva di nove persone anziane autosufficienti, mentre in data (OMISSIS) le barriere architettoniche non erano state ancora eliminate e all’interno della struttura vi erano undici ospiti, di cui sette non autosufficienti.

Il Tribunale ha dichiarato l’imputato responsabile anche della contravvenzione, allo stesso contestata ai sensi del R.D. n. 1265 del 1934, art. 193 per avere accolto presso l’indicata Comunità persone anziane non autosufficienti, svolgendo, di fatto, attività tipica di una residenza sanitaria assistenziale, diversa da quella autorizzata, e senza la prescritta autorizzazione prefettizia.

1.1. Il compendio probatorio, che consentiva di ricostruire i fatti e di ritenere integrate le fattispecie contravvenzionali contestate, era fondato sulle deposizioni dei testi in servizio presso il N.A.S. di Viterbo e presso l’A.S.L. di Rieti, sulla documentazione esibita dal teste C., in servizio presso detta A.S.L., escusso ai sensi dell’art. 507 c.p.p., e sul verbale di ispezione dei carabinieri del N.A.S. di Viterbo.

1.2. Il Tribunale, che riteneva sussistente il vincolo della continuazione tra i reati posti in essere nel "medesimo contesto di luogo e di persone" e per la medesima finalità e concedibili le circostanze attenuanti generiche in virtù dello stato di incensuratezza, condannava l’imputato alla pena di euro cinquecento di ammenda.

2. Avverso la predetta sentenza l’imputato, per mezzo del suo difensore, ha proposto appello, qualificato come ricorso per cassazione dalla adita Corte d’appello di Roma, chiedendo l’assoluzione perchè il fatto non sussiste sulla base di due motivi.

Con il primo motivo l’appellante deduce l’errata valutazione della prova quanto alla ritenuta non autosufficienza degli ospiti, per non essere stata sentita la dott. B. che avrebbe potuto fornire la prova sicura circa lo stato soggettivo degli ospiti, essendosi escusso invece il dott. C..

Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’erronea interpretazione della norma incriminatrice per non essersi raggiunta la prova certa della condizione di non autosufficienza degli ospiti al momento del loro ingresso in istituto, potendo tale condizione ricollegarsi al progressivo processo di invecchiamento, la cui manifestazione avviene con modalità tali da non rendere decifrabile e circoscrivibile il momento della integrale inidoneità ad attendere alle ordinarie attività della vita.

Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. A norma dell’art. 613 c.p.p., l’atto di ricorso deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.

Tale causa di inammissibilità è ritenuta, secondo costante orientamento di questa Corte, dipendente da vizio originario dell’atto, che lo rende inidoneo alla finalità processuale perseguita, anche nel caso di appello convertito in ricorso per cassazione, e non è sanato anche dal successivo conseguimento da parte del difensore della particolare legittimazione richiesta, nè dai motivi nuovi presentati da difensore cassazionista dopo la scadenza del termine per impugnare (tra le altre, Sez. 1, n. 38923 del 16/09/2004, dep. 28/09/2004, Oliari, Rv. 229737; Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004, dep. 16/06/2004, Pellegrino, Rv. 228729; Sez. 1, n. 1436 del 17/01/1995, dep. 11/02/1995, Larotondo, Rv. 200355; Sez. 1, n. 9875 del 19/06/1992, dep. 13/10/1992, Malvezzi, Rv. 191988).

3. Nel caso di specie, l’imputato ha proposto, per mezzo del suo difensore di fiducia, un appello, che è stato trasmesso a questa Corte dall’adita Corte di merito per competenza, previa sua qualificazione quale ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5, in relazione all’art. 593 c.p.p., comma 3.

Il difensore avv. Quirino Grillo, che ha sottoscritto l’atto di impugnazione, non risulta, tuttavia, dall’accertamento svolto dalla cancelleria di questa Corte iscritto nell’apposito albo e, quindi, abilitato al patrocinio di legittimità.

Alla mancata sottoscrizione dell’istanza da parte di avvocato cassazionista consegue la sua inammissibilità, irrilevante essendo che l’impugnazione sia pervenuta a questa Corte a seguito della sua corretta qualificazione.

Tale vizio originario dell’atto, che osta alla valida instaurazione del giudizio di impugnazione, esime questa Corte da ogni altra considerazione.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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