Cons. Stato Sez. V, Sent., 10-01-2012, n. 31 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, sez. I, con la sentenza n. 548 del 17 ottobre 2009, ha dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado n. 125/08 proposto dall’odierno appellante per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 4 del 6.3.2008 di affidamento della concessione in uso della struttura denominata "Casa Albergo per Anziani "Tommaso Patrissi", approvazione verbali di gara, aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. n. 267 del 2000, nel punto in cui dispone l’aggiudicazione definitiva della gara a favore della società cooperativa Sociale Presenza e Realtà nel territorio di Bella per anni 18, anziché alla ricorrente Cooperativa Sociale Don Uva; dei verbali di gara dell’8.1.2008 e del 26.2.2008 nel punto in cui riconosce alla cooperativa Don Uva per la voce esperienza gestionale nel settore residenziale, punti 4 anziché punti 7, nonché nel punto in cui riconosce alla cooperativa Presenza e Realtà nel Territorio punti 1,8 per la certificazione di qualità.

Con la predetta sentenza il TAR ha, invece, rigettato il ricorso incidentale e accolto il ricorso principale proposto dall’odierna parte privata appellata (respingendo, invece, la domanda risarcitoria), per l’annullamento della determina n. 10 del 24.6.2008, recante la ri-aggiudicazione definitiva della gara per la concessione in uso della casa albergo per anziani del Comune e, ove occorra, della determina n. 6 del 22.4.2008, recante l’annullamento della precedente aggiudicazione definitiva disposta in favore della cooperativa P.R.T.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando che il ricorso n. 125/08 doveva essere dichiarato improcedibile atteso che l’atto impugnato era stato annullato dall’Amministrazione con la determina n. 6 del 22.4.2008, con conseguente trasmissione degli atti di gara alla commissione esaminatrice per ulteriori valutazioni.

Pere quanto riguarda il ricorso n. 413, preliminarmente veniva esaminato il ricorso incidentale che veniva giudicato infondato, in quanto la dichiarazione resa dalla P.R.T., odierna parte appellata, in sede di gara, all’interno della domanda di partecipazione, recava l’affermazione "di aver assolto agli obblighi di assunzione di cui alla L. n. 68 del 1999", dichiarazione che, già da sola, ascrive la partecipante all’ambito dei datori di lavoro assoggettati alle disposizioni della L. n. 68 del 1999; tale dichiarazione è collocata in corrispondenza della casella (barrata), a fianco alla quale si fa riferimento alla ipotesi di "concorrente che occupa più di 35 dipendenti oppure da 15 a 35 dipendenti qualora abbia effettuato una nuova assunzione dopo il 18 gennaio 2000".

Secondo il TAR, dunque, in favore dell’odierna parte appellata non possano non soccorrere i fondamentali principi del favor partecipationis e della tutela dell’affidamento, con la conseguenza che, a fronte di una dichiarazione come quella resa in modo perfettamente ricalcante l’indicazione dello schema di domanda, risulta manifestamente eccessiva l’eventuale esclusione dalla gara, potendo l’amministrazione, in presenza di dubbi sulla reale portata di quanto dichiarato, considerare almeno la possibilità d’una regolarizzazione, sul piano formale, della dichiarazione stessa.

Per quanto riguarda, invece, il ricorso principale dell’odierna parte appellata, il TAR lo ha accolto sul presupposto che, per l’elemento B (qualità del progetto) il bando prevedeva l’attribuzione di un massimo di 50 punti, attribuibili in base alla valutazione del progetto e del servizio, modalità di utilizzo della struttura e minore importo della retta per gli ospiti, secondo una valutazione d’insieme e complessiva, con piena discrezionalità nella formulazione del giudizio motivato.

In realtà, ha osservato il TAR, l’art. 8 del disciplinare, relativo all’ammissione nella casa albergo e alle rette, rimette le relative determinazioni al concessionario salvo il rispetto di alcuni "criteri obbligatori", tra cui, al termine di ogni anno la disposizione che ammette che le rette possano essere aumentate secondo l’indice di adeguamento ISTAT dei prezzi al consumo.

Secondo il TAR si tratta di un criterio obbligatorio, quindi inderogabile, ben precisato nel disciplinare, avendo attinenza con la finalità stessa di interesse pubblico sottesa al servizio (gestione casa di riposo) oggetto di concessione; pertanto esso non può che costituire elemento essenziale di quest’ultima, con la conseguenza che la sua eventuale violazione comporta l’esclusione dalla gara del concorrente il cui progetto gestionale contenga clausole difformi, come avvenuto appunto nella specie, in cui l’odierna appellante, all’art. 14 del regolamento, facente parte integrante del progetto gestionale, oltre alle variazioni del costo della vita citato, collega l’aggiornamento delle rette anche a valutazioni tecnico-economiche connesse, tra l’altro, ai "dati emergenti dal bilancio consuntivo annuale" della casa albergo.

In ogni caso, anche sotto il profilo dell’incremento di punteggio, ha rilevato il TAR, illegittimamente la commissione ha, in aperta violazione del principio della "par condicio", consentito all’odierna appellante di operare una sostanziale modifica del progetto presentato in sede di gara, sia con riferimento all’aspetto citato, sia con riguardo a quello della riduzione della retta applicata esclusivamente ai residenti, per effetto della quale altrettanto illegittimamente il punteggio è stato aumentato di 10 punti (da 35/100 a 45/100).

Secondo l’appellante, la sentenza merita riforma in quanto il TAR non ha rilevato la violazione dell’art. 17 L. n. 68 del 1999, così come dedotto nel ricorso incidentale in primo grado dall’odierno appellante.

Si costituiva il controinteressato chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 2 dicembre 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, a prescindere dalle eccezioni preliminari di ammissibilità dell’appello formulate dalla parte appellata, l’appello, unicamente incentrato sulla reiezione del ricorso incidentale proposto in primo grado dall’odierno appellante, sia infondato.

Sinteticamente, infatti, appare di tutta evidenza, come già messo in luce dal TAR, che la violazione dell’art. 17 L. n. 68 del 1999, nel testo all’epoca dei fatti vigente, atteso che la disposizione è stata abrogata per effetto dell’art. 40, comma 5, del D.L. n. 112 del 2008, conv. in L. n. 133 del 2008, violazione in base alla quale, secondo l’odierno appellante, la parte appellata avrebbe dovuto essere immediatamente esclusa dalla commissione di gara, pur prospettabile in astratto, non è sussistente in concreto.

Infatti, in astratto, l’art. 17 L. n. 68 del 1999 impone la presentazione sia di una dichiarazione del legale rappresentante attestante di essere in regola con le norme disciplinanti il diritto al lavoro dei disabili, sia di un’apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti, certificazione sostituibile, ordinariamente, da un’autocertificazione.

L’art. 17 contiene una norma di eccezionale rigore, la cui natura imperativa ne determina l’automatico inserimento nella disciplina della gara indipendentemente dalle prescrizioni contenute nei singoli bandi e disciplinari di gara (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 febbraio 2009, n. 840).

Il contenuto di tale dichiarazione e della parallela certificazione (o autocertificazione) non potrebbe, peraltro, coincidere con la sola affermazione di essere sottratti agli obblighi relativi, ma necessiterebbe di un’esauriente assunzione di responsabilità in ordine all’obbligatoria affermazione di essere in regola con le norme che disciplinano il lavoro dei disabili; inoltre, la citata certificazione, e l’eventuale autocertificazione, dovrebbero concernere il rispetto, da parte dell’impresa, dell’obbligo di presentare il prospetto informativo di cui all’art. 9, comma 6, della legge stessa; tale certificazione atterrebbe all’onere di completare l’informazione circa l’effettivo assolvimento di tutte le formalità connesse all’assunzione di disabili e, in particolare, l’obbligo di cui all’art. 9, comma 6, l. cit. di invio dei prospetti recanti dati relativi ai lavoratori interessati.

Tuttavia, nel caso di specie, la condivisibile adesione alle regole citate deve fare i conti con le modalità di dichiarazione stabilite in sede di lex specialis, atteso che tale dichiarazione è resa all’interno della domanda di partecipazione, recando l’affermazione "di aver assolto agli obblighi di assunzione di cui alla L. n. 68 del 1999".

Tale dichiarazione, come nota anche il TAR, è collocata in corrispondenza della casella (barrata), a fianco alla quale si fa riferimento alla ipotesi di "concorrente che occupa più di 35 dipendenti oppure da 15 a 35 dipendenti qualora abbia effettuato una nuova assunzione dopo il 18 gennaio 2000".

Posta sotto la dicitura "barrare la casella che interessa" vi è un’altra dichiarazione, con relativa casella a fianco, nella quale si specifica "la situazione del concorrente che occupa non più di 15 dipendenti oppure da 15 a 35 dipendenti qualora non abbia effettuato nuove assunzioni dopo il 18 gennaio 2000", riguardando l’ipotesi di non essere assoggettati agli obblighi di assunzione obbligatorie di cui alla L. n. 68 del 1999.

Pertanto, pur non essendovi obbligate, le parti hanno utilizzato uno schema di domanda predisposto dall’Amministrazione, contenente due alternative, con la formula delle relative dichiarazioni già trascritte, col solo onere del concorrente di barrare una delle due caselle.

Inoltre, lo stesso tenore delle dichiarazioni, incentrate sul fatto di aver assolto "gli obblighi" di assunzione di cui alla L. n. 68 del 1999, induce obbiettivamente a far ritenere che l’Amministrazione abbia inteso affidare alla frase un significato onnicomprensivo della conformità del partecipante (datore di lavoro soggetto alle disposizioni della legge "de qua") alla gara con riferimento alle varie disposizioni prescrittive di obblighi a carico dell’imprenditore rinvenibili nella L. n. 68 del 1999.

Dunque, in presenza di un facsimile di dichiarazione, che integralmente e oggettivamente faceva ritenere ad un concorrente di esaurire lo spettro degli obblighi afferenti al rispetto della legge sui disabili, deve applicarsi il principio, ancora recentemente ribadito da questa Sezione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 5 luglio 2011, n. 4029), secondo cui, anche se il criterio immanente del favor partecipationis, volto a favorire la più ampia partecipazione alle gare pubbliche, ha di norma carattere recessivo rispetto al principio della par condicio, tuttavia l’esigenza di apprestare tutela all’affidamento inibisce alla stazione appaltante di escludere dalla gara pubblica un’impresa che abbia compilato l’offerta in conformità al facsimile all’uopo da essa stessa approntato, potendo eventuali parziali difformità rispetto al disciplinare costituire oggetto di richiesta di integrazione, atteso che nessun addebito poteva a detta impresa essere contestato per essere stata indotta in errore, all’atto della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, dal negligente comportamento della stazione appaltante, che aveva mal predisposto la relativa modulistica.

Ritiene quindi il Collegio che, nella specie, in favore del privato non possano non soccorrere i fondamentali principi del favor partecipationis e della tutela dell’affidamento, con la conseguenza che, a fronte di una dichiarazione come quella resa dall’appellata, perfettamente ricalcante l’indicazione dello schema di domanda, risulti non applicabile l’esclusione dalla gara, potendo l’Amministrazione, in presenza di dubbi sulla reale portata di quanto dichiarato, considerare necessaria una regolarizzazione, sul piano formale, della dichiarazione stessa, ai sensi di quanto disposto dall’art. 46 del Codice Appalti, volto a dare rilevanza, anche nel testo anteriore al cd. Decreto Sviluppo (D.L. n. 70 del 2011), alle mancanze sostanziali, piuttosto che alle mancanze formali.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando per l’effetto la sentenza impugnata.

Compensa, tra le parti, le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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