Cons. Stato Sez. V, Sent., 10-01-2012, n. 36 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con Provv. 13 aprile 1987, n. 3643 il Sindaco del comune di Città S.Angelo negava al sig. G.D.C. il rilascio di una concessione edilizia per la costruzione di un edificio alberghiero in c.da S.Martino in ragione della circostanza che nella zona in questione era necessaria una preventiva lottizzazione.

In accoglimento del ricorso proposto dall’interessato tale diniego veniva annullato dal Tar Abruzzo, sezione di Pescara, con sentenza 27 aprile 1992, n. 148, passata in giudicato, sulla base del rilievo che l’area era ricompresa in una zona già edificata ed urbanizzata.

Dopo l’adozione di un primo provvedimento di sospensione del rinnovato procedimento e l’emanazione da parte del Tar dell’ordine di riesaminare la vicenda, con Provv. 9 maggio 1996, n. 5199 del 1996 il Sindaco del Comune di Città S.Angelo negava nuovamente il rilascio della concessione edilizia.

Impugnato anche tale atto, con sentenza n. 898/1999 il Tar Abruzzo, sezione di Pescara, accoglieva il ricorso, ritenendo che la sopravvenuta pianificazione urbanistica non fosse opponibile al sig. D.C., anche se intervenuta prima della notificazione della precedente sentenza, perché con il giudicato era stato accertato il diritto all’edificazione e perché comunque l’amministrazione avrebbe dovuto valutare la situazione dell’area oggetto del precedente annullamento al fine di renderla edificabile senza limitazioni.

Aggiungeva il Tar che la strada, richiamata nel provvedimento di diniego, non era in concreto realizzabile per la presenza di altri edifici da tempo esistenti.

Il comune di Città S.Angelo ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.

Il ricorrente di primo grado, regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dall’accertamento della possibilità di edificare un albergo in zona dove l’intervento richiesto è diventato incompatibile con le norme di P.R.G., adottate prima della notificazione della precedente sentenza del Tar di annullamento del primo diniego opposto dall’amministrazione comunale.

Il giudice di primo grado ha fatto riferimento all’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in sede di riesercizio del potere conseguente all’annullamento giurisdizionale di un diniego di concessione edilizia, il Comune è tenuto ad applicare la normativa urbanistica vigente al momento in cui la sentenza è stata notificata o comunicata in via amministrativa, divenendo inopponibili al privato le variazioni dello strumento urbanistico sopravvenute successivamente a detto momento (a partire da Cons. Stato, Ad.plen., 8 gennaio 1986, n. 1).

Il Tar ha, tuttavia, ritenuto non applicabile al caso di specie tale principio perché con il giudicato era stato accertato il diritto a edificare in capo al ricorrente e perché il Comune avrebbe dovuto tenere conto di tale statuizione nel successivo iter di variazione dello strumento urbanistico.

Il comune di Città S.Angelo contesta tale statuizione, deducendo il vizio di ultrapetizione e richiamando l’orientamento giurisprudenziale ritenuto inapplicabile dal Tar.

Con riguardo al profilo della ultrapetizione, si osserva che in effetti nel ricorso di primo grado non vi era un espresso riferimento alla violazione da parte del comune dell’obbligo di valutare la situazione del ricorrente in sede di modifica della pianificazione urbanistica; si ritiene che comunque tale aspetto non regga autonomamente l’impugnata sentenza e possa essere valutato unitamente alle altre questioni sollevate.

I motivi del ricorso in appello, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.

Con il giudicato formatosi sul primo diniego è stato accertato che la mancanza della lottizzazione non era ostativa al rilascio della concessione edilizia, essendo stato dato rilievo alla c.d. "lottizzazione fattuale", consistente in una situazione di edificazione ed urbanizzazione, accompagnata dalla destinazione dell’area ad attività alberghiera nel P.d.F..

In un caso, quale quello di specie, a prescindere dal motivo dell’annullamento del diniego di concessione edilizia, va applicato il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la disciplina urbanistica da applicare in occasione dell’esame di un progetto edilizio conseguente ad una sentenza di annullamento del diniego della concessione è quella vigente al momento in cui la sentenza è notificata al sindaco, risultando inopponibili all’interessato solo le variazioni dello strumento urbanistico sopravvenute successivamente a tale notificazione (Cons. Stato. Ad. plen. 8 gennaio 1986, n. 1).

Non è questa la sede per verificare la validità di tale orientamento anche nel caso di accoglimento dell’azione di condanna al rilascio di un determinato provvedimento, che può oggi accompagnare l’azione di annullamento in base al combinato disposto degli artt. 30, comma 1 e art. 34, comma 1, lett. c) c.p.a. (condanna atipica "all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio", interpretata come azione di adempimento da Cons. Stato, Ad. plen. n. 3/2011 e n. 15/2011).

Ciò che rileva nel presente giudizio è l’annullamento del primo diniego e la situazione urbanistica al momento della notificazione della sentenza del Tar.

Al riguardo, non è in contestazione che:

a) la sentenza 27 aprile 1992, n. 148, passata in giudicato, è stata comunicata all’amministrazione in data 30 aprile 1992;

b) con deliberazione 20 marzo 1990, n. 109 il Consiglio comunale di Città S.Angelo aveva adottato un nuovo P.R.G., che, pur conservando all’area in questione la destinazione a zona alberghiera, non consentiva nuove edificazioni, ma solo l’ampliamento del 20% degli edifici esistenti.

L’intervento richiesto dal ricorrente di primo grado riguardava una nuova edificazione alberghiera, e non un ampliamento, ed era così diventato incompatibile con le norme di P.R.G., già adottate al momento della comunicazione della prima sentenza del Tar.

Il predetto orientamento giurisprudenziale si applica, infatti, anche nel caso di semplice adozione del nuovo P.R.G. (Cons. Stato, IV, n. 924/2002), risultando quindi irrilevante il successivo iter, svoltosi attraverso l’approvazione del piano con prescrizioni da parte del consiglio provinciale (deliberazione 30 novembre 1992, n. 182), il susseguente adeguamento del consiglio comunale (deliberazione del consiglio comunale 3 dicembre 1992, n. 78) e la definitiva approvazione (deliberazione del consiglio provinciale di Pescara 7 ottobre 1993, n. 117).

Le sopravvenute norme di piano hanno, quindi, reso l’intervento incompatibile e non più realizzabile e tale considerazione si fonda sulla preclusione di nuove edificazioni alberghiere, senza che assuma rilievo decisivo la questione della strada, che è stata richiamata nel provvedimento impugnato quale ulteriore e autonomo motivo ostativo, in mera aggiunta alla predetta incompatibilità (chiarita nei pareri richiamati per relazione nel diniego).

E’, quindi, superfluo ogni ulteriore accertamento sulla realizzabilità della strada, che – sulla base delle fotografie prodotte dal comune appellante – sembra comunque essere in parte avvenuta.

Va, infine, chiarito che ogni questione relativa all’obbligo del comune di tenere conto del giudicato di annullamento in sede di pianificazione non può costituire parametro per valutare la legittimità del diniego di concessione edilizia, ma integra un aspetto che il ricorrente di primo grado avrebbe potuto far valere nei confronti della variante al P.R.G. (con osservazioni in sede amministrativo o con eventuale ricorso giurisdizionale).

La giurisprudenza in precedenza richiamata ha, infatti, affermato che la tutela giuridica che può riconoscersi al privato che abbia ottenuto un giudicato favorevole contro il diniego di concessione edilizia consiste anche nella titolarità in capo al soggetto privato di un interesse "pretensivo" (da far valere con apposita istanza) a che l’autorità competente riveda in "parte qua" il piano urbanistico vigente al fine di valutare se ad esso possa essere apportata una variante, che recuperi, in tutto o in parte e compatibilmente con l’interesse pubblico, la previsione del piano abrogato, sulla quale si fondava originariamente la domanda di concessione.

Tale interesse – si ribadisce – non incide direttamente sui provvedimenti con cui la domanda di rilascio di concessione edilizia è esaminata, dovendosi in quella sede fare necessaria applicazione delle previsioni urbanistiche vigenti, ma può essere fatto valere nei confronti delle modificazioni agli strumenti urbanistici; si tratta, comunque, di questione che esula dall’oggetto del presente giudizio, che è costituito dalla verifica della legittimità del diniego di concessione edilizia.

3. In conclusione, il ricorso in appello deve essere accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado.

Ricorrono i presupposti per compensare le spese del doppio grado di giudizio, tenuto conto della peculiarità in fatto della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore

Francesca Quadri, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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